Carpi , domenica, 1. dicembre, 2024 10:00 (ACI Stampa).
Con la prima domenica di Avvento iniziamo un anno nuovo liturgico, durante il quale celebriamo e contempliamo la figura di Cristo nella varietà dei suoi misteri. Il tempo di Avvento, della durata di quattro settimane, ha lo scopo di prepararci a celebrare la venuta del Figlio di Dio nell’umiltà della carne umana e a risvegliare l’attesa della sua ultima venuta, alla fine dei tempi. Tra la prima venuta di Cristo nella storia e l’ultima nella gloria esiste una terza venuta, che potremmo qualificare come una “venuta di mezzo”. Questa visita di Cristo accade nell’oggi della nostra vita e si realizza per mezzo della fede e dei sacramenti. Questa continua ricerca dell’uomo da parte di Dio ci porta a riconoscere quanto noi siamo importanti per Lui. Al riguardo, scrive san Bernardo di Chiaravalle: Meravigliosa disponibilità di Dio che cerca, grande dignità dell’uomo che è così cercato.
La liturgia di questa prima domenica ci porta a meditare sull’ultima venuta di Cristo nella gloria. Si tratta di una verità di fede testimoniata da tutto il Nuovo Testamento: il Figlio di Dio tornerà. La storia umana, dunque, non è un eterno ritorno, ma un cammino che trova il suo traguardo nell’incontro con il Cristo “giudice e salvatore” (Colletta della Messa). Quando avverrà quel giorno, coloro che hanno accolto Cristo nella loro vita vedranno realizzato il grande paradosso cristiano: la fine diventa l’inizio, il tramonto diventa l’alba, la distruzione coincide con la rinascita. Uniti a Lui ritroveremo la nostra bellezza originaria e diventeremo in Lui “splendore della gloria del Padre”. In quel giorno, apparirà a tutti che l’amore - e non altro - è il vero progetto che l’uomo doveva inseguire.
E’ questo che Gesù ci annuncia nel Vangelo di oggi. Egli dichiara che il presente con il suo carico di cattiveria, di peccati, di distruzione e di morte, è superato da una Presenza che non delude, che non si consuma. Quando vedrete i segni della fine, “ alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina”. Quello che sembra motivo di terrore, di angoscia, diventa per i discepoli di Cristo motivo addirittura di speranza, di riscatto, di gloria, di riscossa. Quando tutto crollerà, quando verrà meno la nostra esistenza terrena in realtà inizierà un altro mondo e finalmente entreremo nella nostra vera dimora: la vita eterna, il Paradiso. “Là, scrive san Cipriano, ci attende un gran numero di nostri cari…Vederli, abbracciarli tutti: che gioia comune per loro e per noi! Che letizia in quel regno celeste non temere mai più la morte; e che felicità vivere in eterno” (Trattato “Sulla morte”).
La nostra vita, dunque, si caratterizza come attesa appassionata della venuta del Figlio di Dio. Da questa attesa scaturiscono per il nostro vivere di oggi tante conseguenze, che l’evangelista san Luca riassume nel dovere della vigilanza: Vegliate in ogni momento pregando. Vigilare significa non avere il cuore appesantito, è libertà dalle cose, è tensione al vero bene che è la vita eterna. Dobbiamo stare attenti a non ridurci come il re Sedecia che, spiritualmente spento, per trovare salvezza si appoggia ora a uno, ora a un altro, e non a Colui che può salvare: Dio. Ci affidiamo a tante salvezze, ma non al vero Salvatore.