“Annunciando con umile fierezza il Vangelo di Gesù, la sua morte in Croce per amore e la sua Risurrezione. Questo annuncio, però, è credibile se accompagnato (anzi, talvolta preceduto) dalla testimonianza di donne e di uomini che sono essi stessi segni di speranza come operatori di pace e giustizia, amanti della vita dal suo sbocciare fino al suo naturale tramonto; donne e uomini che esprimono agli ammalati, ai detenuti, ai migranti, agli esuli e ai profughi, ai poveri e agli indigenti, vicinanza, tenerezza e compassione, secondo lo stile stesso di Dio. La Chiesa, poi, dona speranza quando accompagna con discrezione i giovani, li incoraggia, ne valorizza e ne custodisce i sogni, favorendo la conoscenza e l’incontro con Cristo”.
Davanti al dolore quale speranza?
“Quella innanzitutto di trovare sollievo, di non essere lasciati soli, di ricevere , per esempio, le cure mediche necessarie, fino a sempre più efficaci terapie del dolore e ad un accompagnamento affettivo, psicologico e spirituale pure nell’ora del morire. E’ importante donare una speranza che non nasconda la drammaticità del dolore e neanche la sfida che, soprattutto quello innocente, pone alla fede. C’è bisogno di una speranza che educhi ad accostarsi al dolore altrui con discrezione e verità, senza favorire il vittimismo, ma, anzi, sapendone sdoganare, assumere e rispettare i momenti di rabbia e protesta, sconcerto e delusione, silenzio e disperazione, offrendo vie per trovare un senso e non per favorire forme di fuga. A nessuno è consentito discettare con supponenza o con parole di circostanza su questo; ma ai cristiani è chiesto soprattutto di seguire l’esempio di Cristo che passò facendo del bene, ma soprattutto condividendo il dolore e trasformandolo in occasione di salvezza con il dono di sé”.
In quale modo i cristiani possono essere pellegrini di speranza?
“A quanto detto aggiungerei che è importante pregare come poveri e mendicanti per chiedere a Dio il dono della speranza per sé e per gli altri. Si diventa pellegrini di speranza imparando dai quei cristiani che sono in condizioni di minoranza od, addirittura, sono perseguitati, emarginati, lasciati soli eppure continuano a sorridere ed a ‘vedere la spiga dove gli occhi di carne vedono solo un seme che marcisce’, come diceva don Primo Mazzolari. Ma c’è tanto da imparare anche da donne e uomini di altre culture e fedi religiose che spesso custodiscono e vivono l’essenziale della speranza, animati segretamente dallo Spirito Santo”.
Nella Bolla di indizione del Giubileo papa Francesco ha sottolineato l’importanza del sacramento della penitenza: come riscoprire la bellezza di questo sacramento?
“Chiedendo a Dio di poter cercare e incontrare confessori buoni e saggi, ‘ladroni graziati’ anche essi, ma felici della misericordia di cui fanno esperienza e di cui diventano servi, non padroni; dispensatori e non censori o doganieri. Si riscopre il Sacramento della penitenza, guardando al Crocifisso e sperimentando si sentirsi amati e perdonati da Lui a prescindere, con la certezza che ci perdona sempre, sempre, sempre. Ho visto persone che hanno scoperto la bellezza di questo Sacramento abbandonando un’immagine distorta di Dio e di se stessi a partire dal Vangelo e si sono accostate alla Confessione anche dopo tanti anni, accettandone con coraggio il rischio. Sperimentare l’abbraccio di Dio che è pronto a far festa per ogni figlia e figlio che torna: c’è qualcosa di più bello?”
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