Tolentino , martedì, 26. novembre, 2024 18:00 (ACI Stampa).
“Il Concilio di Shanghai è il primo Sinodo del genere che si tiene in quelle che allora erano chiamate terre o Paesi di missione. Un Paese dove nonostante il grande impegno delle congregazioni missionarie i battezzati sono ancora una minoranza, e non esiste ancora una Chiesa locale strutturata. In quegli anni arrivano proprio dal Papato e dalla Santa sede le spinte a promuovere Concili generali, nazionali o regionali, nelle terre di missione. Per cogliere la rilevanza del Concilium Sinense occorre tener conto proprio del passaggio chiave in atto in quei decenni riguardo all’opera missionaria della Chiesa”: così ha iniziato l’intervento del direttore dell’Agenzia Fides, Gianni Valente, al convegno di studi internazionali, ‘Appunti di viaggio: Marco Polo ed i Francescani in Oriente’, svoltosi a Tolentino, sul ‘Primum Concilium Sinense’, svoltosi a Shanghai nel 1924.
Inizialmente il relatore ha messo in evidenza la situazione storica in cui la fede cattolica era vista dai cinesi come un’invasione degli Stati europei: “In Cina, dopo il tramonto dell’avventura iniziata dal Gesuita Matteo Ricci di Macerata nel Seicento, a partire dal XVIII Secolo le attività missionarie si sono fatalmente intrecciate con gli interessi e le strategie delle potenze occidentali in territorio cinese. I missionari a volte arrivano in Cina con le navi da guerra: i cosiddetti Trattati ineguali con cui le potenze occidentali avevano imposto alla Cina la loro supremazia coloniale includevano anche privilegi protezioni e garanzie per l’attività missionaria.
Era successo che chiese e centri missionari fossero costruiti coi soldi estorti al Celeste Impero come bottini di guerra. In quella fase storica si era creato un intreccio perverso tra l’opera apostolica e le strategie imperialistiche occidentali, e i primi a pagarne le conseguenze erano i missionari stessi. L’endemico risentimento popolare contro gli stranieri si rivolgeva facilmente contro le persone inermi dei missionari o dei cinesi convertiti al cattolicesimo. Si pensi ai massacri xenofobi compiuti all’inizio del XX Secolo dalla setta dei Boxer, dove in pochi mesi morirono 30.000 missionari cristiani coi loro fedeli”.
Al termine dell’incontro gli abbiamo chiesto di raccontarci l’importanza dei viaggi dei francescani in terra d’Oriente?
“In terra d’Oriente i viaggi dei francescani sono stati le prime esperienze di incontro del cristianesimo con le popolazioni della Cina e della Mongolia. Sono andati nelle terre d’Oriente con il desiderio di annunciare il Vangelo. Erano i primi tentativi del cristianesimo ‘europeo’ di uscire dai confini per raggiungere terre inesplorate in un momento in cui si iniziavano ad attraversare questi enormi spazi. In precedenza c’erano state alcune esperienze, come quella dell’antica Chiesa di Oriente, che era arrivata in Persia ed in India. Esiste un filo conduttore che unisce questi approcci di incontri positivi tra cristianesimo e le grandi nazioni dell’Oriente. Per i francescani il viaggio diventa anche un’esperienza di incontro tra culture e popoli diversi”.