Città del Vaticano , giovedì, 21. novembre, 2024 14:00 (ACI Stampa).
Sarà Matteo Ricci la chiave per arrivare alla Cina? Tre eventi e una conferenza, negli scorsi giorni, hanno di nuovo portato luce sulla figura dello straordinario missionario gesuita. Papa Francesco ne ha riconosciuto le virtù eroiche nel 2022, dando una spinta ulteriore al suo processo di beatificazione. Ma c’è chi pensa addirittura ad una beatificazione equipollente, come Papa Francesco ha già fatto per il primo compagno gesuita di Sant’Ignazio Pietro Favre, che sarebbe anche un segnale lanciato alla Cina riguardo l’approccio che la Chiesa vuole dedicare al rapporto con Pechino.
Da Pechino, infatti, si insiste sulla “sinicizzazione”, ovvero non solo sulla necessità della Chiesa (e di tutte le istituzioni religiose) di adeguarsi ad usi e costumi cinesi, ma proprio al fatto di “diventare” cinesi, di fatto snaturando la propria identità per diluirla in quella cinese. È una diatriba eterna, che necessita di un equilibrio estremo, anche perché è ovvio che alcuni approcci missionari prima della lettera apostolica Maximum Illud di Benedetto XV, fortemente influenzati dall’idea di protettorato da parte delle potenze occidentali, entravano nella storia e nella cultura dei Paesi in maniera quasi violenta. La sinicizzazione è, dunque, anche giustificato da un processo di reazione. Ma è, oggi, soprattutto parte della visione di un sistema politico totalizzante se non totalitario in Cina, con il quale la Santa Sede deve fare i conti.
Le distinzioni sono diverse, a partire proprio dall’interpretazione dell’accordo tra Santa Sede e Cina sulla nomina dei vescovi, rimasto riservato e ora rinnovato per la prima volta per quattro anni, dopo tre rinnovi consecutivi per soli due anni. Un esperimento che, dopo le grandi fanfare iniziali, è stato quasi “normalizzato” nella comunicazione, e che ha portato a passi avanti, come la nomina di alcuni vescovi, passi indietro – ovvero decisioni unilaterali di Pechino normalizzate da Papa Francesco – e passi da decifrare, come la nomina di un coadiutore per Pechino.
Tutte queste sono le premesse per comprendere il peso dei tre eventi che si sono succeduti riguardo Matteo Ricci. Il primo è stato una giornata di studi alla Pontificia Università Gregoriana sul tema “Matteo Ricci: un’eredità di amicizia, di dialogo e di pace”. Il secondo è la proiezione di un film cinese su Matteo Ricci, alla presenza del Cardinale Chow, vescovo di Hong Kong. Il terzo è la lectio magistralis del presidente italiano Sergio Mattarella, che ha citato Ricci e altri quattro missionari come esempio di inculturazione durante il suo recente viaggio in Cina (e già nel 2017 Mattarella volle visitare la tomba del gesuita). A queste si aggiunge una nota a margine, che però è di grande significato: la lectio tenuta a Carità Politica da padre Federico Lombardi, che collabora alla postulazione di Matteo Ricci e che è stato tra gli organizzatori della giornata di studi alla Gregoriana.
Proprio padre Lombardi, nella sua relazione, ha segnalato con arguzia che Matteo Ricci stupì i cinesi proprio presentando loro il mappamondo, “cioè, una carta con i diversi continenti a loro sconosciuti”, aiutandoli così “a superare il limite del sinocentrismo e a comprendersi parte di una più larga famiglia umana, con cui potevano fruttuosamente incontrarsi dialogando sulla base comune della ragione umana, in uno spirito di amicizia”.