Con la presidente Chiara Griffini partiamo proprio dalle riflessioni proposte da alcune vittime di abusi e da alcuni genitori di ragazzi abusati: “Le riflessioni sono frutto di un cammino che è partito dall’incontro periodico di queste vittime e di familiari di vittime con la Presidenza e la Segreteria generale della Cei. Non sono testi su commissione, sono vita condivisa nel dolore di strappi ancora presenti che hanno aperto una via per la Chiesa italiana, la via della cura ecclesiale e spirituale, richiesta da chi è stato ferito, per un cammino di conversione della Chiesa italiana. I testi rivelano non solo come le ferite non vanno in prescrizione, ma che hanno tempi di rimarginazione lunghi, non prevedibili a tavolino, che vanno oltre i percorsi di giustizia”.
In quale modo è possibile 'ritessere fiducia'?
“Riconoscendo ciò che la fiducia rappresenta nella vita di una persona, il motore attraverso cui si esprime l’identità umana di essere in relazione, e della Chiesa, la fede come affidamento e facendo tutto quanto è possibile per custodirla e per riparare quando questa viene tradita, mediante la prossimità, la ricerca della verità, la giustizia, la cura”.
Per quale motivo una giornata di preghiera?
“Una giornata di preghiera perché come ci ricorda papa Francesco nella ‘Lettera al popolo di Dio’ la conversione ecclesiale deve passare attraverso una dimensione popolare, fatta di preghiera e attivazione da parte di tutti. Non sarà solo una giornata di preghiera ma anche di sensibilizzazione culturale, perché la preghiera diventi azione concreta di safeguarding (insieme di procedure e pratiche di tutela) nella Chiesa che alla luce del Sinodo universale e del cammino sinodale della Chiesa italiana non può non essere attenta alle relazioni come cuore della comunità da rilanciare, al rispetto da promuovere e garantire educando ad esso, partendo dalla coscienza, alla responsabilità come perdono, riparazione, custodia del bene-relazionale”.
Come educare alle relazioni?
“Mettendole al centro dei percorsi formativi di coloro che nelle comunità prestano servizio. Educarci per educare. Non solo contenuti e metodologie, ma stile con cui ci si comunica verbalmente e gestualmente, capacità di ascoltare le proprie e altrui emozioni e bisogni per generare consapevolezza, empatia e responsabilità, possibilità di condividere come si è stati in relazione prima di ogni progettazione futura, educarsi all’affidabilità e alla generatività come paradigmi relazionali propri dell’adulto affettivamente maturo, attento ad attuare quelle capacità adeguate alle persone e ai contesti con cui ci si rapporta, integrando ascolto, riflessione, azione”.
In quale modo la Chiesa può 'guadagnare' fiducia?
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“Attraverso l’accountability come trasparenza e rendicontazione di quanto si sta facendo per prevenire e reagire agli abusi adeguatamente a livello giuridico, morale e umano. E’ la rendicontazione come riconoscimento della fiducia ricevuta quale valore supremo da tutelare che ogni comunità e chiunque è in posizione di autorità dovrebbero fare. E’ la valutazione condivisa del servizio che si sta attuando, dove gli uni si diventa custodi degli altri e insieme ci si interroga e si vigila su come si è fedeli al Vangelo e all’uomo nella ordinarietà dell’esperienza ecclesiale. E’ concretamente fare tutto ciò che è possibile perché si imparino a riconoscere nei loro segnali prodromici tutte le diverse forme di abuso che possono insidiarsi negli ambienti ecclesiali ed essere capaci di arrestarli prontamente come contesto, in particolare gli abusi spirituali e di coscienza”.
Nel 2010 papa Benedetto XVI nella lettera ai cattolici irlandesi chiedeva un’azione decisa portata avanti con piena onestà e trasparenza: quali azioni sta portando avanti la Chiesa?
“Le azioni come Chiesa italiana passano attraverso l’attivazione della rete territoriale dei servizi diocesani e dei centri di ascolto. I servizi che promuovono sensibilizzazione e formazione sul tema della tutela dei minori e degli adulti vulnerabili nelle comunità parrocchiali e diocesane, contribuendo ad abbattere la barriera culturale intorno a questi temi nelle comunità ecclesiali e anche nella società. La notorietà dei centri di ascolto come luoghi a cui rivolgersi per segnalare qualunque abuso accada in ambienti ecclesiali e che mettono al centro la persona ferita con i suoi bisogni, a partire da quello di giustizia e verità. Le rilevazioni annuali e biennali sulla rete attivata fin dal primo sorgere della rete stessa, così da documentarne quanto si sta effettuando e quando manca ancora in totale trasparenza, affidandole a un ente di ricerca universitario che garantisse il rigore scientifico della valutazione e la serietà data a tale aspetto quale parte integrante dell’intero sistema avviato per essere credibile e coerente”.