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Cosa vuol dire "martirio"? Concluso il convegno del Dicastero della Causa dei Santi sul tema dell' "offerta della vita"

Il convegno "Non c’è amore più grande. Martirio e offerta della vita” del Dicastero si è concluso ieri con l'intervento di Semeraro.

Masaccio, Martirio di San Giovanni Battista | Masaccio, Martirio di San Giovanni Battista | Credit pd Masaccio, Martirio di San Giovanni Battista | Masaccio, Martirio di San Giovanni Battista | Credit pd

Sembra così lontano dal nostro presente il tema del martirio e, invece, è assai più vicino di quanto si possa credere, pensare. E’ questo il dato più importante che emerge dalla tre giorni di studio che ha interessato il Dicastero della Causa dei Santi: tre giorni di dibattito, di interventi e di riflessione sulla tematica “Non c’è amore più grande. Martirio e offerta della vita”, convegno svoltosi all’Istituto Patristico Augustinianum a Roma), aperto lo scorso 11 novembre e ultimato ieri; e che ha avuto come “coronamento” l’udienza stamane con il Pontefice. 

 

Ieri, le conclusioni del Cardinal Semeraro, Prefetto del Dicastero che ha sottolineato: “I martiri non sono stati e non sono degli eroi insensibili alla paura, all’angoscia, al panico, al terrore, al dolore fisico e psichico”. Inoltre, un altro dato ben evidenziato da Semeraro è stato quello che “il numero dei martiri cristiani non corrisponde affatto a quelli beatificati o canonizzati” e “c’è, al contrario, un intero, grande popolo di martiri”, anche perché “dai martiri germogliano cristiani, ma dai cristiani sbocciano i martiri”. Dunque, tanti sono i martiri “nascosti”, tantissimi quelli che “non fanno notizia” (per usare un termine giornalistico). Eppure di storie ce ne sarebbero tante da raccontare e da approfondire come quella di  Albino Badinelli o di Vincent Robert Capodanno; o ancora come quella del missionario polacco Jan Czuba, ucciso dai ninja nella Repubblica Democratica del Congo dove operava; fino a giungere a Ignacio Echeverría De Imperial, giovane spagnolo ucciso a Londra il 3 giugno 2017 nell’attacco terroristico presso il London Bridge (la causa è appena cominciata,  “alle primissime battute”, così ha riferito il Cardinal Semeraro). 

 

Il convegno, allora, riesce a offrire lo spunto per riflettere e comprendere ancor di più cosa vogliano dire le parole “martirio”, “offerta della vita”: lemmi che, forse, troppe volte sono dimenticati o se ricordati inseriti un po’ a sproposito. La questione non è così leggera come sembra: perché ci sono “regole” ben precise per definire “martire” una persona che ha donato la propria vita (quell’ “amore più grande” a cui ha fatto riferimento il convegno). 

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Per il Dicastero della Causa dei Santi, gli elementi essenziali che formano il concetto di martirio sono: la testimonianza pubblica in favore di Cristo e la morte volontariamente accettata e subita per confermarla. Da questo dato bisogna partire per comprendere di più il significato di martirio. 

 

In un interessante saggio dal titolo “Il martirio” presente nel volume “Le cause dei santi” (Lev, 2018), padre Zdzisław Józef Kijas, frate minore conventuale polacco, docente universitario, già relatore del Dicastero delle Cause dei Santi e Postulatore generale dell’Ordine, sottolinea come il martirio “viene colto dai protagonisti e da quanti in qualche modo vi prendono parte come un dono di Dio, un Carisma senza il quale non è possibile affrontare questa esperienza che è di limite anche per il credente in Cristo. Tale grazia, come tutte, ha il suo fondamento nel Battesimo che è immersione nella Pasqua di Cristo, cioè nel suo mistero di Passione morte e Risurrezione, vale a dire di dono della vita. Questo significa che come dono, il martirio, non può essere cercato o preteso, ma solo ricevuto e ha una sua precisa “ora” in cui deve accadere. Così come per Cristo la cui Pasqua ha avuto un' “ora” che lui non ha anticipato bensì atteso pur con desiderio”. Riflessione, questa, da meditare. 

 

Inoltre, nel martirio, bisogna ricordare che vi è una dimensione “ecclesiale” come ricordava San Giovanni Paolo II nella sua “Veritatis splendor” (1993): “Il martirio è un segno preclaro della santità della Chiesa: la fedeltà alla legge santa di Dio, testimoniata con la morte, è annuncio solenne e impegno missionario usque ad sanguinem perché lo splendore della verità morale non sia offuscato nel costume e nella mentalità delle persone e della società. (...) I martiri, e più ampiamente tutti i santi nella Chiesa, con l'esempio eloquente e affascinante di una vita totalmente trasfigurata dallo splendore della verità morale, illuminano ogni epoca della storia risvegliandone il senso morale”. 

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Il Cardinal Semeraro, nella sua conclusione al convegno, ha ricordato il pensiero del filosofo-teologo cristiano Romano Guardini: i santi non sono “austere figure”, “grandi ‘isolati’ del cristianesimo”, ma “sono uomini, che vivono a Corinto, a Tessalonica, ad Efeso o dove che sia, che credono, sperano, lottano contro la loro fragilità”. Una fragilità sulla quale Dio opera.  Nel caso dei martiri, grazie alla Grazia, Dio riece addirittura a farli andare ogni possibile umano limite: è dono di Dio, appunto. Solo del Signore. In questo pensiero, allora, è possibile comprendere come nell’arco della storia della Chiesa, alcuni martiri veramente potrebbero essere annoverati come persone “qualsiasi”, “quotidiane” quasi. 

Viene in mente, allora, quell’Ignacio Echeverría Miralles de Imperial (citato nel convegno), chiamato “l'eroe dello skateboard”: un semplice impiegato di banca, che ha affrontato uno dei terroristi dell'attacco a Londra nel giugno 2017 con il suo skateboard, salvando così la vita di un cittadino francese e dando tempo a molte altre persone di mettersi in salvo. Era un semplice impiegato di banca.