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Commemorare i fedeli defunti: cosa vuol dire?

Le origini e il senso della giornata commemorativa di oggi

Il cimitero monumentale del Verano di Roma | Il cimitero monumentale del Verano di Roma | Credit Comune di Roma Il cimitero monumentale del Verano di Roma | Il cimitero monumentale del Verano di Roma | Credit Comune di Roma

Ricordare chi non è più accanto a noi. Recare un fiore sulla tomba; una preghiera pronunciata nel silenzio di un cimitero. L’immagine è quella che possiamo pensare in questo giorno di ricordo dei fedeli defunti che però - va ricordato - sono vivi nella Luce del Signore. Già nel II secolo ci sono testimonianze che i cristiani pregavano e celebravano l’Eucaristia per i loro defunti. All’inizio il terzo giorno dalla sepoltura, poi l’anniversario. In seguito il 7° giorno e il 30 ( a un mese, dunque, dalla morte della persona). Arrviamo, poi, al IX secolo, quando - in continuità con l’uso monastico del secolo VII - vi era l’abitudine di consacrare un giorno completo alla preghiera per tutti i defunti.  Amalario di Metz, noto anche come Amalarius Symphosius o Amalarius Fortunatus (Metz, 775 circa – Metz, 29 aprile 850), già nel IX secolo, disponeva questa memoria successivamente a quella in cui venivano ricordati i santi.  Solamanete, poi, con l’abate benedettino Sant’Oddone di Cluny venne scelta la data del 2 novembre come giorno dedicato alla commemorazione di tutti i fedeli defunti:  era l’anno 928 d. C. 

 

Commemorare, ossia “ricordare”: è la lingua latina che ci aiuta a comprendere questo verbo. E’ verbo composto, quello di “commemorare”: cum - memorare, “ricordare con”. E certo, il ricordo, è espressione dell’anima: ognuno sente, in questo giorno, una sorta di legame con le anime dei defunti. Il Cristianesimo si basa sulla vita eterna: questo giorno, dunque, non può che rappresentare un momento importante in cui far ricordo della persona defunta (sia questo un familiare, una persona cara, un amico).

 

Ed è allora, che i versi del Foscolo sembrano ritornare alla memoria: “All'ombra de' cipressi e dentro l'urne/ confortate di pianto è forse il sonno/ della morte men duro?”. Così l’incipit di una delle poesie più famose che ci raccontano della morte, ma soprattutto del tema delle tombe e del ricordo dei cari. “Celeste è questa/ corrispondenza d'amorosi sensi,/ celeste dote è negli umani; e spesso/ per lei si vive con l'amico estinto/ e l'estinto con noi”. E’ corrispondenza fra le anime di chi ricorda il defunto e l’estinto stesso. 

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Questa “corrispondenza d'amorosi sensi”, il più delle volte, si esprime in una visita al cimitero: e soprattutto nel dono dei fiori da recare alla tomba dei cari. Un gesto, un semplice gesto, in cui è racchiuso molto. Già nella Bibbia, troviamo molto spesso dei rimandi ai fiori,  doni buoni e preziosi che Dio ha creato per il piacere degli esseri viventi (Atti 14:15-17; Giacomo 1:17).  Troviamo, ad esempio, il gesto dell’ornare il tempio con ghirlande e palme (1 Re 6:18, 29, 32). Come per la nostra quotidianità il gesto del dono di un fiore ha significato di attenzione  e gentilezza, così avviene anche per i defunti. Ecco dunque che, per un cristiano, portare fiori sulla tomba del proprio caro è un’usanza che ha una valenza affettiva assai importante: equivale a un “Ti penso” a un “Ti voglio bene”.

L’insegnamento della Chiesa sulla pietà per i defunti si fonda sulle Sacre Scritture. Già nell’Antico Testamento abbiamo riferimenti degni di nota. Importante ricordare, inoltre, che dal 1° all’8 novembre è possibile, una volta al giorno, lucrare l’indulgenza plenaria per un’anima del Purgatorio visitando il cimitero e pregando per il defunto, oltre ad adempiere le consuete tre condizioni: Confessione (anche 8 giorni prima o dopo, purché ci si comunichi in stato di grazia), Comunione e preghiera secondo le intenzioni del Papa (Padre Nostro, Ave Maria e Gloria).