Roma , mercoledì, 30. ottobre, 2024 18:00 (ACI Stampa).
“Il tema del convegno disegna come si può evincere dal titolo un cammino. E l'indicazione del cammino va ben al di là di una questione di tempo, i sessant'anni che intercorrono tra Lumen Gentium e la celebrazione della seconda sessione del sinodo, l'indicazione di tempo, del tempo che passa e manifesta lo sviluppo di un qualsiasi soggetto, personale o comunitario che sia, ma il cammino dice la distanza percorsa nel tempo. Il territorio che si è attraversato, l'esperienza che si è maturata. La Chiesa è soggetto storico comunitario, in cammino nel tempo verso il Regno. E camminando questo soggetto conosce, impara, fa esperienza e la strada si fa camminando”. Lo ha detto Don Dario Vitali intervenendo all’ultima sessione del convegno “dal Concilio al sinodo, rilettura di un cammino di chiesa a sessant'anni dalla Lumen Gentium”, organizzato presso la Pontificia Università Gregoriana.
Don Vitali – coordinatore degli esperti teologi al Sinodo sulla sinodalità – ritiene che “non basta la ricostruzione degli eventi e dei processi storici. Ad ogni modello di chiesa corrisponde un modello di ministero. E ogni modello di ministero rivela un correlativo modello di chiesa. Come è accaduto per il modello piramidale di chiesa, che è stato un modello rigorosamente clericale. La correlazione vale anche per il ministero Petrino, che non costituisce un'eccezione. Gli esiti del sinodo che ha appena concluso la fase assembleare impongono di affrontare onestamente la questione del rapporto circolare tra primato, collegialità e sinodalità”.
Nel primo Millennio – spiega Don Vitali – “la chiesa è certamente una chiesa sinodale. La quale però ha un grave difetto. Un grave vulnus. Perché nel movimento centripeto dell'unità manca chi abbia l'autorità di convocare tutti. E quindi, guarda caso, l'unico che abbia autorità o che si assuma questa autorità non è il vescovo di Roma ma è l’Imperatore. Il cesaropapismo. E quindi al modello sinodale del primo millennio manca un elemento di questo processo, centripeto di costruzione dell'unità. Noi dobbiamo tenere presente questo vulnus, perché è un elemento fondamentale nel passaggio al secondo quadro”.
“Con i vescovi principi – prosegue Don Vitali - che diventano elettori dell'impero inizia il papato. Qui inizia il primato. Si passa dalla Chiesa di Roma al vescovo di Roma. La possibilità di affermare il primato passa per la sostituzione di persona. Dall'imperatore al Papa. Da colui che al vertice della piramide civile o della società cristiana a colui che sarà al vertice della Chiesa. E in questo senso la plenitudo potestatis è esattamente quello che determinerà la necessità di separare potestas ordinis e potestas iurisditionis”.
Con il Concilio Vaticano II ritorna all’ordine del giorno la questione della collegialità. E forse – aggiunge Vitali – “la via sinodale poteva essere quella di un'attuazione della collegialità. Al sinodo dei vescovi la presenza dei vescovi nominati dalle Conferenze episcopali dava importanza alle Conferenze episcopali, ma il Sinodo del 1969 tronca questo aspetto dicendo che ci sono solo due soggetti di istituzione divina nella Chiesa, il Papa per la Chiesa universale, il vescovo per la Chiesa particolare. E di conseguenza tutto il mondo di mezzo, tra Chiesa universale, chiese particolari risulta di carattere ecclesiastico, regolato dal diritto canonico”.