Ciudad Juarez , giovedì, 18. febbraio, 2016 3:15 (ACI Stampa).
E’ già sera, quando il Papa arriva all’aeroporto, e sta per lasciare il Messico. Un Messico dove il Papa ha sperimentato la notte, che è poi il buio della spirale di violenza, della guerra dei cartelli del narcotraffico, dei desaparecidos, degli indigeni messi da parte nella società. Parte da Ciudad Juarez, la NInive moderna, dove la notte sembra più scura. Eppure, il Papa vede squarci di luce. E lo ha raccontato al termine della Messa, in cui dà il suo messaggio di addio alla terra che lo ha ospitato per cinque giorni.
“La notte ci può sembrare enorme e molto oscura – dice il Papa – ma in questi giorni ho potuto constatare che in questo popolo esistono tante luci che annunciano speranza; ho potuto vedere in molti dei suoi testimoni, in molti dei suoi volti, la presenza di Dio che continua a camminare in questa terra, guidandoli e sostenendo la speranza; molti uomini e donne, con il loro sforzo di ogni giorno, rendono possibile che questa società messicana non rimanga al buio”.
Queste persone “sono i profeti del domani, sono il segno di un’alba nuova”. Un’alba nuova che per Papa Francesco viene racchiusa nella poesia “Fraternità”, di Octavio Paz, poeta, filosofo già citato dal Papa in questi giorni, e suo punto di riferimento insieme al filosofo Methol Ferré. “Senza capire comprendo: anch’io sono scrittura / e in questo stesso istante qualcuno mi sta decifrando”.
Suggerisce il Papa: “Quello che ci decifra e che ci traccia la via è la presenza misteriosa ma reale di Dio nella carne concreta di tutte le persone, specialmente le più povere e bisognose del Messico”.
E così, con un ennesimo e finale affidamento alla Madonna di Guadalupe presso cui ha sostato a lungo solitario in preghiera, Papa Francesco si congeda dai suoi fedeli.