Come detto, ieri il Cardinale Fernandez ha incontrato quanti volevano discutere della questione, che erano rimaste deluse dall’assenza del cardinale ad un incontro precedente, dove c’erano comunque due officiali del dicastero.
Fernandez ha comunque mantenuto, nell’incontro, la linea che aveva avuto in una dichiarazione inviata gli scorsi giorni. Ovvero: i tempi non sono considerati maturi per il diaconato femminile, la commissione di studio presieduta dal Cardinale Giuseppe Petrocchi è ancora attiva, ma al Dicastero per la Dottrina si discute ampiamente di come dare più potere e più peso alle donne nella Chiesa, con anche una discussione sui possibili nuovi ministeri dedicati a loro, e con lo studio di esperienze già in atto dove le donne, in Asia, Africa, in altri posti, si trovano in luoghi di potere. Insomma, l’idea è che la questione non riguardi il ministero ordinato, quanto proprio la responsabilità e la considerazione data alle donne nella Chiesa.
Se questo tema ha preso i titoli per l’incontro del cardinale Fernandez, eccezionalmente diffuso in audio integrale da Vatican News, buona parte del dibattito al Sinodo ha riguardato proprio la possibilità della decentralizzazione. Tanto che la teologa Mirijam Weijlens, consultore del Sinodo, ha detto in conferenza stampa lo scorso 23 ottobre che Papa Francesco ha chiesto di “riconfigurare la Chiesa in modo sinodale”. Questo significa anche modifiche al diritto canonico, come rendere obbligatori i consigli parrocchiali o diocesani.
Sono queste le uniche modifiche da aspettarsi? Sembrano fuori dal tavolo la questione del diaconato femminile, così come il tema dei viri probati, persone di provata fede che potrebbero celebrare messa in determinate circostanze, nonostante ci siano state pressioni da entrambi per introdurre al limite il dibattito .
La “sana decentralizzazione” è dunque il modo con cui si cerca di giustificare le possibili differenze su approccio su diversi temi da parte di vescovi di Paesi diversissimi tra loro. Ma nel testo finale, la prima bozza parlava di una “inalienabile” potere di decisione del vescovo e del clero, e del fatto che la sinodalità non poteva essere portata avanti senza il loro operato.
Vero, perché anche se la commissione dei canonisti facesse cambiamenti, rendendo obbligatori consigli pastorali e diocesani, tutto dipenderebbe poi dal modo in cui il vescovo o il sacerdote li coinvolge.
Tutto questo, però, non dovrebbe trasparire nel documento finale. Il documento – secondo le informazioni raccolte da ACI Stampa – è diviso in cinque parti.
La prima parte è sulla comprensione condivisa della sinodalità e i suoi principi teologici. La seconda parte riguarda quella che viene chiamata una “conversione relazionale”. La terza parte parla invece delle tre pratiche del discernimento ecclesiale, i processi decisionali, la cultura della trasparenza, del rendiconto e della valutazione. La quarta parte cerca di comprendere come coltivare in forme nuove lo scambio dei doni. E infine, la quinta parte, in cui si parla della formazione nella e alla sinodalità missionaria.
Il documento finale del Sinodo – dice un padre sinodale – appare fortemente mutuato dal documento sulla sinodalità che la Commissione Teologica Internazionale pubblicò nel 2018, intitolato “Sinodalità nella vita e missione della Chiesa”. Era – aveva spiegato al tempo monsignor Piero Coda, che della Commissione era membro al tempo e partecipò alla stesura – “un documento che spiegasse il significato teologico della sinodalità e ne esplorasse le applicazioni concrete”. Il documento parlava anche di coinvolgere maggiormente le Chiese locali nella convocazione dei Sinodi.
Se questi saranno i risultati di due tappe sinodali a Roma e un percorso di tre anni prima, è evidente che molti resteranno delusi. Non ci sono rivoluzioni, ma piuttosto il lavoro per un cambio di mentalità nella Chiesa con l’idea che però questa sinodalità sia sempre stata parte della storia della Chiesa.
Sarà questo il punto di partenza per la discussione di sabato, e per la pubblicazione del documento finale. Poi, si dovrà aspettare la decisione di Papa Francesco.
Il Papa potrebbe decidere di adottare il documento finale come esortazione post-Sinodale. Potrebbe redigere lui stesso una esortazione post-sinodale. Potrebbe decidere di redigere l’esortazione dopo l’esito dei gruppi di studio, che dovrebbero consegnare la loro relazione a maggio 2024. Insomma, tutto, alla fine, dipenderà da Francesco.
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