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Sant'Antonio Maria Claret, il missionario di Maria

Nella sua spiritualità, due le parole chiave: la Vergine Maria e la missione

Sant'Antonio Maria Claret | Sant'Antonio Maria Claret | Credit claret.it Sant'Antonio Maria Claret | Sant'Antonio Maria Claret | Credit claret.it

Sant’Antonio Maria Claret, del quale oggi ricorre la memoria liturgica, vuol dire soprattutto “missione”. E lo si capisce, subito, nel leggere i suoi Scritti, copiosissimi: si contano circa 150 titoli tra opuscoli e libri, circa 1.700 lettere e ben 18 volumi di manoscritti (appunti, schemi di sermoni, pensieri, suggerimenti, esortazioni). Pagine e pagine che raccontano del dono della fede, ma che soprattutto fanno riferimento proprio alla missione pastorale che il vescovo spagnolo portò avanti. 

Basterebbe leggere una lettera - datata 20 agosto 1861 - indirizzata a padre Giuseppe Xifré, uno dei cofondatori, assieme al santo, della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria, i cui membri sono detti anche Clarettiani: “Dica ai miei amatissimi missionari che siano animati e lavorino a ritmo pieno aspettando da Gesù e da Maria la loro ricompensa. Io amo tanto i sacerdoti missionari che darei per loro il mio sangue e la mia vita, laverei e bacerei loro mille volte i loro piedi, mi toglierei il boccone di bocca per sostentarli. Li amo tanto che impazzisco e non so cosa vorrei fare per loro. Se penso che il loro lavoro è tutto teso a far conoscere ed amare Dio, a salvare gli uomini dalla morte, non posso descrivere quello che mi succede in cuore”. 

 

E ancora, in un altro scritto, redige l’identikit del missionario: “Chi è zelante, brama e compie cose sublimi e lavora perché Dio sia sempre più conosciuto, amato e servito in questa e nell’altra vita. Questo santo amore, infatti, non ha fine. La stessa cosa fa con il prossimo. Desidera e procura sollecitamente che tutti siano contenti su questa terra e felici e beati nella patria celeste; che tutti si salvino, che nessuno si perda per l'eternità, né offenda Dio e resti, sia pure un istante, nel peccato”. 

 

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E se parliamo di missione, non può che venire in mente la missionaria per eccellenza, la Vergine Maria a cui Claret guarda come esempio massimo per ogni missionario: “Maria è tutta carità. Dove c’è Maria lì c’è la carità. Maria, dunque, è il cuore della Chiesa. Per questo germogliano da essa tutte le opere di carità. È risaputo che il cuore ha due movimenti che i medici chiamano sistole e diastole. Col primo, il cuore si stringe ed assorbe il sangue; col secondo si dilata e lo versa nelle arterie. Così anche Maria esercita continuamente questi due movimenti: assorbe la grazia del suo amato Figlio e la riversa sui peccatori”. 

 

E, in un altro scritto, ci raconta del suo sentirsi, a tutti gli effetti, “figlio” della Vergine: “Mi dono totalmente come figlio e sacerdote di Maria. (...) Sarà mia Madre, Maestra e Direttrice, e da Lei sarà tutto ciò in cui faccio e soffro per questo ministero, perché il frutto deve provenire da ciò che ha piantato l’albero”. 

 

Nella sua “Autobiografia”, la Vergine è descritta come “il collo” della Chiesa (Cristo il capo, la testa). E continua: “E subito dopo viene il cuore. Le braccia di Maria sono i missionari della sua Congregazione, che con zelo lavoreranno e abbracceranno tutti e pregheranno Gesù e Maria”. La missione e la Vergine Maria, questi capisaldi del suo apostolato.

 

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