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Letture. Per il Cardinale Zen la Chiesa è sempre "una, santa, cattolica e apostolica", ecco perchè

Più che mai la riflessione emerge in questo tempo di Sinodo

La folla a San Pietro |  | Vatican Media / ACI Group La folla a San Pietro | | Vatican Media / ACI Group

“Il nostro Buon Pastore conduce tutte le pecore in un unico ovile… Possiamo non conoscere le sue vie, ma ci ha detto che cosa dobbiamo fare. Ognuno di noi è stato reso «luce per le genti» e ha la responsabilità di essere uno strumento di salvezza fino agli estremi confini della terra”. Lo
sostiene con tutta la forza e la convinzione che lo caratterizzano, una forza che proviene da una fede sicura, il cardinale Joseph Zen, 92 anni, gran parte dei quali passati a testimoniare e a difendere la fede cattolica.

In qualsiasi situazione, scontrandosi con il regime cinese, processato, condannato, ma non solo in riferimento alla sua condizione personale. Lo dimostra, una volta di più, il libro che è stato appena pubblicato da Ares, a cura di Aurelio Porfiri, dal titolo inequivocabile di “Una, santa cattolica, apostolica”, ampie e toccanti riflessioni su come stia vivendo oggi della Chiesa cattolica.

Attualmente si assiste a una profonda crisi di fede, vocazioni in drastico calo, ignoranza e confusione dottrinale, sempre più scarsa partecipazione ai sacramenti…, fenomeni di particolare rilevanza proprio in Europa, la cui civiltà, l’intera civiltà occidentale è stata plasmata dal cattolicesimo. E poi correnti di pensiero confuse, fluide, pericolosamente vicine a derive relativistiche. Il cardinale Zen, tuttavia, invita a non disperare: mediante l’azione dello Spirito, il
Signore ha sempre soccorso quella Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica” che, ricorda Porfiri nell’Introduzione, «Gesù Cristo ha affidato agli apostoli sotto la guida di Pietro e dei suoi successori».

Dio “chiama” tutti a questa missione, ognuno nel suo stato: laico, consacrato,
sacerdote. Per questo possiamo guardare alla Chiesa con fiducia anche oggi. Più che mai la riflessione emerge in questo tempo di Sinodo. E le sue parole possono concretamente aiutare a fare chiarezze. La sua è una voce che arriva da una di quelle periferie del mondo di cui ha sempre parlato papa Francesco, ma una periferia che occupa un posto rilevante nello scacchiere
internazionale. Da quella Hong Kong che ha assaggiato il tallone di ferro della repressione.

Affabile, gentile e bonario, il cardinale  non ha mai avuto il tratto del ribelle e del trascinatore di folle. Ma quando parla, e scrive, il tono è deciso, non lascia spazio a tentennamenti e a paludamenti, senza giri di parole e senza temere di dispiacere a qualcuno; quello che spiega tutto appare chiaro, la strada dritta, anche se sfiora l’abisso. Forse per questo è uno degli uomini più
temuti dal regime di Pechino. Lo hanno spesso definito  “la coscienza di Hong Kong” da quando guidò in piazza mezzo milione di manifestanti in difesa della democrazia.

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In una celebre omelia del 2003 invitò i cinesi a non subire: «Se saremo in tanti a imboccarla, la strada della democrazia si aprirà». I cattolici cinesi costretti a praticare la fede nella clandestinità vedono in lui un difensore
incrollabile.

Quando nel 2006 Benedetto XVI gli annuncia l'intenzione di crearlo cardinale, commenta così:«Questa nomina è un segno di benevolenza e di affetto del Papa per tutta la Cina. E se io accetto, l'accetto per tutta la Cina. Ho ormai quasi 75 anni e pensavo di andare in pensione. Adesso non so cosa mi accadrà. Staremo agli ordini ed obbediremo. Forse il Papa avrà bisogno
ogni tanto di qualche consiglio. Sulla Cina ci sarà molto da lavorare».

Nel 2016 critica aspramente l’accordo provvisorio e segreto tra Vaticano e Cina sulla nomina dei vescovi. In un’intervista del 24 ottobre del 2018 al New York Times, aveva invitato i cattolici ad «attendere tempi migliori, tornate alle catacombe, il comunismo non è eterno». Da allora critiche, dubbi, prese di posizione non sono mancate, da parte del cardinale, ma sempre nel rispetto e
nell’obbedienza, sempre in nome della Chiesa “una, cattolica, apostolica”.
Ora, in questo ultimo libro, affronta un altro tema centrale: quello della sinodalità, a cui guarda quella Chiesa una santa, cattolica, apostolica. La sinodalità viene considerata da molti come la chiave di volta per il futuro della Chiesa stessa, un futuro certamente migliore, spesso secondo i
criteri che oggi sono imperanti.

Zen ha un punto di vista diverso, che mette in dubbio queste granitiche certezze: “L’aggettivo ‘sinodale’ e il nome astratto ‘sinodalità’ vengono dalla parola sinodo. Camminare insieme? Sì, ma nella Chiesa chi cammina insieme a chi? Qual è la destinazione di questo cammino? C’è una guida che indichi la corretta direzione?” Ancora, sottolinea il cardinale, si parla di “una democrazia del battezzati. Quali battezzati? Vanno almeno in chiesa regolarmente? Hanno una fede basata sulla Bibbia e una forza che viene dai sacramenti?” Senza la fede, consolidata, dalle basi certe, anche le assemblee più accreditate e seguite in Vaticano, generate da un sincero desiderio di confronto e nell’accettazione fraterna delle diversità (di culture, di educazione, di opinioni, di esperienze) – ricchezze da tutelare - rischiano di trasformarsi in raduni, incontri di taglio sociologico o psicologico, discussioni a ruota libera su argomenti di ogni genere. Il cammino insieme può rischiare di trasformarsi in un vagare infinito.

Joseph Zen, Una, santa, cattolica e apostolica. Dalla Chiesa degli Apostoli alla Chiesa "sinodale", a cura di Aurelio Porfiri, pp.168, Edizioni Ares, euro 15,50