Roma , domenica, 13. ottobre, 2024 10:00 (ACI Stampa).
Vogliamo soffermarci, in queste domenica, sulla risposta che Gesù offre alla provocatoria domanda di Pietro: "Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Cosa ne avremo?”. Parole che potremmo anche esprimere in questo modo: “Cosa ci guadagniamo noi a dirci cristiani, a rimanere fedeli alla nostra fede?”. Le parole di Cristo tolgono ogni possibile apprensione. Chi segue il Signore e si fida di Lui, anche se deve operare rinunce ed incontrare persecuzioni, non rimane deluso perchè la
sequela conduce su una strada non di morte, ma di vita, non di povertà, ma di ricchezza. Si lascia il peccato e il proprio egoismo e in cambio si riceve la vita eterna e il centuplo nel presente. La vita, dunque, cambia, si configura in modo diverso a seconda della scelta di andarsene - come ha fatto l’uomo ricco dell’episodio evangelico - o di rimanere con Gesù.
Se l’uomo rifiuta il Signore decide di rimanere un “io finito”, confinato nel mondo chiuso della contingenza, mentre se Lo accoglie diviene un “io eterno”. L’amicizia di Gesù, infatti, depone l’eternità all’interno dei nostri giorni, e ci fa entrare in un mondo di umana e spirituale ricchezza, di novità e di sorprese che hanno portato un santo spagnolo del ‘500 a testimoniare che: “In Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga”. E’ anche questo il centuplo che il Signore promette. Senza Cristo la vita umana si riduce ad essere a una favola senza senso, raccontata da un idiota, piena di rumori e di rabbia, che non significa niente (Shaskespeare). Cristo, al contrario, ci dice che la vita è incamminata verso un compimento, una pienezza e che la storia umana, con tutto il suo ricettacolo di ingiustizie e di sofferenze, sarà sottoposta al giudizio di Dio.
Anche la nostra intelligenza seguendo Cristo viene "centuplicata" perché per mezzo della fede io sono introdotto nel mondo di Dio e quindi reso capace di comprendere il senso ultimo della realtà. Il filosofo Platone afferma che la ragione è il grande mezzo che noi abbiamo per affrontare la vita e la paragona ad una zattera.
Ma la zattera è un’imbarcazione poco sicura, specialmente per le grandi traversate. La ragione umana, in altre parole, di fronte alle grandi domande - Qual è il motivo per il quale vale la pena vivere? La vita è una fatica e allora perché vivere? Perché la sofferenza e la morte? Perchè l’ingiustizia? Dove trovare speranza? Come apprendere ad amare veramente?” - difficilmente arriva alla verità. E’ solo una zattera che può soccombere. A meno che non ci sia “Qualcuno” che ci offre la possibilità di passare dalla zattera ad una nave e così fare la traversata della vita. Questa possibilità ci è data dalla fede. Ci aiuta a comprendere l’intimo legame tra fede e ragione il Vangelo di Giovanni. In esso ci viene riportata un’amorosa supplica di Gesù agli apostoli, che in realtà è rivolta a tutti i suoi discepoli: “Rimanete nel mio amore”. Con queste parole, il Signore manifesta il suo desiderio di instaurare con coloro che credono in Lui un rapporto di amicizia. La caratteristica fondamentale dell’amicizia è la confidenza. All’amico si rivelano anche i segreti più intimi e profondi della propria vita. E’ proprio quanto fa Gesù con coloro che lo seguono. Rivela loro “tutto quello che ho udito dal Padre mio”.
Fede e ragione sono in stretta relazione tra loro. La ragione se non è illuminata dalla rivelazione di Cristo è uno strumento conoscitivo incompleto, e la fede senza la ragione si trasforma in superstizione, in fondamentalismo, in sentimento. La ragione può dirci dove siamo; la fede ci permette di scoprire che cosa ci aspetta. Ci dice che al momento della morte troveremo Qualcuno che ci attende a braccia aperte. Si tratta di una prospettiva che neutralizza la terribile concezione dell’uomo come “passione inutile”, o come essere incamminato verso il nulla, la totale distruzione. Con Cristo si conosce dove si va e si è sicuri di arrivare.