E come Juanito che non si sentiva adatto cui Maria dice che lui sarebbe stato il suo messaggero. Messaggero con una immagine “trasparente di amore e di giustizia: nella costruzione dell’altro santuario, quello della vita, quello delle nostre comunità, società e culture, nessuno può essere lasciato fuori”. Juan Diego, canonizzato qui, in questo santuario da Giovanni Paolo II nel 2002.
Per coloro che non sono “all’altezza delle circostanze” o non “apportano il capitale necessario” , dice il Papa “il santuario di Dio è la vita dei suoi figli, di tutti e in tutte le condizioni, in particolare dei giovani senza futuro esposti a una infinità di situazioni dolorose, a rischio, e quella degli anziani senza riconoscimento, dimenticati in tanti angoli. Il santuario di Dio sono le nostre famiglie che hanno bisogno del minimo necessario per potersi formare e sostenere. Il santuario di Dio è il volto di tanti che incontriamo nel nostro cammino…”
“Che cosa posso dare io se non sono una persona istruita?”, dice il Papa e si rivolge alla Madre “con occhi che dicono: “Sono tante le situazioni che ci tolgono la forza, che ci fanno sentire che non c’è spazio per la speranza, per il cambiamento, per la trasformazione”. Per questo può farci bene un po’ di silenzio, e guardarla, guardarla molto e con calma”. Il Papa legge un inno e ripete le parole di Maria a Juan Diego : “Non ci sono forse qui io, io che ho l’onore di essere tua madre?”.
Le lacrime di chi soffre non sono sterili. “Sono- dice il Papa- una preghiera silenziosa che sale fino al cielo e che in Maria trova sempre posto sotto il suo manto. In lei e con lei, Dio si fa fratello e compagno di strada, porta con noi le croci per non lasciarci schiacciare da nostri dolori. Non sono forse tua madre? Non sono qui? Non lasciarti vincere dai tuoi dolori, dalle tue tristezze – ci dice”.
Quello del Papa è un invito ad essere messaggeri anche nelle lacrime, anche per chi non si sente all’altezza: “basta che cammini per le strade del tuo quartiere, della tua comunità, della tua parrocchia come mio messaggero; innalza santuari condividendo la gioia di sapere che non siamo soli, che lei è con noi. Sii mio messaggero – ci dice – dando da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, da’ un posto ai bisognosi, vesti chi è nudo e visita i malati. Soccorri i prigionieri, perdona chi ti ha fatto del male, consola chi è triste, abbi pazienza con gli altri e, soprattutto, implora e prega il nostro Dio. Non sono forse tua madre? Non sono forse qui? – ci dice ancora Maria. Vai a costruire il mio santuario, aiutami a risollevare la vita dei miei figli, tuoi fratelli”. Dopo l'omelia il Papa si è seduto con le spalle all'assamblea e verso la immagine di Maria in silenzio per diversi minuti.
Il Papa al termine della messa si sofferma in privato in preghiera a lungo davanti alla immagine straordinario della Morenita, con i suoi simboli e i suoi occhi che nascondono il volto di Juan Diego il piccolo indio che è diventato il santo patrono del suo continente insieme a Maria.
Francesco ha donato per quella immagine che racconta l’unione degli indios e dei nuovi arrivati, una corona d’oro con la scritta: Mater mea, spes mea.
Due ali di folla hanno accompagnato il Papa nel suo percorso dalla nunziatura all’area del santuario fatto di chiese e di pellegrini.
Maria come casa, come luogo dove essere con Maria, con quelle parole “Non sono forse qui?” che il Papa ha ripetuto questa mattina ai vescovi del Messico.
Il canto “La Guadalupana” è stato la colonna sonora della celebrazione.
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