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Letture, il Vangelo per il Giubileo illustrato da Ulisse Sartini

La lettura della Parola di Dio con le immagini di un grande artista contemporaneo

Un dettaglio della copertina |  | Archvium Un dettaglio della copertina | | Archvium

Ulisse Sartini è noto soprattutto per essere un grande ritrattista, in primo luogo  dei Pontefici, avendo realizzato le effigi ufficiali di Pio XII per la famiglia Pacelli, di Papa Giovanni XXIII, di Papa Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Papa Francesco. Ritratti – che si tratti di papi, santi (San Pio di Pietrelcina) cantanti, nobili, e via dicendo - dipinti con un’unica  tecnica formidabile, che affonda le sue radici nella lunga tradizione artistica nata nel Rinascimento, quando il volto e la posa del “soggetto” diventano lo specchio dei suoi pensieri e della sua stessa anima.  Ritratti di personaggi famosi, si diceva, per esempio molti cantanti lirici, come l’affascinante rappresentazione dell’immortale Maria Callas.  Ed è famoso, Sartini,  anche per aver osato l’impossibile: cimentarsi con il tema dell’Ultima Cena, sulle orme dell’inarrivabile Leonardo. Con un risultato molto apprezzato . Ora si è confrontato con il Vangelo, alla luce del Giubileo che è ormai alle porte.

Ecco dunque che la casa editrice Archivium (impegnata nella mission di rendere accessibili ad una platea sempre più ampia contenuti di arte, bellezza e cultura)  presenta un’opera unica, a tiratura limitata, appunto il Vangelo per il Giubileo, introdotto dal cardinale Gianfranco Ravasi, con la prefazione di Vittorio Sgarbi e illustrato da trentacinque tavole a colori di  Sartini. I testi degli evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni – nella traduzione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana – sono accompagnati dalle interpretazioni dell’artista, che illustrano  alcuni  episodi salienti della vita terrena di Gesù, dall’infanzia al Calvario, dalla Cena di Emmaus all’Ascensione, raccontando guarigioni e miracoli,  la continua presenza di Maria e di creature angeliche, che testimoniano il rapporto continuo fra terra e cielo. Anche se la gran parte dell’umanità sembra non rendersene conto. Il suo tratto è poetico e intenso, volto e teso  a rendere visibile la bellezza invisibile dello Spirito.

Sulla scia di Annigoni e nel solco di una tradizione che - osserva Vittorio Sgarbi nella sua prefazione – dal Rinascimento arriva all’Ottocento di Hayez o al primo Novecento di Corcos, Ulisse Sartini ha intrapreso questo nuovo percorso artistico arrivando al punto più alto, secondo i criteri della fede, scegliendo cioè il Vangelo come orizzonte creativo. Senza dimenticare, naturalmente  che, osserva don Antonio Tarzia, a lungo direttore  delle Edizioni San Paolo, nelal sua Nota,  l’opera pubblicata da Archivium  “vuole essere un piccolo memoriale e un’occasione di pregare con l’arte nell’anno del Signore”.

Del resto – e lo scrive ancora Sgarbi - “è l’arte, detto altrimenti, la vera, grande religione di cui Sartini si sente sacerdote” e “ogni volta che Sartini dipinge un soggetto religioso ringrazia Dio per avergli dato la possibilità di farlo in maniera così esaltante. È in fondo lui, il suo dipingere, il suo creare dal nulla piccoli miracoli visivi, la prova più lampante dell’esistenza di un Onnipotente”.

Sartini, d’altra parte, come spiega il cardinale Ravasi nella sua introduzione,    si  è “assunto lo stesso programma dei suoi antichi colleghi toscani” e ha  continuato “a realizzare sulla tela tanti fogli ideali di quella Biblia pauperum che nel passato sulle pareti delle chiese apriva davanti ai fedeli le parole e le opere di Cristo”.  Inoltre, sempre  seguendo il ragionamento del cardinale, l’artista piacentino e milanese d’adozione - presente in musei internazionali prestigiosi come la National Portrait Gallery di Londra - in questa opera “ha voluto testimoniare in modo personale quella sfida che già Paolo VI, nella cornice emozionante della Sistina, il 7 maggio 1964, aveva così formulato: l’artista cerca di ‘carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità’. Era la cosiddetta via pulchritudinis teorizzata dalla teologia medievale, per cui dalla bellezza artistica si ascendeva alla suprema Bellezza divina”. 

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Il linguaggio espressivo si adegua pienamente a questo percorso verso la Bellezza, non è fine a stesso, e non è pura tecnica, per quanto straordinariamente acquisita. Sartini, dunque, nel solco dei grandi maestri, continua a guardare alla realtà, alla figura umana come summa della creazione, creazione mossa dall’Amore. Al contrario di molti altri artisti contemporanei, o presunti tali, che invece credono di dover aggredire la realtà, deformarla, decomporla, stravolgerla. Così come la figura umana, spesso svilita, ridotta a oggetto deformato, in cui si contorce una visione allucinata del mondo.

Ha scritto Antonio Paolucci: Sartini  “entra nella grande tradizione figurativa (in Caravaggio, in Annibale Carracci), la disarticola, la analizza, sembra entrare in competizione con lei (il suo straordinario talento tecnico glielo consente) e poi ce la offre, reinventata, trasfigurata, caratterizzata dal suo specifico genio espressivo”. Un modo di usare la pittura, dunque, diametralmente opposto, che mira a recuperare, nell’uomo e nella realtà, la sua dimensione trasfigurata, non sfigurata. Non si tratta di edulcorare la vita e le persone, non si tratta di “coprire” il dolore, la violenza, la miseria, il peccato. Esistono, ma non sono l’unica dimensione, e possono essere “riscattati”, anche dall’arte.

La  pittura di Sartini, come nel caso dell’edizione del Vangelo, è anche strumento di conoscenza e di interpretazione. Una ricerca iconografica, perché i testi evangelici, come l’intero corpus biblico, rappresentano un  codice interpretativo della civiltà occidentale. I  racconti biblici,  i personaggi, le parabole, si sono trasformati in simboli portanti che popolavano le chiese, i palazzi del potere, le case dei ricchi e quelle degli umili, i crocicchi delle strade e le edicole nelle campagne. Entravano nei riti quotidiani e nelle feste importanti, ispiravano i versi immortali di dante, Petrarca e innumerevoli poeti e scrittori, così come le preghiere e le storie che si raccontavano ai bambini…E oggi artisti come Sartini tornano a usare quel linguaggio universale, il linguaggio della fede e della speranza. E della Bellezza.

 

Il Vangelo per il Giubileo 2025, Ulisse Sartini, Edizioni Archivium