Roma , venerdì, 4. ottobre, 2024 18:00 (ACI Stampa).
Ulisse Sartini è noto soprattutto per essere un grande ritrattista, in primo luogo dei Pontefici, avendo realizzato le effigi ufficiali di Pio XII per la famiglia Pacelli, di Papa Giovanni XXIII, di Papa Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Papa Francesco. Ritratti – che si tratti di papi, santi (San Pio di Pietrelcina) cantanti, nobili, e via dicendo - dipinti con un’unica tecnica formidabile, che affonda le sue radici nella lunga tradizione artistica nata nel Rinascimento, quando il volto e la posa del “soggetto” diventano lo specchio dei suoi pensieri e della sua stessa anima. Ritratti di personaggi famosi, si diceva, per esempio molti cantanti lirici, come l’affascinante rappresentazione dell’immortale Maria Callas. Ed è famoso, Sartini, anche per aver osato l’impossibile: cimentarsi con il tema dell’Ultima Cena, sulle orme dell’inarrivabile Leonardo. Con un risultato molto apprezzato . Ora si è confrontato con il Vangelo, alla luce del Giubileo che è ormai alle porte.
Ecco dunque che la casa editrice Archivium (impegnata nella mission di rendere accessibili ad una platea sempre più ampia contenuti di arte, bellezza e cultura) presenta un’opera unica, a tiratura limitata, appunto il Vangelo per il Giubileo, introdotto dal cardinale Gianfranco Ravasi, con la prefazione di Vittorio Sgarbi e illustrato da trentacinque tavole a colori di Sartini. I testi degli evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni – nella traduzione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana – sono accompagnati dalle interpretazioni dell’artista, che illustrano alcuni episodi salienti della vita terrena di Gesù, dall’infanzia al Calvario, dalla Cena di Emmaus all’Ascensione, raccontando guarigioni e miracoli, la continua presenza di Maria e di creature angeliche, che testimoniano il rapporto continuo fra terra e cielo. Anche se la gran parte dell’umanità sembra non rendersene conto. Il suo tratto è poetico e intenso, volto e teso a rendere visibile la bellezza invisibile dello Spirito.
Sulla scia di Annigoni e nel solco di una tradizione che - osserva Vittorio Sgarbi nella sua prefazione – dal Rinascimento arriva all’Ottocento di Hayez o al primo Novecento di Corcos, Ulisse Sartini ha intrapreso questo nuovo percorso artistico arrivando al punto più alto, secondo i criteri della fede, scegliendo cioè il Vangelo come orizzonte creativo. Senza dimenticare, naturalmente che, osserva don Antonio Tarzia, a lungo direttore delle Edizioni San Paolo, nelal sua Nota, l’opera pubblicata da Archivium “vuole essere un piccolo memoriale e un’occasione di pregare con l’arte nell’anno del Signore”.
Del resto – e lo scrive ancora Sgarbi - “è l’arte, detto altrimenti, la vera, grande religione di cui Sartini si sente sacerdote” e “ogni volta che Sartini dipinge un soggetto religioso ringrazia Dio per avergli dato la possibilità di farlo in maniera così esaltante. È in fondo lui, il suo dipingere, il suo creare dal nulla piccoli miracoli visivi, la prova più lampante dell’esistenza di un Onnipotente”.
Sartini, d’altra parte, come spiega il cardinale Ravasi nella sua introduzione, si è “assunto lo stesso programma dei suoi antichi colleghi toscani” e ha continuato “a realizzare sulla tela tanti fogli ideali di quella Biblia pauperum che nel passato sulle pareti delle chiese apriva davanti ai fedeli le parole e le opere di Cristo”. Inoltre, sempre seguendo il ragionamento del cardinale, l’artista piacentino e milanese d’adozione - presente in musei internazionali prestigiosi come la National Portrait Gallery di Londra - in questa opera “ha voluto testimoniare in modo personale quella sfida che già Paolo VI, nella cornice emozionante della Sistina, il 7 maggio 1964, aveva così formulato: l’artista cerca di ‘carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità’. Era la cosiddetta via pulchritudinis teorizzata dalla teologia medievale, per cui dalla bellezza artistica si ascendeva alla suprema Bellezza divina”.