Fatto sta che il documento è anche di più di quello che ci si aspettava. Spiega la scelta di Cuba, un luogo “all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest”, un “simbolo delle speranze del Nuovo Mondo”, ma anche “degli eventi drammatici del XX secolo”; un posto – sottolineano - dove la fede “sta crescendo in modo dinamico”, e comunque lontano “dalle antiche contese del Vecchio Mondo”.
Il documento inizia sottolineando che Chiesa Ortodossa e Chiesa Cattolica condividono “la comune tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo”, tra i cui testimoni ci sono innumerevoli martiri. “Siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate dai nostri antenati, nella comprensione e l’esplicitazione della nostra fede in Dio”, scrivono il Papa e il Patriarca.
I quali “deplorano la mancanza di unità”, si dicono “consapevoli della permanenza d numerosi ostacoli” per l’unità, si dicono “determinati a superare le divergenze storiche”.
Uno sguardo al mondo: prima di tutto le regioni “dove i cristiani sono vittime di persecuzione”, come Medio Oriente e Nord Africa dove “i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per le famiglie, villaggi e città intere”, dove “le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri profanati, i loro monumenti distrutti”.
Il documento cita in particolare Siria e Iraq, oltre ad “altri Paesi del Medio Oriente”, che vivono “l’esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale cominciò a diffondersi la nostra fede”, e chiede “alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente”.
“Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventate anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica”, si legge nel documento.
Per la situazione in Siria e in Iraq viene chiesto l’intervento della comunità internazionale anche per “assicurare un aiuto umanitario su larga scala alle popolazioni martoriate”, ma anche per liberare le persone rapite come i metropoliti di Aleppo Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati di aprile 2013 (e colpisce che la dichiarazione non cita padre Paolo Dall’Oglio, gesuita, anche lui rapito nel 2013, a luglio).
Papa Francesco e Kirill auspicano anche la pace in Medio Oriente, chiedendo “alle parti che possono essere coinvolte nei conflitti perché mostrino buona volontà e siedano al tavolo dei negoziati”, e ancora si sollecita la comunità internazionale “perché faccia ogni sforzo possibile per porre fine al terrorismo con l’aiuto di azioni comuni, congiunte e coordinate”.
Poi, vari temi: il martirio di tanti cristiani, “appartenenti a varie chiese, ma uniti da una comune sofferenza” che “sono un pegno dell’unità dei cristiani”; la necessità del dialogo interreligioso, perché le differenze nella comprensione delle comunità religiose non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia” e i leader religiosi hanno l’impegno “di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso nelle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose”; il valore della libertà religiosa: da una parte, “le catene dell’ateismo sono spezzate”, i Paesi dell’Est vivono in rinnovamento religioso, anche in Russia; ma dall’altro c’è preoccupazione “per la situazione in tanti Paesi in cui i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa”, che si vede in particolare in alcune “società secolarizzate”, la cui trasformazione priva di riferimento a Dio “costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa.
Papa Francesco e Kirill plaudono al progetto dell’Unità europea e chiedono che rispetti le identità religiose; chiedono attenzione per le persone in grave difficoltà; puntano i riflettori sui deboli, perché Dio li ha scelti per confondere i forti.
Il Papa e il Patriarca si quindi rivolgono ai giovani, e li invitano a non avere “paura di andare controcorrente, difendendo la verità di Dio, alla quale odierne norme secolari sono lontane dal conformarsi sempre”.
Infine, il tema dell’Ucraina. Ci si entra attraverso un appello comune all’evangelizzazione, una missione che “comporta il rispetto reciproco per i membri delle comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo,” dato che “non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno”.
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Il Papa e Kirill sottolineano quindi che “non si può quindi accettare l’uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare da una Chiesa ad un’altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni”.
Poi puntano alla riconciliazione “là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi”. “ Oggi – si legge nella dichiarazione - è chiaro che il metodo dell’ 'uniatismo' del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità”. E riprendono la Dichiarazione di Balamand del 1993, sottolineando che “le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.”
Viene deplorato lo scontro in Ucraina, si invitano le chiese a lavorare insieme “a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto”. E viene auspicato “che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi dell’Ucraina vivano nella pace e nell’armonia, e che le comunità cattoliche del Paese vi contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza Cristiana”.
Il riferimento all'uniatismo potrebbe avere qualche risvolto proprio per i Greco Cattolici. I quali avevano deciso sin dal XVI secolo di rimanere legati alla Chiesa Romano Cattolica, erano stati riportati sotto l’Ortodossia Russa dopo lo pseudo-Sinodo di Lviv nel 1946, e che poi erano tornati alla loro identità originaria dopo il crollo del comunismo.
Comunque, i toni della condanna dell’uniatismo sono uguali nei termini a quelli del documento di Balaband del 1993, che segnò una specie di gelo nel mondo ecumenico fino alla dichiarazione di Ravenna del 2007.
Al termine dei 30 punti, viene data una direzione comune: la missione di fornire dei pilastri spirituali in un mondo sempre più secolarizzato.