Non era scontata, la sua fede. Il primo re recente del Belgio non era cattolico, era protestante, e non è che a Palazzo Reale si parlasse così tanto di fede.
Baldovino, dunque, è un cattolico che studia, che approfondisce, e che, soprattutto, vuole partecipare ogni giorno alla Santa Eucarestia.
Si trova ad essere re a 21 anni, dopo l’abdicazione del padre che non vuole essere di intralcio mentre i belgi chiedono quasi tutti il ritorno della monarchia, ed è proprio la fede a sostenerlo, mentre governa un Paese che conosce poco.
Esce spesso da solo, in modo di discreto, e va visitare i moribondi in ospedale, senza alcuna pubblicità.
La fonte della straordinaria umanità di Baldovino risiedeva nella sua devota fede cattolica. Di conseguenza, alcuni lo criticarono per aver confuso trono con altare, anche se doveva essere il sovrano di tutti i belgi. Tuttavia, lo stesso Baldovino desiderava distinguere il dominio privato dai suoi obblighi pubblici. Resta il fatto che la sua fede era conosciuta, traspariva e ispirava tutta la sua azione. Potrebbe essere altrimenti?
Il "segreto" di Re Baldovino, ovvero la sua fede - come lo chiamarono i cardinali Suenens e Danneels dopo la sua morte- lo portò ad un problema di coscienza che segnò il suo regno: l'impossibilità morale, per lui, di firmare la legge che depenalizza parzialmente l'aborto, nel 1990. Questo gesto profondamente ha segnato i belgi e ha suscitato rispetto anche fuori dai nostri confini. Baldovino però distingueva chiaramente le cose: se la sua coscienza gli vietava assolutamente di firmare la legge, fino a considerare l'abdicazione, non voleva in alcun modo ostacolare il processo democratico in atto.
Il Cardinale Godfried Danneels, nella omelia della Messa funebre del 7 agosto 1993, sottolineò: “Ci sono Re che sono più che Re: sono i pastori del loro popolo (...). Questo l'uomo portava dentro di sé un calore, una capacità di ascolto e di empatia difficilmente immaginabili (...) Sì, sull'esempio di Davide, il grande Re della Bibbia, Re Baldovino era il pastore del suo popolo. Prediligeva i piccoli quelli, i poveri, gli abbandonati "(...) Come un buon pastore, non solo ha ascoltato e simpatizzato, ha dato. la sua vita per la propria ."
Ma – sottolinea lo storico di UC Louvain Vincent Dujardin – “quelli che chiudono re Baldovino in una cappella lo conoscono poco. Ha potuto ammirare il cardinale Suenens tanto quanto Papa Giovanni Paolo II. Ha beneficiato dell'appoggio di diversi sacerdoti. È stato vicino all'abbazia di Rochefort, ancor più al Movimento Carismatico, alle monache della Famiglia monastica di Betlemme o della Legione di Maria. Lesse Tommaso Moro, Santa Teresa del Bambino Gesù, Luigi Maria Grignon de Montfort… Senza dimenticare il suo profondo rispetto per le altre religioni, tipico dello spirito del Vaticano II.
Da più di dieci anni, un gruppo su Facebook, “Beatificazione di Re Baldovino”, con 1.400 membri, si batte affinché un giorno l’ex re venga “benedetto”. La missione di questo gruppo era quella di " riunire un certo numero di persone disposte ad impegnarsi a chiedere all'arcivescovo di Malines-Bruxelles di aprire un'inchiesta in vista della beatificazione, e poi della canonizzazione, di re Baldovino ". “Saranno gradite testimonianze che attestino le grazie ottenute per sua intercessione”, precisa il gruppo.
Le prove di santità sono moltissime. A Partire dal miracolo di Fabiola, nato a Lourdes dove monsignor Suenens aveva consigliato il re di andare, mischiandosi in incognito al gruppo di pellegrini.
“Torno appunto da Lourdes: ci ho passato la notte in preghiera nei pressi della Grotta ed ho affidato a Nostra Signora di Lourdes l'incombenza di risolvere il problema del mio matrimonio”. Grazie allo stesso prelato il re entrò in breve tempo in contatto Veronica O’Brien, l’allora direttrice della Legione di Maria, a cui fece pervenire un invito protocollare per il 18 marzo 1960 .
L’udienza sarebbe durata ben cinque ore, e Veronica divenne consigliera del re. Fu lei ad andare in Spagna, trovando Fabiola, una nobile di 32 anni, che non si era ancora sposata. Lei spiegò di non essersi sposata perché “finora non mi sono innamorata. Ho messo la mia vita nelle mani di Dio, e mi abbandono a Lui, forse Egli mi prepara qualcosa”.
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Di lei, Baldovino dirà: “Quel che mi piace di più in lei - dirà Baldovino - è la sua umiltà, la sua fiducia nella Santissima Vergine e la sua trasparenza. [...] So che essa sarà sempre un grande incentivo ad amare sempre più Dio”. Il matrimonio, tuttavia, non portò figli.
La preghiera occupava il primo posto nella composizione dell'orario delle giornate del re. L’appuntamento fisso era la Messa quotidiana e ovunque fosse chiedeva che ci fosse un sacerdote per celebrarla. Non che non avesse vissuto anche i momenti di aridità spirituale: ce ne è testimonianza nei suoi diari.
Dopo aver utilizzato il trucco costituzionale che lo aveva sospeso dalle sue funzioni, la salute di Baldovino deteriorò, subì due interventi chirurgici, di cui uno a cuore aperto, nel 1991 e nel 1992. Si rivolse alla nazione il 21 luglio 1993, prima di andare in Spagna per un periodo di riposo, dove morì il 31 luglio per un attacco cardiaco.
I funerali furono sobri, tra la gratitudine del popolo, che lo accompagnorono nel suo viaggio con scritte “Grazie, maestà” in francese fiammingo e tedesco”.
Al suo funerale, il Cardinale Danneels disse: “Verrà un giorno che la straordinaria dimensione di re Baldovino verrà rivelata. E allora il mondo scoprirà quanto sia stato giusto. Abbiamo perso un re, ma Dio ci ha donato un intercessore. Maestà, pregate per noi”.
Al funerale si alternarono le testimonianze dei molti beneficiati del re, che era molto attento al dramma degli immigrati, i malati di Aids, le vittime della tratta.