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Diplomazia pontificia, il Cardinale Parolin alle Nazioni Unite

L’incontro con il presidente del Vietnam per una nuova fase di relazioni. I bilaterali. I discorsi alle Nazioni Unite

Cardinale Parolin | Il cardinale Pietro Parolin durante un intervento alle Nazioni Unite | Holy See Mission Cardinale Parolin | Il cardinale Pietro Parolin durante un intervento alle Nazioni Unite | Holy See Mission

Una settimana alle Nazioni Unite, per il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. Una settimana durante la quale ha parlato al Summit of the Future (dove anche Papa Francesco sarebbe voluto, pare, andare), ha parlato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha celebrato una Messa alla Chiesa della Santa Famiglia, la cosiddetta “parrocchia delle Nazioni Unite”, e ha avuto vari incontri bilaterali, tra i quali uno, importantissimo, con il Vietnam. Perché il Vietnam è ad un solo passo dalle piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede, perché il Cardinale Parolin sarebbe dovuto andare quest’anno ma le dimissioni improvvise del presidente non ha creato le condizioni politiche favorevoli per il momento.

E così, si va avanti a piccoli passi. In questa settimana, la delegazione della Santa Sede è in Cina per le discussioni annuali sul rinnovo dell’accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi. Per la Segreteria di Stato, partecipa monsignor Stanislaw Wachowski, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. La delegazione è guidata dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, pioniere del dialogo con la Cina, di cui si occupa dall’inizio degli Anni Ottanta.

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Parolin alle Nazioni Unite, “non lasciare nessuno indietro”

È un testo lungo, articolato, complesso quello che il cardinale Pietro Parolin ha pronunciato il 28 settembre alla 79esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Basato sul tema “Non lasciare nessuno indietro”, il Cardinale ha delineato le linee guida diplomatiche della Santa Sede, una summa di tutte le cose che preoccupano e sui quali la diplomazia del Papa lavora. Una diplomazia, ricorda il Cardinale, che da 60 anni ha una presenza alle Nazioni Unite come Osservatore Permanente.

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Il primo tema affrontato da Parolin è “la preoccupante crescita del numero di conflitti mondiali e la severità della loro violenza”, che sono responsabile di una significativa perdita di vite umane e distruzione. La sfida è affrontare in maniera accurata i danni a infrastrutture civili, inclusi luoghi di culto, istituzioni educative, strutture mediche, nonché l’impatto sull’ambiente.

La Santa Sede denuncia che “sembra che 75 anni dopo la ratifica delle Convenzioni di Ginevra, la legge umanitaria è ancora minacciata”, perché le quattro convenzioni che delineano il diritto umanitario “vengono sempre più violate”.

In particolare, il Segretario di Stato vaticano nota che “è evidente che prendere di mira i luoghi di culto, le infrastrutture mediche ed educative e altre infrastrutture civili” è un fenomeno prevalente, che porta non solo alla “perdita di vite tra quanti non sono direttamente coinvolti nel conflitto”, ma anche una “inaccettabile distruzione alle vite quotidiani di molti”.

La Santa Sede chiede dunque di osservare la legge umanitaria internazionale di tutti i conflitti armati, considerando comunque la difficoltà di operare in questo senso quando ci si trova di fronte ad attori non istituzionali e violenti, perché “si stima che ci sono oltre 450 gruppi armati che presentano una minaccia di sicurezza su larga scala”, controllando territori che comprendono 195 milioni di persone – 64 milioni di queste persone sono completamente sotto il controllo dei gruppi in questioni.

La Santa Sede ritiene “imperativo” che questi attori non statali “cerchino un costruttivo impegno con gli Stati, rinuncino alla violenza e agli atti di terrorismo ed entri nella legalità”, mentre gli Stati devono ricordare che questi gruppi operano in illegalità e quindi hanno una responsabilità nell’affrontare le cause alla radice della formazione di questi gruppi.

Il cardinale Parolin ricorda che “in tempi di conflitto, c’è spesso la tendenza a dare priorità alla vittoria militare piuttosto che alla pace”, e questo porta a escalation incontrollate, motivo per cui “la diplomazia deve dimostrare il suo impegno instancabile a cercare, con forza e ingenuità, ogni strada per il negoziato con l’obiettivo di stabilire una pace duratura”.

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Ma per ottenere la pace – ammonisce il Segretario di Stato vaticano – “non basta semplicemente eliminare gli strumenti di guerra”, si devono piuttosto “sradicare le cause alla radice”, a partire dalla fame che continua a colpire “grandi aree del mondo mentre altre sono caratterizzate da un enorme spreco di cibo”. E poi, la povertà, perché “la popolazione globale è soprattutto povera, e in miliardi vivono sotto la soglia di povertà”, ma viene considerato poco più di “un danno collaterale” nei fori economici e sociali, e per questo “la difficile situazione dei poveri resta ampiamente non affrontata”.

Anzi, nota il Cardinale, si è continuato piuttosto a “far crescere le spese militari”, cosa che indica “un deficit di fiducia tra gli Stati”. La richiesta della Santa Sede è quella di condonare i debiti esteri, o ridurli, non per generosità, ma per giustizia, specialmente oggi che ci sono “nuove forme di ingiustizia che riconosciamo sempre più”, e cioè il fatto che “esiste un vero debito ecologico”, in particolare tra il Nord e Sud globale, e che consiste in squilibri commerciali con effetti sull’ambiente e sullo sproporzionato uso di risorse naturali da parte di alcune nazioni in un certo periodo di tempo”.

Questa mancanza di fiducia porta “a un impatto negativo sulle situazioni più vulnerabili”, ma non ci si può rassegnare di fronte al costante flusso di nuove forme di povertà, che sono “proprio tra noi, non solo in alcune parti del mondo”, come dimostra il caso del “fenomeno moderno dei senza tetto”.

Parolin chiede di “cominciare subito a prendersi cura di coloro che possono essere facilmente lasciati indietro”, e questo include la difesa della vita umana, “da proteggere dal concepimento alla morte naturale”, perché la mancanza di questa difesa è “una delle grandi povertà della nostra era”.

La Santa Sede condanna come “deplorevole” anche la pratica della maternità surrogate, la descrive come “basata sullo sfruttamento di situazioni dei bisogni materiali della madre”, ribadisce che “un bambino è sempre un dono e mai può essere alla base di un contratto commerciale”, e dunque chiede un bando universale della maternità surrogata.

Il segretario di Stato vaticano sottolinea anche che c’è bisogno di mantenere i valori tradizionali e le specificità uomo-donna proprio perché tutti godano di eguale dignità, e perché l’essere donna, fiorendo in maternità, possa avere una “mutua reciprocità nella vita famiglia e nella partecipazione alla vita politica, sociale ed economica”.

Il Cardinale Parolin chiede anche “migliore qualità di vita” per i malati, e mette in luce la preoccupazione per il fatto che “specialmente in occidente ci si trova di fronte a una continua diffusione di una cultura di morte, che, nel nome di una falsa compassione, scarta bambini, vecchi e malati”.

Capitolo migranti: le persone in cerca di rifugio – afferma il Cardinale – “non devono essere respinti o trattati in maniera ingiusta”, ma piuttosto “accolti con rispetto e senso di responsabilità per assicurare il loro diritto di vivere con dignità”.

La Santa Sede chiede di dare accesso a sicurezza, lavoro ed educazione ai rifugiati di guerra, condanna il traffico di esseri umani perché “restringe la libertà delle persone e le trasforma in oggetti da essere usati e scartati”, e lo può fare usando “le ingiustizie e ineguaglianze che forzano milioni di persone di vivere i condizioni vulnerabili”, considerando che “la tratta cresce a un ritmo allarmante, colpendo soprattutto rifugiati e migranti, donne e bambin e giovani”.

Si tratta – aggiunge Parolin – di una pratica “illegale e disumanizzante” che “deve essere fermata” e i trafficanti devono essere “consegnati alla giustizia”.

Quindi, il tema della Speranza, da dare alle vittime di tratta, ma anche ai carcerati – con amnistie o grazie perché ritrovino la fiducia in loro stessi. E poi, il cambiamento climatico, che colpisce solo “le nazioni più povere” pur contribuendo al minimo al fenomeno”, e che necessità impegni da parte di tutti.

Il cardinale Parolin parla anche di opportunità e rischi dati dalle nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale che ha prospettive eccitanti e preoccupanti al tempo stesso, anche perché lo sviluppo dimostra sempre più una divisione sociale su questioni centrali, con una divergenza di opinioni che però non portano ad una “comune consapevolezza di cosa significhi essere davvero umano”, perché “sempre che il valore della persona umana venga sostituito da una macchina che lavora su un algoritmo”.

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C’è dunque “un bisogno di assicurare e salvaguardare uno spazio per un appropriato controllo umano sulle scelte poste dall’intelligenza artificiale”, specialmente per quanto riguarda il suo uso militare. Ci vuole “un impegno efficace e concreto a introdurre un controllo umano ancora più ampio”, perché “nessuna macchina dovrebbe mai scegliere di prendere la vita di un essere umano”. Per questo, la Santa Sede chiede una cornice legale vincolante etica e regolatoria, che riguardi sia gli usi militari che quelli non militari, e ribadisce la richiesta di una moratoria nell’uso della cosiddette LAWS (Armi Autonome Letali) per via delle loro enormi implicazioni etiche ed umanitarie.

Sempre guardando alle questioni delle armi, la Santa Sede reitera il fatto che “un mondo libero dalle armi nucleari è sia necessario che possibile”, perché non si può mantenere la presenza di ordigni nucleari in un sistema di sicurezza collettiva. Inoltre, è evidente che “gli attuali trattati del disarmo non sono mere obbligazioni legali”, ma includono varie altre considerazioni e costituiscono “impegni morali basati sulla fiducia tra gli Stati e i loro rappresentanti”.

La Santa Sede fa ancora un appello per “un disarmo completo e totale”, per superare quella che Papa Francesco chiama “terza guerra mondiale a pezzi.

Il Cardinale Parolin guarda alla tragedia della guerra russa in Ucraina, che “ci mette nella situazione di dover prevenire una ulteriore escalation e di creare un percorso verso risoluzioni giuste e pacifiche”, incoraggiando “gesti di buona volontà e spazi di dialogo diretto tra le parti coinvolte”.

Anche il Medio Oriente è fonte di preoccupazione della Santa Sede, in particolare a seguito degli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023, e sottolinea che la risposta di Israele, con il suo numero di vittime, solleva varie questioni rispetto la sua proporzionalità. Per questo “la Santa Sede chiede un cessate il fuoco immediato a Gaza, nella West Bank, e il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza”, e ritiene urgente “garantire assistenza umanitaria alla popolazione palestinese”.

Inoltre, la Santa Sede condanna gli attacchi “alle agenzie umanitarie ONU, e in particolare all’UNRWA”, e riafferma che l’unica soluzione possibile è quella di due Stati indipendenti e Gerusalemme come città a statuto speciale, chiedendo “ai due Stati di abbandonare entrambi tutte le forme di violenza, coercizione, e azioni unilaterali, come le colonie israeliane nei territori palestinesi”.

In particolare, la Santa Sede si dice preoccupata dalle discriminazioni e molestie che hanno avuto luogo a Gerusalemme “mettendo a rischio la pacifica coesistenza di cristiani, ebrei e musulmani”, e condanna tutti gli atti anti-cristiani perpetuati mesi fa da una “minoranza di ebrei” chiedendo alle autorità di continuare a rispondere a questa deviazione ideologica”.

Parolin chiede di proteggere la presenza di Cristiani a Gerusalemme e di condannare ogni tentativo di diminuire la loro presenza.

Capitolo Libano: anche qui, la Santa Sede è preoccupata, specialmente dell’intensificazione del conflitto tra Hezbollah e l’esercito israeliano che “sta avendo un significativo impatto sulla situazione nel Sud del Libano e nel Nord di Israele”, e che ha portato a diversi sfollati. Per questo, la Santa Sede chiede a tutte le parti di “aderire ai principi della legge umanitaria internazionale  fermare l’escalation, cominciando un cessate il fuoco”. In particolare, Parolin mostra preoccupazione per l’inerzia del Libano che non riesce ad eleggere un presidente, ma anche della mancanza di una “robusta voce cristiana”, e ricorda che il Libano “svolge un ruolo centrale nel mantenere una stabilità regionale” e per questo va aiutato a portare avanti la sua coesistenza pacifica.

Muovendosi ancora nella panoramica della regione, il Cardinale Parolin guarda alla Siria, chiede alla comunità internazionale di fare di più per supportarla, chiede “nuovi approcci alla questione siriana”.

Quindi, uno sguardo al Sud Sudan, e in particolare alla crisi della carestia nel Paese ora confermata nella regione del Nord Darfur, che ha mostrato anche l’insufficienza dei donatori internazionali.

La Santa Sede chiede di non dimenticare il Sud Sudan, ma neanche la situazione in Cabo Delgado in Mozambico, dove il conflitto ha creato 950 mila sfollati e dove c’è bisogno di “un maggiore aiuto umanitario”, così come ce n’è bisogno nella Repubblica Democratica del Congo, e in particolare in Nord Kivu e Sud Kivu, colpiti anche dalla fine della missione ONU della MONUSCO alla fine dell’anno, che “probabilmente creerà un vuoto di sicurezza”, mentre “i processi di pace di Nairobi e Lwanda hanno perso rilevanza e attenzione”.

La Santa Sede chiede di continuare a supportare gli sforzi diplomatici. E guarda anche ai conflitti che colpiscono Sud Sudan e Sudan, chiede alla comunità internazionale di mostrare “una rinnovata e urgente solidarietà con la popolazione” che già vive in ristrettezze economiche, e chiede ai leader di mettere il benessere della popolazione al primo posto.

Parolin parla anche della diffusione della minacce jihadiste nel Golfo di Guinea, che “crea preoccupazione per la sicurezza non solo in Sahel, ma in tutta l’Africa occidentale”, laddove i cristiani sono attaccati in un momento in cui “il cambiamento climatico e la crisi alimentare portano persino i bambini a lasciare la scuola”.

Quindi, la situazione di Haiti: anche qui la Santa sede chiede il supporto della comunità internazionale per “fermare la violenza” e portare riconciliazione; quella del Myanmar, recente esacerbata dalla crescita del conflitto armato, con conseguenze anche su poveri, anziani, Rohingya che sono presi di mira da tutti e non hanno un posto dove stare.

Una attenzione particolare c’è per il Nicaragua, soprattutto “per le misure prese contro personale e istituzione della Chiesa che colpiscono direttamente la libertà religiosa”.

Le elezioni presidenziali del Venezuela hanno invece “dimostrato che il popolo venezuelano continua a porre fiducia nei valori democratici della costituzione”; che si basano sulla “sovranità del popolo” – parole che ricordano quelle dei vescovi, che non hanno mancato di criticare il processo elettorale, e che si definiscono nella crisi che è seguito all’annuncio dei risultati che ha portato morti, detenzioni violenze. La Santa Sede chiede a tutte le comunità di “rispettare e proteggere la vita, dignità, diritti umani e libertà fondamentali dei cittadini”.

La Santa Sede incoraggia anche il dialogo tra Armenia e Azerbaijan, che stanno avendo luogo dopo la pace dolorosa per l’Armenia che ha dato all’Azerbaijan il controllo del Nagorno Karabakh e delle sue molte vestigia cristiane.

Parolin sottolinea che la Santa Sede sostiene anche il possibile allargamento dell’UE ai Paesi dei Balcani, e mette in luce che “è importante che le differenze etniche, culturali e confessionali non siano causa di divisione, ma divengano una risorsa di ricchezza”.

In sintesi, c’è bisogno di sostenere la pace nelle società, e si può fare con la democrazia, che “non è solo questione di una formale osservanza di una serie di regole”, ma di una “impegnata accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche”, che includono “la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti umani e un impegno per il bene comune”.

Senza un consenso generale di questi valori – ammonisce Parolin “può diventare difficile abbracciare pienamente il significato più profondo della democrazia e assicurarne la stabilità”.

E la democrazia si fonda “invariabilmente sulla libertà di espressione” e il rispetto della volontà del Popolo, cosa che porta preoccupazione riguardo “la tendenza di alterare la costituzione o di modificare le regole elettorali e le procedure per rimanere in potere o per impedire a quanti siano stati legittimamente eletti di assumere il potere”.

In fondo, sottolinea Parolin, il valore della democrazia “non è un valore inerente”, ma è contingente alla legge morale.

In questo senso, la Santa Sede non può non condannare i tentativi degli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti “che non sono né consistenti con quelli originalmente definiti né accettabili” e che hanno portato a “colonizzazioni ideologiche”, in particolare da parte della teoria del gender, definita “estremamente pericolosa perché cancella le differenze nella pretesa di fare tutti uguali”.

Sono istanze che provocano “divisioni tra gli Stati”, e nemmeno generano “la necessaria armonia tra uomini e donne.

Una menzione particolare riguarda la libertà religiosa, che sembra la comunità internazionale non riesca a difendere.

“La Santa Sede – afferma il Cardinale Parolin - sottolinea sempre l'importanza di riconoscere la dimensione pubblica della libertà religiosa, rispettando al contempo la legittima autonomia e la laicità dello Stato, costruite su un sano dialogo tra lo Stato e le comunità religiose, che non sono rivali ma partner”.

Il Segretario di Stato aggiunge che “è motivo di preoccupazione che, secondo alcune stime, quasi 4,9 miliardi di persone vivano in Paesi in cui si verificano gravi o gravissime violazioni della libertà religiosa”, e ricorda che  “si stima che almeno sette cittadini su dieci nel mondo siano attualmente impediti o danneggiati nell'esercizio dei loro diritti in materia di coscienza”, ementre nota che i cristiani sono i più vulnerabili, dato che “circa un cristiano su sette (oltre 365 milioni di individui) è soggetto a significativi livelli di persecuzione per motivi religiosi”, mentre “il numero di attacchi alle chiese e alle proprietà cristiane è aumentato notevolmente nel 2023, con un numero di cristiani che ha subito attacchi violenti più che mai”, e “numerosi cristiani vengono privati ​​del loro diritto all'obiezione di coscienza e alla libertà di espressione e di protesta pacifica”.

La Santa Sede mette in luce che “è importante sottolineare l'importanza dell'aspetto istituzionale della libertà religiosa, che comporta il diritto di ciascuna confessione religiosa di organizzarsi liberamente secondo i propri statuti”.

Il cardinale Parolin chiede poi una riforma delle Nazioni Unite per “recuperare le radici, lo spirito e i valori che hanno dato origine a questa organizzazione, tenendo conto del mutato contesto e tenendo conto di quanti non si sentono adeguatamente rappresentati dalle sue strutture”.

La prima riforma è quella di un dialogo sincero e aperto, perché “c’è il rischio di una ‘monadologia’ e di una scissione in ‘club’ che ammettono solo Stati ritenuti ideologicamente compatibil”, tanto che. “perfino le agenzie dedite al bene comune e alle questioni tecniche, che finora si sono dimostrate efficaci, rischiano la paralisi a causa della polarizzazione ideologica e della strumentalizzazione da parte dei singoli Stati”.

Insomma, “è evidente che senza dialogo e confronto aperto di prospettive, anche quando ci sono divergenze, non si può raggiungere consenso e accordo. Invece, c'è il rischio che pochi eletti impongano le loro idee e politiche agli altri”.

Cardinale Parolin, l’incontro con il presidente del Vietnam Tô Lâm

Dopo le dimissioni del presidente vietnamita Vo Van Thuong, che aveva visitato il Vaticano e aveva dato il via ad una nuova stagione di relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Hanoi con lo stabilimento di un ufficio di rappresentante residente della Santa Sede in Vietnam, c’era incertezza sulla stabilità politica del Paese. Era prevista una visita del Cardinale Pietro Parolin, la cui organizzazione era stata sospesa proprio per via della instabilità politica.

Lo scorso maggio è stato nominato dal Partico Comunista Tô Lâm come presidente. Il 25 settembre questi si è incontrato con il Cardinale Parolin a margine del Summit of the Future alle Nazioni Unite di New York, rilanciando il dialogo tra Vietnam e Vaticano.

Secondo un comunicato della presidenza vietnamita, le due parti hanno parlato dei positivi progressi nelle relazioni tra Vietnam e Vaticano, specialmente della nomina del rappresentante pontificio residente in Vietnam.

Il presidente ha ringraziato Papa Francesco per la sua vicinanza e incoraggiamento per il popolo del Vietnam a seguito del devastante tifone Yagi, che ha causato circa 2 miliardi di danni.

Tô Lâm ha riconosciuto e ampiamente apprezzato l’affetto verso il Vietnam espresso da Papa Francesco e dal Cardinale Pietro Parolin, e ha affermato che il Vietnam ha creato condizioni davorevoli per le visite pastorali dell’attuale rappresentante residente e dal rappresentante non residente nel periodo passato.

Il cardinale Parolin ha detto di avere un bel ricordo del Vietnam e ha ricordato che la Chiesa Cattolica in Vietnam è impegnata a supportare lo sviluppo del Paese, e che il rappresentante residente è cooperato attivamente con il Vietnam.

Il segretario di Stato vaticano ha anche affermato che il Papa desidera visitare il Vietnam per migliorare le relazioni diplomatiche.

Entrambe le parti hanno sottolineato l’importanza di mantenere lo scambio di delegazioni di alto livello – ci sono stati finora undici incontri – e di continuare l’incontro del gruppo di lavoro congiunto per promuovere il rispetto e la comprensione mutua.

Parolin al Summit for the Future, l’incontro con il segretario generale del Consiglio Islamico degli Anziani

Il 25 settembre, a margine del Summit of the Future delle Nazioni Unite, il Cardinale Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha incontrato il segretario generale del Consiglio Islamico degli Anziani Mohamed Abdelsalam. Ne dà notizia in un comunicato lo stesso consiglio.

Abdelsalam ha avviato da tempo un dialogo con la Santa Sede, sin dai tempi della dichiarazione di Abu Dhabi sulla Fraternità Umana, ed è stato tra coloro che hanno presentato l’enciclica di Papa Francesco Fratelli Tutti.

Secondo il comunicato del Consiglio, Parolin e Abdelsalam hanno discusso e relazioni bilaterali e iniziative congiunte con l’obiettivo di promuovere e rafforzare i valori del dialogo, tolleranza, coesistenza e pace.

Il comunicato sottolinea che Abdelsalam ha “enfatizzato il ruolo importante che i leader e le figure religiose giocano nell’affrontare le sfide globali”, e ha sottolineato come il padiglione della Fede che sarà installato al COP 29 in Azerbaijan è “una continuazione del successo del padiglione della Fede del COP28 a Dubai”.

Le COP sono le Conferenze delle Parti delle Nazioni Unite sul tema del clima, arrivate ora alla 29esima edizione. Lo scorso anno, Papa Francesco aveva annunciato la partecipazione al COP28 di Dubai, salvo poi dover rinunciare per ragioni di salute.

Il padiglione della fede ha l’obiettivo di rendere visibile la partecipazione di leader e figure religiose nelle azioni per contrastare il cambiamento climatico.

Abdelsalam ha anche mostrato apprezzamento per la visita di Papa Francesco in Indonesia, la nazione con la più grande popolazione islamica del mondo, perché questa avrebbe incarnato “lo spirito di tolleranza e coesistenza pacifica tra le religioni”, e ha “inviato un messaggio significativo riguardo il bisogno di sforzi concertati su un tema cruciale che riguarda l’intera umanità”.

Da parte sua, il Cardinale Parolin avrebbe detto che “le religioni possono giocare un ruolo centrare nello stimolare una consapevolezza ambientale globale e incoraggiare un impegno positivo della comunità”.

Il cardinale Parolin ha anche messo in luce l’importanza del Documento sulla Fraternità Umana firmato da Papa Francesco e il grande imam di al Azhar Ahmed al Tayib nel 2019, così come le iniziative successive alla firma, come il premio Zayed per la Fraternità Umana e la Abrahamic Fraternity House, il luogo ad Abu Dhabi dove sorgono una moschea, una chiesa cattolica e una sinagoga.

Iniziative, ha detto il Segretario di Stato vaticano, “che richiedono sforzi continui e diligenti per costruire sull’eredità che hanno stabilito nel promuovere il dialogo globale, la pace, la comprensione e il rispetto tra diverse culture e religioni”.

Santa Sede all’ONU, Parolin incontra il ministro degli Esteri bielorusso

Il 25 settembre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha incontrato il ministro degli Esteri del Belarus Maxim Ryzhenkov. In un post su X, il ministero degli Esteri di Minsk ha reso noto che durante l’incontro “sono stati discussi temi pressanti della relazione bilaterale ela situazione nella regione eurasiatica”.

Le relazioni tra Belarus e Santa Sede erano tesissime nel 2021, quando il presidente Lukashenko non apprezzò la posizione dei vescovi in favore dei manifestanti che ne contestavano l’elezione, e addirittura arrivò a parlare di volere una Chiesa autoctona del Belarus. L’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, che allora amministrava Minsk, fu impedito di rientrare in Bielorussia dopo un viaggio in Polonia, e l’esilio durò qualche mese fino alla normalizzazione dei rapporti per il Natale e in vista del 75esimo compleanno dell’arcivescovo, del quale il Papa accettò subito la rinuncia per ingravescentem aetatem.

Il cardinale Parolin incontra le famiglie degli ostaggi israeliani

Il 25 settembre, a margine del Summit of the Future delle Nazioni Unite, il Cardinale Parolin, Segretario di Stato vaticano ha incontrato le famiglie degli ostaggi in mano ad Hamas dopo il drammatico attacco del 7 ottobre 2023. Le famiglie sono arrivate per portare la loro testimonianza all’Assemblea Generale.

Secondo un post su X dell’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, è “importante continuare a far crescere consapevolezza sui nostri ostaggi finché ognuno di loro sarà tornato a casa”.

Il Cardinale Parolin incontra l’amministratore delegato dell’American Jewish Committee

Ted Deutch, amministratore delegato dell’American Jewish Committe, ha avuto lo scorso 25 settembre un incontro con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano.. in una dichiarazione, Detuch ha scritto che l’incontro “è stata una opoprtunità di ringraziare Sua Eminenza per la ripetuta richiesta del Vaticano di liberare gli ostaggi e supportare le loro famiglie”.

Deutch ha detto che è stata anche “espressa gratitudine per la forte condanna dell’antisemitismo da parte della Chiesa cattolica” e che si è “pensato insieme riguardo il futuro e le prospettive di pace nella regione”

Il cardinale Parolin incontra il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita

Il principe Faisal bin Farhan si è incontrato con il Cardinale Pietro Parolin a margine della 79esima assemblea generale delle Nazioni Unite.

Secondo una nota saudita, “l’incontro ha analizzato gli sviluppi regionali e internazionali, e gli sforzi fatti per stabilire le fondazioni della pace internazionale e della povertà”.

La Santa Sede a New York, Parolin al Summit of the Future

Lo scorso 23 settembre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha partecipato al Summit of the Future alle nazioni Unite. Era stata anche diffusa l’ipotesi che il Papa in persona potesse partecipare al summit, fortemente voluto dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

Il Cardinale Parolin ha sottolineato che il Summit del Futuro è una ragione di speranza, e ha rimarcato che il futuro dovrebbe essere costruito sulla fondazione di principi, inclusa la dignità inerente e data da Dio di ogni essere umano, la promozione dello sviluppo umano integrale, l’eguaglianza e sovrana dignità di tutte le nazioni, e lo stabilimento di fiducia tra loro.

Il Segretario di Stato vaticano ha messo in luce tre temi.

Prima di tutto ha sottolineato che sradicare la povertà debba continuare ad essere l’obiettivo primario di tutti gli sforzi futuri. In secondo luogo, la ricerca della pace, che richiede il disarmo generale, con un focus particolare sulla eliminazione totale dele armi nucleari.

Infine, considerando gli ultimi avanzamenti tecnologici dell’intelligenza artificiale, il Cardinale – come già l’arcivescovo Gallagher all’assemblea generale 2023 – ha chiesto una cornice regolatoria per l’etica dell’Intelligenza Artificiale.

La Santa Sede ha anche messo in luce alcune riserve riguardo il Patto per il Futuro e i suoi Annexes (i documenti annessi al patto) – le riserve riguardano l’uso di una terminologia che spesso non è universalmente riconosciuta, e l’inclusione dei cosiddetti “nuovi diritti”. Infine, il Cardinale Parolin ha sottolineato anche la necessità di un dialogo genuino, particolarmente alla luce dei conflitti che sono presenti oggi nel mondo”.

La Santa Sede a New York, sulla resistenza antibiotica

Il 26 settembre, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, ha parlato durante la plenaria dell’incontro di alto livello sulla Resistenza Antimicrobica.

Il cardinale Parolin ha sottolineato i seri rischi posti dalla resistenza antimicrobica e il bisogno di una risposta multisectoriale per proteggere la salute umana.

A questo proposito, ha ribadito l’appello di Papa Francesco per una ecologia integrale inseparabile del bene comune,

Secondo la Santa Sede, la prevenzione delle malattie infettive è cruciale, incluso lo sviluppo dei vaccini e la promozione di pratiche di igiene. Il Cardinale Parolin ha anche messo in luce la necessità di affrontare le difficoltà dei poveri, inclusa la mancanza di accesso al sistema sanitario e alle pratiche igieniche, che li rende vulnerabili alle infezioni e contribuisce alla diffusione della resistenza agli antibiotici.

La Santa Sede a New York, la totale eliminazione delle armi nucleari

Il 26 settembre, il Cardinale Pietro Parolin ha partecipato all’incontro di Alto Livello per Commemorare la Giornata Internazionale per la Totale Eliminazione delle Armi Nucleari.

Nel suo intervento, il cardinale Parolin ha riaffermato la condanna della Santa Sede per l’uso o minaccia di uso delle armi nucleari. Ha espresso grave preoccupazione per l’attuale condizione degli affari globali, mostrandosi contrariato dal fatto che gli Stati stanno piuttosto rafforzando i loro arsenali nucleari. Ha chiesto a tutti gli Stati di aderire al Trattato per la Proibizione di Armi Nucleari e li ha incoraggiati a rinnovare il loro impegno per il disarmo.

La Santa Sede a New York, la questione del livello dei mari

Il 25 settembre, il Cardinale Parolin ha preso la parola durante un momento dell’incontro plenario di Alto Livello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che affrontava il tema “Affrontare le minacce posta dalla crescita del livello del mare”.
Il Segretario di Stato vaticano ha messo in luce i cattivi effetti del cambiamento climatico, e in particolare il contributo che dà alla crescita dei livelli del mare. Il cardinale ha notato che la crescita del livello del mare colpisce in maniera sproporzionata i poveri, che sono più vulnerabili. Ha chiesto a tutti gli Stati, specialmente quelli più ricchi, di agire più urgentemente con uno spirito di solidarietà, compassione e giustizia.

                                               FOCUS MEDIO ORIENTE

Medio Oriente, il Cardinale Pizzaballa parla di un cessate il fuoco è lontano

Il Cardinale Pierbattista Pizzaballa è intervenuto lo scorso 23 settembre alla tavola rotonda “La pace è possibile? La crisi del Medio Oriente”, organizzato dalla Chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma nell’ambito della festa di San Pio di Pietrelcina.

Il cardinale Pizzaballa ha parlato della situazione tra Israele e Libano, con un fronte a Nord che “è sempre stato caldo”, ma che ora è tornato alla situazione del 2006 quando “c’era stato l’ingresso dell’esercito israeliano in Libano”, anche perché il conflitto ha portato ad una intensificazione degli attacchi di Hezbollah contro Israele.

Il cardinale ha parlato di una nuova fase “di maggiore intensità”, che era iniziata ancora prima della cosiddetta operazione del cercapersone, ed “è molto difficile capire quali siano le reali intenzioni degli uni e degli altri”.

Soprattutto, il cardinale ha parlato di un sentimento di odio che si è venuto a creare a Gaza, che rende difficile anche parlare di una operazione di pace. A Gaza, i cristiani sulla striscia, racconta il Patriarca latino di Gerusalemme, si trovano paradossalmente in una situazione “privilegiata” perché sono “accampati nelle chiese”, hanno una cucina comune dove si possono preparare due volte alla settimana pasti poi compensati con gli aiuti umanitari, sebbene ci sono vari problemi in termine di igiene”.

Il negoziato, facilitato da Egitto, Qatar, Stati Uniti, c’è “da tempo, ma non funziona”, e tuttavia serve continuare a lavorare perché “qualsiasi cosa che possa portare un briciolo di fiducia è qualcosa di grande”.

Certo, gli eventi del 7 ottobre, di cui si avvicina il primo anniversario, erano “inaspettati”, e anzi sembrava la situazione in Medio Oriente si stesse stabilizzando, ma ora c’è ancora lo shock. Pizzaballa invita a non confondere “la parola pace con soluzione”, anche perché “in questi termini, non ha molto senso parlarne. Al momento in Israele si vuole vincere e la pace al momento non è la vittoria. Questo è uno dei grandi equivoci e non solo in Terra Santa”.

Il cardinale sottolinea che la pace è comunque possibile che “è una scelta”, sebbene non ci sia una pace politica e le istituzioni siano paralizzate”.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede alla FAO, un evento in occasione della Giornata dell’Alimentaiazione

La missione della Santa Sede alla FAO, insieme al Forum  Roma che riunisce le organizzazioni non governative di ispirazione cattolica, sponsorizza il prossimo 10 ottobre un seminario su “Diritto al cibo per una vita e un futuro migliore”. Il seminario è organizzato in vista della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2024.

Nel concept del’ seminario, viene sottolineato che “purtroppo, viviamo in un’epoca colma di

contraddizioni: se, da un lato, il mondo si trova ad affrontare molteplici crisi alimentari in diverse

aree del Pianeta, dall’altro assistiamo ad uno spreco spropositato ed al consumo eccessivo di

alimenti per altri fini”.

La Santa Sede sostiene che “per garantire la pace e lo sviluppo, inteso come miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni che patiscono fame, guerra e povertà, sono necessarie non soltanto le dichiarazioni solenni, ma soprattutto azioni concrete”.

Obiettivo dell’incontro è quello di riflettere su un punto di vista integrale che consenta di elaborare le giuste soluzioni per correggere gli squilibri presenti nel modello di alimentazione attuale”, basandosi sulla ecologia integrale, questione che “risulta cruciale per affrontare le sfide locali in maniera sistemica”.

L’invito è quello a “a ripensare e rinnovare i nostri sistemi alimentari, in una prospettiva solidale, superando la logica dello sfruttamento selvaggio del creato e orientando meglio il nostro impegno a coltivare e custodire l’ambiente e le sue risorse, per garantire la sicurezza alimentare e per camminare verso una nutrizione sufficiente e sana per tutti”.

La Santa Sede a Ginevra, il ruolo della famiglia nei diritti umani

Il 25 settembre, la Santa Sede ha preso la parola durante la 57esima sessione del Consiglio dei Diritti Umani, nella discussione riguardante gli obblighi degli Stati sul ruolo della famiglia nel supportare i diritti umani dei suoi membri.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore della Santa Sede presso gli Organismi Internazionali a Ginevra, ha ricordato che la famiglia è riconosciuta dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani come la cellula fondamentale della società che ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato, e ribadito che la Santa Sede ha “regolarmente enfatizzato che il futuro dell’umanità passa dalla famiglia”.

La famiglia, infatti, è guidata dal principio del dono gratuito, così che i membri della famiglia “si supportano l’uno con l’altro” e servono come “una scuola di umanità ancora più profonda”, sostenendo in maniera vitale i diritti umani dei suoi membri”.

Per questo, la Santa Sede ritiene necessario di “sviluppare politiche sociali, economiche e culturali orientate verso la famiglia, sia a livello locale che internazionale”.

Tra queste politiche, ci devono essere “le misure promuovere l’istituzione del matrimonio e supportare la famiglia, per proteggere la vita, per armonizzare lavoro e famiglia, per sostenere i genitori nel loro ruolo come educatori primari dei loro bambini”.

La Santa Sede lamenta che “al giorno d’oggi, un numero considerevole di coppie decide di non avere figli”, e questo ha un “impatto significativo a detrimento della vitalità e della coesione delle società, con il potere di colpire anche la stabilità dei sistemi di welfare e dell’economia”.

Balestrero mette in luce anche la preoccupazione della Santa Sede perché “la famiglia è sempre più sottovalutata e denigrata nei forum internazionali”. L’idea che “gli individui, e non le famiglie, sono destinatari di diritti” – denuncia il nunzio – “è spesso vergognosamente usata come giustificazione per minimizzare o rifiutare il linguaggio o le iniziative che cercano di proteggere e promuovere la famiglia come bene comune fondamentale”.

La famiglia, aggiunge l’osservatore della Santa Sede – è “la prima società e un posto privilegiato per ricevere educazione e formazione e contribuire alla vita sociale”, e così è “assolutamente fondamentale per la realizzazione e il godimento dei diritti umani di tutti”.

Inoltre, la famiglia “è spesso il più forte avvocato e supporter dei più vulnerabili nella società: i non nati, i bambini, gli anziani e le persone con disabilità”.

Gallagher a Varsavia, il tema della libertà di coscienza

Il 24 settembre, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, è stato a Varsavia, e ha tenuto una relazione su “Libertà di coscienza e religione nel contesto della Dottrina Sociale della Chiesa”, nell’ambito della conferenza su “Libertà di coscienza e religione in uno Stato democratico”. Gallagher era stato invitato dalla presidente del Senato Małgorzata Kidawa-Błońska.

Dopo aver compiuto una panoramica sulla questione della libertà di coscienza affrontata negli ultimi 60 anni da diversi documenti del magistero – dalla Pacem In Terris di Giovanni XXIII alla Fratelli Tutti di Papa Francesco, il “ministro degli Esteri” vaticano ha notato che il magistero “continua a sottolineare che la libertà religiosa implica la capacità di esercitare, senza coercizione e senza minaccia di persecuzione, le proprie convinzioni religiose, sia in privato che in pubblico”, ma va riconosciuto anche che a libertà religiosa è anche libertà di cercare la verità.

L’arcivescovo Gallagher ha affermato che siamo creati “per conoscere e scegliere il bene, ciascuno secondo la propria coscienza”, e senza che ci sia questo fine “non possiamo sperare di trovare altro che una società in crisi, con ciascuno di noi incapace di abbracciare qualcun altro, se non se stesso”.

Nel suo intervento, il “ministro degli Esteri” vaticano ha messo in guardia dal pericolo di “esaltare la libertà, al punto che essa diventa un assoluto”, come succede in molti fora, in particolare nel web, dove il valore della libertà di espressione, di coscienza e religione è spesso vantata come una totale libertà di scelta”, ma senza il suo legame “con la verità universale riguardante il bene e il male”.

Da questa concezione limitata ci si trova di fronte ad una “comprensione limitata della libertà religiosa”, ostacolando il raggiungimento “del pluralismo autentico e della ricerca della verità oggettiva”.

In particolare, Gallagher ha lamentato che anche negli Stati occidentali, pure orgogliosi della loro democrazia, non è raro che “ le autorità civili neghino o limitino tutte le forme di propaganda o promozione religiosa, sotto il pretesto di mantenere la neutralità, la laicità o la separazione tra Chiesa e Stato”, dimenticando che quei principi “furono stabiliti come un modo per garantire la libertà religiosa per tutti!”.

L’arcivescovo sottolinea che è “falso” pensare che uno Stato laico debba “neutralizzare la religiosità o emarginare le espressioni pubbliche della religione”, e che quando lo fa attua un “secolarismo malsano” che è simile al fondamentalismo religioso. Lo scriveva Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, sottolineando che sia fondamentalismo religioso che secolarismo “rappresentano forme estreme di rifiuto del pluralismo legittimo e del principio di laicità”.

Invece, lo Stato laico “dovrebbe riconoscere e attuare quei valori fondamentali che una società ha ereditato dalla sua tradizione religiosa”, apprezzando “il contributo etico della religione nella sfera politica e nella promozione del bene comune”.

Gallagher ha poi ricordato che per Papa Francesco la libertà religiosa “è una difesa contro il totalitarismo e un contributo decisivo alla fraternità umana”.

                                               FOCUS BELGIO - LUSSEMBURGO

Papa Francesco in Belgio e Lussemburgo, i temi del viaggio

Tra i momenti più interessanti del viaggio di Papa Francesco in Belgio, il discorso del re del Belgio Philippe, che ha fatto un chiaro riferimento al dramma degli abusi sessuali e delle adozioni forzate. Papa Francesco ha parlato delle adozioni forzate nel suo discorso alle autorità, e ha fatto cenno agli abusi, ma dal re non sono arrivate parole di critica, ma piuttosto un incoraggiamento alla Chiesa ad andare avanti nel cammino percorso.

Sono parole importanti, che forse riparano uno strappo che c’è stato in questi anni sul tema degli abusi, con ripetute invasioni di sovranità da entrambe le parti. Sul caso Vangheluwe, per esempio, il ministro della Giustizia si era detto disponibile a fornire le carte giudiziarie alla nunziatura apostolica, andando oltre il principio di separazione tra Chiesa e Stato. E sul caso abusi, come dimenticare la spettacolare operazione della polizia nella Conferenza Episcopale Belga e nella cattedrale a scoperchiare le tombe degli arcivescovi defunti nell’ambito della Operazione Calice nel 2011?

Il viaggio in Belgio era principalmente un viaggio per il Belgio, ma Papa Francesco ha inserito nei discorsi, anche in Lussemburgo, molti riferimenti ai valori europei, in particolare alla riscoperta delle radici dell’Unione Europea e nella necessità di superare la logica del conflitto per arrivare ad una logica di pace.

In un’intervista concessa ai media vaticani prima del viaggio, il Cardinale Parolin aveva anticipato che il Papa avrebbe richiamato ai valori europei. “Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale – ha detto il Segretario di Stato vaticano - i popoli europei erano sfiniti. I trent’anni precedenti  erano stati così carichi di sciagure e sofferenze, da renderli risoluti e audaci nella costruzione di un nuovo ordine, capace di evitare il risorgere dei nazionalismi esasperati che avevano causato i conflitti. Ora, al contrario, in Europa si è un po’ perduta la memoria delle immani sciagure del passato e perciò aumenta il rischio di ricadere nei tragici errori di allora”.

Il cardinale aveva inoltre auspicato “che la visita del Santo Padre sia un’occasione preziosa affinché l’Europa riscopra i suoi valori fondativi. Mentre nel 1945 i popoli europei erano lanciati verso il futuro, che non potevano che immaginare migliore del passato, oggi essi sembrano pensare al futuro come un tempo del tutto incognito o addirittura peggiore del recente passato. Questo modo di pensare influisce sulla stessa capacità di apertura alla vita e diffonde un clima di rassegnazione dove non alberga la speranza”.

Ma – ha concluso Parolin - il Santo Padre invece è pellegrino di speranza. Egli desidera che l’Europa riscopra le ragioni che furono alla base della sua costruzione, in modo che sappia affrontare ogni questione, anche quelle di carattere economico o quella migratoria, in uno spirito lungimirante di solidarietà, ritrovando il coraggio di aprirsi al futuro e di sconfiggere “l’inverno demografico”.

                                                           FOCUS CINA

Una delegazione vaticana in Cina

Non ci sono informazioni ufficiali, ma dal 23 settembre dovrebbe essere in Cina una delegazione del Vaticano per discutere del rinnovo dell’accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi. L’accordo, in scadenza a ottobre, dovrebbe essere rinnovato per altri due anni. Resta un accordo confidenziale.

La delegazione è guidata dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, e include il sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati Miroslaw Wachowski e il sottosegretario del Dicastero per l’Evangelizzazione Samuele Sangalli. Quest’anno la delegazione, oltre che a Pechino, dovrebbe visitare Shanghai e Su Zhou.

L’accordo sulla nomina dei vescovi verrà probabilmente rinnovato a ottobre per altri due anni, ma solo quest’anno ha visto una accelerata nelle nomine episcopali: tre all’inizio dell’anno, e un quarto, Giuseppe Yang Yongjang, trasferito nella diocesi di Hangzhou, con una nomina che per la prima volta ha riguardato qualcuno che era già vescovo.

La Chiesa cattolica in Cina contava 20 arcidiocesi, 96 diocesi (incluse Macao, Hong Kong, Baotou e Bameng), 29 prefetture apostoliche e 2 amministrazioni ecclesiastiche. Le autorità cinesi hanno invece cr-eato una geografia di 104 diocesi (escluse Macao e Hong Kong) delineate secondo i confini dell’amministrazione civile, ed escludendo i ranghi presenti nella Chiesa cattolica, che considerano anche arcidiocesi, metropolie e prefetture appunto. La Santa Sede sembra sia disponibile a rivedere la distribuzione delle diocesi guardando anche ad una contiguità territoriale con le amministrazioni locali cinesi.

Di base, c’è una valutazione positiva dell’accordo da parte vaticana, perché dimostra un cambio di mentalità nel mondo cinese. La Santa Sede punta ad aprire un ufficio pastorale a Pechino, mentre Pechino vorrebbe che l’ufficio fosse diplomatico, nel tentativo di convincere la Santa Sede a tagliare i rapporti con Taiwan. Ma questo non sembra succederà a breve.

FOCUS EUROPA

La Repubblica Slovacca consegna un dono umanitario all’Elemosineria apostolica,

Martedì 24 settembre 2024, a nome del Ministro dell’Interno della Repubblica Slovacca, Matúš Šutaj Eštok, l’ambasciata di Slovacchia presso la Santa Sede ha consegnato un dono umanitario della Repubblica Slovacca al Cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio e prefetto del Dicastero per Servizio della carità. Il dono umanitario consisteva in diversi capi di abbigliamento e calzature da uomo, donna, bambino, dei sacchi a pelo, borse mediche accessoriate e le lampade solari portatili destinati non solo all’illuminazione nonché alla ricarica dei telefoni portatili.