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Il Papa ai gesuiti: "Evangelizzazione della cultura e inculturazione della fede sono la nostra missione"

Pubblicati da La Civiltà Cattolica i colloqui del Papa con i gesuiti del Sud Est Asiatico

Il Papa con i gesuiti indonesiani |  | Vatican Media Il Papa con i gesuiti indonesiani | | Vatican Media

La Civiltà Cattolica ha pubblicato i resoconti degli incontri che Papa Francesco ha avuto con i gesuiti – suoi confratelli – durante il viaggio apostolico nel Sud Est Asiatico.

Come sempre in queste occasioni, il Papa si è sottoposto ad un vero e proprio dialogo sui più diversi argomenti.

La sfida della Chiesa – ha osservato il Papa - è sempre quella di non allontanarsi dal popolo di Dio. Dobbiamo fuggire dalle ideologie ecclesiali. Questa è la sfida che vi lascio: non allontanatevi dal popolo, che è il bene più prezioso”. Poi un riferimento alla politica internazionale. Il pensiero va al Myanmar e Papa Francesco rivela: ”Ho chiesto la liberazione della signora Aung San Suu Kyi e ho ricevuto il figlio a Roma. Ho offerto il Vaticano per accoglierla nel nostro territorio”.

Francesco, ovviamente, non può non parlare della Compagnia di Gesù. “Ho partecipato – ha raccontato - all’elezione di padre Kolvenbach, dove c’era già un gruppo di gesuiti spagnoli che accusavano la Compagnia di tradire la Chiesa. In quel momento di crisi della Compagnia di Gesù fu molto importante avere un padre Generale carismatico. E lì ho visto dispiegarsi le tensioni nella Chiesa. Dopo, ci sono stati momenti che sono stati interpretati come scontri, come quando san Giovanni Paolo II è andato a trovare padre Arrupe, che era già malato. Ed è stato nominato il padre Dezza per guidare temporaneamente la Compagnia in quel tempo. Alcuni lo additavano come un conservatore che avrebbe avuto un impatto negativo. E invece è stato un grande. Lui ci ha aiutati a capire come si governa la Compagnia nella tempesta. Voi qui avete dovuto pilotare diverse tempeste. Imparate da questa tradizione nei tempi difficili della Compagnia”.

Francesco parla anche della figura di Padre Arrupe. “Un gruppo di gesuiti spagnoli – racconta ancora il Pontefice - cercavano di screditare il padre Arrupe come se avesse tradito la missione della Compagnia. Ricordo anche che padre Arrupe fu richiamato dalla Segreteria di Stato a causa di una certa preoccupazione per il cammino che stava prendendo la Compagnia. E lui è stato sempre obbediente. Quello è stato un momento molto difficile. Padre Arrupe soffriva con perdono e misericordia. Quando san Giovanni Paolo II nominò delegato pontificio per la Compagnia il padre Paolo Dezza, che rimase in carica fino all’ele­zione del nuovo Generale, lui gli baciò la mano. Padre Arrupe è stato un uomo di Dio. Io sto facendo il possibile perché arrivi agli altari. È davvero un modello di gesuita: non aveva timore, mai sparlava degli altri, si è giocato per l’inculturazione della fede e per l’evangelizzazione della cultura. Alcune volte sono andato di nascosto al Gesù per pregare, e sono sempre passato dalla tomba di padre Arrupe. Evangelizzazione della cultura e inculturazione della fede: sono la missione fondamentale della Compagnia”.

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Il Papa risponde anche ad una domanda sui tempi della canonizzazione di Matteo Ricci. “E’ una grande figura. Ci sono stati sempre problemi, ma la causa sta andando avanti e io voglio che vada avanti. Dobbiamo pregare perché ci siano le condizioni per fare la canonizzazione”, ha spiegato Francesco.

Infine, nel lungo resoconto firmato da Padre Antonio Spadaro, il Papa racconta i suoi due “no” pronunciati da gesuita. “Noi gesuiti – ricorda Francesco - dobbiamo dire no” all’ordinazione come vescovi - “ma se il Papa vuole, c’è il quarto voto e bisogna dire sì. Io dico la mia esperienza: ho detto no due volte. Una volta mi è stato chiesto di essere vescovo nella zona delle rovine delle antiche missioni dei gesuiti al confine col Paraguay. Io ho risposto che volevo essere prete e non guardiano delle rovine. Un’altra volta ero a Cordova, e lì mi chiamò il Nunzio al telefono e mi disse che voleva parlare con me. Io avevo il divieto dei superiori di uscire dalla città: è stato un tempo molto doloroso per me. Allora il Nunzio mi ha detto che sarebbe venuto lui all’aeroporto e ci saremmo visti lì. Lì mi ha detto: il Papa ti ha nominato vescovo, e questa è la lettera del Padre Generale che lo permette. Così era già stato tutto deciso e lavorato. Il Generale allora era padre Kolvenbach, un uomo di Dio. Noi gesuiti dobbiamo obbedire alla Chiesa. Ignazio aveva scritto le regole per sentire con la Chiesa. Se il Papa ti manda in missione, si deve obbedire. Ma per l’episcopato, il primo passo è sempre dire no”.