Per quanto riguarda la vita religiosa, il Granducato è un Paese dove tutti i credenti insieme costituiscono una minoranza, il 49,5% secondo l’ultimo EVS (European Value Survey). I cattolici restano la comunità più numerosa in un panorama religioso attualmente molto diversificato. Si fa sentire la fine dell’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche dal 2017, la difficoltà di riunire le famiglie per il catechismo nelle parrocchie. Si stanno diffondendo le comunità pentecostali e altre religioni (mormoni, avventisti, buddisti, ecc.). Tutto ciò riflette la diversità culturale del nostro Paese: Il 47% di chi ci vive non è cittadino, circa il 10% ha la doppia nazionalità.
Per quanto riguarda la vita culturale l’offerta è molto ricca e diversificata. Nella vita politica si registra la nascita di alcuni partiti dissidenti; non abbiamo grandi correnti estremiste, né di sinistra né di destra. Da notare che esiste l’obbligo di voto, ma a livello legislativo si applica solo a poco più della metà della popolazione. A livello comunale gli stranieri possono essere iscritti nelle liste elettorali a determinate condizioni.
Come è invece la situazione dal punto di vista morale?
Dal punto di vista morale, la legislazione lussemburghese è molto liberale: la legge consente l’aborto fino alla dodicesima settimana, una legge regola l’eutanasia, il divorzio è semplificato (il che aumenta il tasso di divorzio oltre il 50%), il matrimonio è stato aperto alle coppie omosessuali, la cannabis è stata legalizzata. La dissoluzione dei punti di riferimento tradizionali è un dato di fatto. Se prima dicevamo “ognuno per sé e Dio per tutti”, non ci riferiamo più a Dio. Il relativismo inquanto negazione della verità, della forma che determina la vita, vale i sacrifici, e l’individualismo con la successiva accentuazione o esaltazione dei sentimenti individuali, hanno vinto.
Come si presenta il Paese?
Dal punto di vista economico il nostro Paese è molto ricco. Ma vediamo anche che aumenta il pericolo di scendere al di sotto della soglia di povertà. L’alloggio è un problema significativo, soprattutto per le persone che hanno più figli. Il tasso di fertilità è molto basso, soprattutto tra i nativi.
Cos’altro aggiungere? Il nostro paese è bello; sia la capitale che la campagna hanno fascino. Mi piace vivere nel Granducato ma mi preoccupa il suo futuro. Cosa faranno le persone abituate al lusso quando questo delude? Cosa struttura ancora la nostra vita se non il consumo, la soddisfazione di desideri sempre nuovi? C’è qualcosa per cui vale ancora la pena accettare di soffrire o addirittura di rinunciare alla propria vita? Come essere santi oggi?
Cosa abbiamo da offrire al Papa? I nostri cuori, le nostre mani, la nostra intelligenza che apriamo per lasciarci toccare da colui che viene a confortare i suoi fratelli e sorelle nella fede.
La Scuola che dirige ha organizzato lo scorso anno un simposio su “Cosa ci tiene insieme quando non siamo d’accordo”. Quale era lo scopo di questo simposio e perché era importante farlo a Lussemburgo?
Abbiamo fondato la Luxembourg School of Religion & Society nel 2015 per fornire un quadro in cui ricercatori di diverse discipline, nazionalità e religioni o credenze possano lavorare insieme in progetti su argomenti all’intersezione tra religione e società. La missione che il cardinale Hollerich mi ha affidato è stata quella di garantire che la Chiesa torni ad essere partner del dialogo intellettuale nella nostra società.
Certamente ci sono ricercatori che integrano il contributo di altre discipline attraverso lo studio di pubblicazioni scientifiche. Ci sono alcuni che hanno studiato più di una disciplina o religioni diverse dalla propria; portano dentro di sé il dialogo. Incontrare persone cambia di nuovo le cose. Le relazioni si sviluppano, le resistenze non possono essere nascoste, le amicizie si formano e permettono di scoprire l’altro, la sua posizione, le sue convinzioni in modo diverso. Il dialogo può essere costruito. Impariamo diversamente viaggiando insieme.
L’obiettivo dei gruppi di ricerca è quello di permettere a tutti di ascoltare, di sentire, di comprendere ciò che l’altro dice dal suo punto di vista, che va quindi chiarito. Poi si discute l’apporto di questo contributo e ciascuno integra ciò che ha colto nella sua ricostruzione dell’oggetto della ricerca che diventa più densa. La sua percezione viene poi arricchita dal contributo degli altri affinché ciò che comprende attraverso la sua ricerca tragga beneficio.
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Il nostro convegno ha voluto essere un convegno realizzato con lo stesso spirito, un piccolo laboratorio di cui riporteranno gli atti che saranno pubblicati dalle edizioni Aschendorff (J. Ehret & J. Sautermeister, What Keeps Us Together When We Disagree). Non ci siamo limitati a stampare le presentazioni dei relatori ma anche i contributi dei sei osservatori molto diversi che riferiscono sullo svolgimento della conferenza.
Tutto questo approccio caratteristico della LSRS è stato confermato dal motu proprio “Ad theologiam promovendam”. Papa Francesco invita a creare luoghi in cui si pratichi «un dialogo transdisciplinare con gli altri saperi scientifici, filosofici, umanistici e artistici, con credenti e non credenti, con uomini e donne di diverse fedi, cristiani e diverse religioni» (ibid., §9).
Paese piccolo, il Granducato è abituato a creare un collegamento tra diversi attori a livello politico. Il giovane ambiente accademico lussemburghese si distingue per un carattere plurilingue, multiculturale, laico e per la coesistenza di diverse tradizioni accademiche. Questo può servire a mitigare il potenziale impatto delle differenze storiche e culturali sugli incontri fin dall’inizio. Di conseguenza, il Lussemburgo rappresenta un ambiente ottimale per favorire gli incontri tra le parti che provengono da regioni geografiche, contesti culturali, appartenenze religiose e tradizioni linguistiche diverse. Aiuta a creare uno spazio e un tempo sinodali e consente incontri che possono avere un effetto significativo sui cuori e sulle menti dei partecipanti, nonché sulla loro riflessione sui metodi e sulle professioni, oltre che sulla missione e sulle vocazioni della Chiesa.
Lussemburgo può essere considerato il laboratorio del futuro della Chiesa in Europa? E se sì, perché?
Possiamo concordare sul fatto che il Lussemburgo è una sorta di laboratorio sociale. Lo è anche nei confronti della Chiesa. Questa diversità culturale, questa evanescenza dei punti di riferimento tradizionali, l’erosione della pratica religiosa cattolica, il pluralismo non solo all’interno della società ma anche all’interno della Chiesa, tutto questo gioca insieme.
Osservo quanto sta accadendo, constato che le conseguenze pastorali che abbiamo cercato di trarre da alcuni studi e dalle loro interpretazioni non sono riuscite a fermare i processi né a creare nuove forme di vita ecclesiale. La Chiesa sta diventando molto più piccola. Sono finiti i tempi in cui si trattava di un fattore di coesione sociale riconosciuto come tale.