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Diplomazia pontificia, le relazioni con Belgio e Lussemburgo

Dal 26 al 29 settembre, Papa Francesco sarà in Belgio e Lussemburgo. Quali sono le relazioni tra la Santa Sede e queste due nazioni? Parolin In Serbia. Gallagher a Vienna

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Un viaggio in Lussemburgo e Belgio, una visita pastorale soprattutto focalizzata sulle celebrazioni per i 600 anni dell’Università Cattolica di Lovanio, ma che ha aggiunto una tappa nel piccolo Lussemburgo. Papa Francesco continua il suo tour delle periferie d’Europa andando nel centro dell’Unione, in due Paesi che sono fondatori della Comunità Europea e sede delle comunità europee, ma dove ormai il cattolicesimo, per quanto sia maggioranza formale, non ha più una grossa presa sulla società. Ma quale è la storia dei rapporti diplomatici tra queste due nazioni e la Santa Sede?

In questa settimana, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, è stato in visita in Serbia, mentre l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è stato in visita a Vienna dal 15 al 17 maggio, tenendo un discorso all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica di cui la Santa Sede è membro fondatore.  

Il cardinale Parolin parte oggi per New York, per partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e celebrare i 60 anni della missione della Santa Sede al Palazzo di Vetro. Non sarà dunque in viaggio con Papa Francesco in Belgio e Lussemburgo.

                                   FOCUS VIAGGIO LUSSEMBURGO BELGIO

La Santa Sede e le relazioni con il Belgio

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Duecento anni di rapporti diplomatici, ma non sempre tranquilli. Belgio e Santa Sede stabiliscono relazioni diplomatiche nel 1832, ma dal 1880 al 1885 le autorità belghe interruppero ogni rapporto durante un dibattito sullo status delle scuole cattoliche.

Dall’apertura delle relazioni diplomatiche ad oggi, sono stati ben 35 gli ambasciatori inviati da Bruxelles presso la Santa Sede.

Le relazioni diplomatiche con la Santa Sede furono aperte ad appena due anni dal raggiungimento dell’indipendenza del Belgio nel 1830. La costituzione del 1831, forte del motto “C’è forza nell’Unione”, è il risultato di un compromesso delle due grandi forze della nazione: i liberali ottengono grande libertà e un potere statale molto ridotto, i cattolici ottengono la libertà di istruzione e il non intervento dello Stato negli affari religiosi.

Nel 1832, Gregorio XVI condanna le visioni moderne nell’enciclica Mirari Vos, e questo non viene visto di buon occhio in Belgio, anche se questo non impedì l’allacciamento delle relazioni diplomatiche.

Ma nel 1879 il governo liberale approvò una legge che impediva l’istruzione cattolica gratuita, e i vescovi risposero vietando alle famiglie cattoliche di non inviare i figli alle scuole, e addirittura decide di non dare più i sacramenti ai membri del personale di queste scuole. Per tutta risposta, nel 1880 il Belgio interrompe le relazioni diplomatiche con la Santa Sede, e le riapre solo nel 1885.

Belgio e Santa Sede vissero momenti di tensione anche durante la Prima Guerra Mondiale. Il cardinale Mercier, arcivescovo di Mechelen-Bruxelles, diventa la principale figura nazionale della Resistenza del Belgio invaso dalla Germania, e la cosa fu apprezzata da Re Alberto, ma vista con prudenza della Santa Sede.

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La seconda metà del XX secolo è poi segnata da un progressivo indebolimento dell’immagine del Belgio in Vaticano.

Una delle questioni riguardò la concessione dell’indipendenza del Congo nel 1960, e le condizioni tragiche in cui versava il Belgio al tempo, paralizzato in quei tempi dallo “sciopero del secolo”. Nella seconda metà degli anni Sessanta, è Lovanio ad essere il centro degli scontri, perché i fiamminghi vogliono cacciare i francofoni dalla città, e nel 1966 Paolo VI sottolineò che questa situazione gli causava “serie preoccupazioni”. Le tensioni portarono nel 1968 alla separazione dell’Università Cattolica di Lovanio in due diverse università, una francofona e una fiamminga.

I rapporti con il Belgio sono anche caratterizzati dalla vicinanza della famiglia reale. Il primo re, Leopoldo I, è protestante, ma i successori sono cattolici, e re Baldovino, incoronato nel 1950, non nasconde la sua fede cattolica, diventa un abituale visitatore di Papi, e questa caratteristica resta anche nei successori. Re Filippo e Mathilde sono le uniche due teste coronate in carica a essere presenti ai funerali di Benedetto XVI.

Quali sono i rapporti adesso? Il Belgio è una società fortemente secolarizzata, in Parlamento si susseguono leggi “etiche” su aborto, matrimonio omosessuale, eutanasia. I rapporti con la Chiesa sono invece complessi, per via dello scandalo degli abusi.

Quando il Vaticano ha annunciato l'imminente viaggio di Francesco in Belgio, il primo ministro De Croo ha chiesto che il titolo di vescovo fosse ritirato a Roger Vangheluwe "per il buon andamento di questa visita". 

Il tema degli abusi sarà uno dei focus nella visita e sarà al centro dell’attenzione dei media belgi. È previsto che anche il re, nel suo discorso, farà un riferimento agli abusi.

Le relazioni tra Santa Sede e Lussemburgo

Il Lussemburgo ha stabilito una ambasciata non residente presso la Santa Sede nel 1956. Tuttavia, l’inizio delle relazioni diplomatiche va fatto risalire al 1891, quando la Santa Sede nominò il Cardinale Rinaldini primo internunzio apostolico.  

Le relazioni bilaterali sono considerate ottime. Tra le visite più recenti, alla fine di ottobre 2022 il Primo Ministro Xavier Bettel è stato in udienza da Papa Francesco, mentre il 5 e 6 aprile 2023 il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, è stato in visita in Lussemburgo, avendo incontri di lavoro con il Primo Ministro Xavier Bettel e il Ministro degli Affari Esteri ed Europei Jean Asselborn, un'udienza con il Granduca Ereditario al Palazzo granducale, un incontro con il presidente e l'ufficio, nonché con i rappresentanti della commissione affari esteri della Camera dei deputati.

L’ultima visita Papale in Lussemburgo risale al 1985.

I rapporti con la famiglia granducale hanno radici storiche. Sua Altezza Reale la Granduchessa Charlotte fu l'ultima sovrana a ricevere la Rosa d'Oro da Sua Santità Papa Pio XII nel 1956 e Papa Benedetto XV (1914-1922) fu il padrino di Sua Altezza Reale il Granduca Jean. Le Loro Altezze Reali il Granduca e la Granduchessa accompagnati dai loro figli hanno avuto la loro ultima visita alla Santa Sede nel 2016 per un'udienza con Sua Santità Papa Francesco.

SAR il Granduca ha partecipato nel 2019 al concistoro che ha consacrato l'elevazione al rango cardinalizio di Mons. Jean-Claude Hollerich, il primo cardinale lussemburghese.

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                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Missione della Santa Sede alle Nazioni Unite di New York compie 60 anni

Il prossimo 30 settembre, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, celebrerà una Messa nella chiesa della Santa Famiglia a New York. La chiesa, molto vicina al Palazzo di Vetro, è stata definita la “parrocchia delle Nazioni Unite”. La Messa va anche a celebrare il 60esimo anniversario della missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

La Santa Sede è diventata Osservatore Permanente presso le Nazioni Unite il 6 aprile 1964, stabilendo la sua missione nella città di New York.

In 60 anni, ci sono state cinque visite papali alle Nazioni UnitePaolo VI vi andò nel 1965, Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995, Benedetto XVI nel 2008 e Papa Francesco nel 2015.

Primo Osservatore Permanente della Missione della Santa Sede fu monsignor Alberto Giovannetti, che poi ha raccontato la sua esperienza in un libro, Il Palazzo è di Vetro, in cui descriveva la vita quotidiana di lavoro alle Nazioni Unite, cui si approcciava con la curiosità del neofita e la competenza dell’uomo chiamato ad una missione più grande.

“L’incipit della Carta dell’ONU – annotava monsignor Giovannetti – è solenne. Quasi un monito: ‘Noi popoli delle Nazioni Unite’. Sarebbe stato già un progresso rispetto alla Lega delle Nazioni ed un adeguamento ai tempi mutati se avesse detto: ‘Noi governi delle Nazioni Unite’.”

Parole che sollevavano già allora il problema della governance delle Nazioni Unite. La Santa Sede più volte ha proposto di riformare l’organismo.

La presenza della Santa Sede negli organismi internazionali è stata definita  dall'arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, come una "diplomazia pastorale".

Visitando le Nazioni Unite nel 2008, Benedetto XVI – che avrebbe poi messo nero su bianco l’idea di una riforma delle Nazioni Unite nella Caritas in Veritate – mise in luce che “ciò di cui vi è bisogno e una ricerca più profonda di modi di prevenire e controllare i conflitti, esplorando ogni possibile via diplomatica e prestando attenzione ed incoraggiamento anche ai più flebili segni di dialogo o di desiderio di riconciliazione”.

Nel 2015, Papa Francesco sottolineò che “la guerra è la negazione di tutti i diritti e un drammatico attacco all’ambiente. Se vogliamo sviluppo umano integrale per tutti, dobbiamo tutti lavorare senza sosta per evitare la guerra tra le nazioni e i popoli”.

L’arcivescovo Gallagher all’AIEA

La posizione della Santa Sede sul nucleare è da sempre la stessa: sì alla tecnologia nucleare, no alle armi atomiche. È una posizione bilanciata, che non prevede un no totale al nucleare anche perché questo implicherebbe anche un no a tutte le tecnologie del nucleare, e che la Santa Sede ha portato avanti sin dalla sua partecipazione come membro fondatore dell’Agenzia Internazionale dell’Agenzia Atomica (AIEA).

Lo scorso 15 settembre, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha indirizzato un discorso all’AIEA, nel quale ha mantenuto la posizione della Santa Sede e ha riconosciuto il “ruolo fondamentale” dell’Agenzia nella “ricerca di un mondo libero da armi nucleari”, reiterando il fermo sostegno della Santa Sede “ai numerosi contributi dell'AIEA al regime di non proliferazione nucleare, così come all'uso sicuro, protetto e pacifico delle tecnologie nucleari. È essenziale che queste tecnologie siano sempre affrontate da una prospettiva che serva il bene comune dell'umanità e lo sviluppo integrale di ogni persona”.

In particolare, ha affermato il “ministro degli Esteri” vaticano, la Santa Sede supporta in particolare gli sforzi “per garantire la sicurezza e la protezione presso la centrale nucleare di Zaporizhzhya” e per prevenire quello che il Papa ha descritto come un “disastro nucleare”, perché le attività militari intorno a Zaporizhzhya e presso le centrali nucleari di Kursk “sono profondamente preoccupanti”, e la Santa Sede ancora una volta “esorta le parti in conflitto a astenersi dall'attaccare questi luoghi, le cui conseguenze potrebbero essere devastanti per tutta l'umanità”.

Gallagher a Vienna, l’incontro con Robert Floyd

Oltre al discorso all’AIEA, l’arcivescovo Gallagher ha avuto un incontro con Robert Floyd, segretario esecutivo dell’Organizzazione sul Trattato per la Messa al Bando Totale degli Esperimenti Nucleari.

In un post su X, Floyd ha affermato che “scalda il cuore vedere il continuo supporto della Santa Sede per il Trattato, essendo tra i suoi primi firmatari, e la sua forte posizione sulla non proliferazione nucleare e il disarmo.

La Santa Sede a Ginevra, l’incontro dell’Unctad

Dal 16 al 20 settembre, si è tenuto a Ginevra il 71esimo incontro su commercio e sviluppo dell’UNCTAD, l’agenzia del commercio delle Nazioni Unite.

L’arcivescovo Ettore Balestrero, osservatore permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra, ha sottolineato nel suo intervento che, nonostante i lodevoli sforzi dell’UCTAD, “persistono le ineguaglianze, esacerbate da un sistema economico che rende prioritaria l’identità dei più potenti”, come sottolinea Papa Francesco.

Il rappresentante della Santa Sede nota che “sradicare la povertà in tutte le sue forme è sfortunatamente al di là delle capacità di molte nazioni in via di sviluppo”, e anzi in molte nazioni “c’è una notevole discrepanza tra la proporzione delle spese di governo destinate a ripagare i debiti e quelle destinate ai servizi essenziali, inclusa educazione, salute e protezione sociale”.

Per questo, la Santa Sede sostiene una azione “radicale e trasformativa sul debito”, che includa l’abbassamento dei tassi di interesse, l’estensione dei periodi di pagamento e anche la cancellazione del debito, con l’obiettivo di avere un mondo senza povertà a partire dal 2030.

La Santa Sede guarda anche alla economia digitale come una possibilità di “sollevare milioni di persone fuori dalla povertà dando accesso a mercati globali, migliorando l’educazione e promuovendo innovazione”, ma riconosce che “questi benefici non sono distribuiti egualmente” e che molte nazioni in via di sviluppo “lottano per partecipare all’economia digitale”.

Insomma, va affrontato il problema del cosiddetto “digital divide”, perché questo rischia di aumentare il divario delle ineguaglianze e lasciando i vulnerabili in situazioni di sempre maggiore debolezza.

L’arcivescovo Balestrero definisce anche “vitale” una facilitazione degli investimenti, sulla base di tre principi: la promozione di pratiche di business che facciano sì che gli investimenti non contribuiscano solo al profitto, ma anche al benessere della società; quindi, lo snellimento delle procedure amministrative e la riduzione dei costi per evitare di spaventare gli investitori, con una particolare attenzione alle pratiche di trasparenza finanziaria; e infine una cornice regolamentare chiara e trasparente che permetta agli investitori di operare con fiducia senza timore di corruzione.

La Santa Sede incoraggia le nazioni più sviluppate a fornire assistenza tecnica alle nazioni che ne hanno bisogno, adottando un approccio etico per “affrontare la natura complessa e interconnessa di queste crisi e di promuovere una nuova governance multilaterale”.

La Santa Sede a Ginevra, il diritto allo sviluppo

Durante la sessione del Consiglio dei Diritti Umani, l’arcivescovo Balestrero ha parlato a nome della Santa Sede durante il dialogo interattivo con il Relatore Speciale sul Diritto allo Sviluppo, discutendo in particolare il rapporto su “Diritto allo Sviluppo dei Bambini e delle future generazioni”.

La Santa Sede, ha detto Balestrero, considera che “lo sviluppo autentico riguarda ogni persona e la persona integralmente in ogni sua singola dimensione” e che il diritto allo sviluppo sia “radicato nell’universalità, indivisibilità, interrelazione e interdipendenza di tutti i diritti umani”.

La Santa Sede sottolinea che gli Stati sono i primi responsabili della realizzazione di questo diritto, e che, quando manca la capacità, si devono incoraggiare “percorsi di rinnovata solidarietà fraterna e azione”.

Secondo la Santa Sede, non si può parlare di sviluppo senza considerare una necessaria “solidarietà intergenerazionale”, perché nessuno sia lasciati indietro. Balestrero rimarca che “è importante mantenere una visione olistica che tiene in considerazione, tra le altre cose, le dimensioni ecologiche, giuridiche, politiche, culturali, ma anche spirituali e morali”.

Il rapporto presentato propone di estendere il concetto di future generazioni a piante animali e funghi. Una deriva preoccupante per la Santa Sede, che, sebbene abbiano considerato la interrelazione tra esseri umani con il resto della creazione, mette in luce come “solo gli esseri umani sono portatori di diritti”, e non lo sono altri organismi viventi, come tra l’altro si riflette nella Carta delle Nazioni Unite, nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e in molti altri strumenti internazionali.

La Santa Sede riafferma, dunque, che “solo la persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio ha una dignità assoluta e inviolabile”, e che è imperativo “rispettare la grammatica iscritta del creatore, che ha dato all’umanità il ruolo di guardiano e responsabile della creazione”.       

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Il cardinale Parolin in Serbia

Il cardinale Pietro Parolin è stato in Serbia dal 17 al 19 settembre, per celebrare il 100esimo anniversario dell’arcidiocesi di Belgrado. Durante la visita, il Cardinale ha anche avuto degli incontri istituzionali, e in particolare un colloquio con il presidente Aleksandr Vucic il 18 settembre.

Secondo una comunicazione della presidenza, una significativa parte dell’incontro è stata dedicata al supporto della Santa Sede per la Pace. Vucic ha detto che la Serbia “intende di continuare a sviluppare e migliorare relazioni costruttive” con la Santa Sede, con cui “condivide vari punti di vista sulle situazioni internazionali, specialmente riguardo la protezione dei cristiani e l’eredità cristiana, e sul miglioramento dei diritti umani dei cristiani”.

Secondo il presidente serbo, è vitale “proteggere, rispettare e migliorare i diritti della popolazione serba e non albanese in Kosovo, così come di proteggere e ripristinare l’eredità culturale e religiosa della Serbia, il cimitero ortodosso e i monumenti culturali sotto minaccia, specialmente le chiese e i monasteri ortodossi protetti dall’UNESCO”. Vucic ha apprezzato la posizione della Santa Sede di non riconoscere ancora il Kosovo.

Parolin era stato accolto all’aeroporto da Dejan Ristic, ministro serbo dell’Informazione e delle Telecomunicazioni, da Maja Popovic, ministro della Giustizia, da Vladimir Roganovic, direttore dell’amministrazione per la cooperazione con le Chiese e le Comunità Religiose, dall’arcivescovo Santo Rocco Gangemi, nunzio apostolico a Belgrado, e dall’arcivescovo Laszlo Nemet di Belgrado.

Il Cardinale ha avuto anche modo di incontrare il patriarca serbo ortodosso Porifirije. Anche con Porfirije si è parlato del patrimonio cristiano danneggiato nelle regioni considerate dalla Serbia storiche, ma anche – dice una nota del patriarcato – “delle possibilità di fornire un supporto reale per la Pace e preservare la presenza e la missione evangelica della Chiesa Ortodossa Serba in Kosovo e Metohija per il beneficio degli Ortodossi Serbi, Albanesi e tutti gli altri”.

Parolin e Porfirije hanno concordato che il centenario dell’arcidiocesi di Belgrado è un segno di buone relazioni tra la Chiesa Ortodossa Serba e la Chiesa Cattolica in Serbia, e hanno messo in luce la necessità di un ulteriore miglioramento della cooperazione tra le due Chiese a livello locale universale.

I due hanno anche discusso della legge ucraina che bandisce la Chiesa Ortodossa Russa in Ucraina. La legge, criticata anche da Papa Francesco, riguarda tutte le organizzazioni religiose che hanno un centro fuori dall’Ucraina. È una legge di guerra, e va presa con la dovuta cautela. Tuttavia, la nota del Patriarcato Serbo mostra decisamente quale sia la sua posizione, perché parla di “una assurda legge che bandisce la missione della sola Chiesa Ortodossa canonica nella nazione”. Di fatto, c’è un disconoscimento totale della Chiesa Ortodossa Ucraina, la Chiesa autocefala che si è formata a seguito di un tomos di Bartolomeo I e che ha creato il cosiddetto “scisma ortodosso”.

Il cardinale Parolin ha anche celebrato messa nella Cattedrale dell’Assunzione della Beata Vergine Maria a Belgrado il 18 settembre, in un evento che ha visto anche la partecipazione del presidente Vucic, di rappresentanti delle autorità civili, alti esponenti della Chiesa ortodossa serba, inviati dalle comunità evangeliche, il corpo diplomatico. “La speranza cristiana ci apre gli occhi per vedere il bene anche quando ci sembra che prevalga il male”, ha detto nell’omelia il cardinale Parolin, aggiungendo che la speranza cristiana ci incoraggia “a partecipare alla costruzione del mondo nella fraternità e nella pace, anche quando sembra che non valga la pena a lavoraci sopra”.

Parolin ha ricordato le opere di carità dell’arcidiocesi di Belgrado realizzate tramite la Caritas nei momenti difficili della guerra, delle inondazioni e durante la crisi dei migranti. Ha sottolineato che la notevole diminuzione dei fedeli “non deve essere una scusa per trascurare il nostro impegno ma piuttosto un invito a una collaborazione ancora maggiore, utilizzando i nostri talenti e pregando il Signore che è buono e non abbandona mai il suo gregge”.
Dopo la messa, ai microfoni dei media serbi il segretario di Stato vaticano ha detto di “essere molto contento di essere a Belgrado, soprattutto pensando alle dimensioni di questa comunità, non si deve guardare al numero dei fedeli, alla grandezza o alla piccolezza ma si deve guardare alla vitalità e all’intensità della vita di fede e per quello che ho visto qui ce n’è molta”.

Il cardinale Parolin ha partecipato alla cerimonia del 325esimo anniversario della pace di Karlovac nella chiesa della Madonna della Neve a Petrovaradin, nella diocesi di Srijem, e ha poi presieduto un incontro di preghiera nella cappella della Vergine della Pace a Srijemski Karlovac.

In una intervista con Askanews, Jovan Palalic, presidente del Gruppo per l’Amicizia Parlamentare Serbia e Italia e presidente del Gruppo di Amicizia Serbia e Santa Sede, ha sottolineato che la visita in Serbia del Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, ha avuto sia un aspetto solenne e pancristiano, sia uno politico-diplomatico. Entrambi questi aspetti della visita dimostrano quanto la Santa Sede attribuisca importanza alla cooperazione con la Serbia, tenendo presente il fitto programma e gli impegni del cardinale Parolin. L’importanza di inviare un messaggio di comprensione, sostegno e necessità di una più ampia unità di tutti coloro che rimangono fermamente fedeli alla loro fede nel Salvatore Gesù Cristo, soprattutto in questi tempi difficili e complessi per tutti i cristiani, è stata evidenziata dal fatto che la messa solenne officiata dal cardinale Parolin ha visto la partecipazione del Patriarca della Chiesa serba, del Presidente della Serbia, del Governo e dei membri del Parlamento”.

Secondo Palalic, “gli incontri politici durante la visita del cardinale Parolin in Serbia indicano l’esistenza di un interesse reciproco per migliorare ulteriormente le relazioni e promuovere una maggiore comprensione delle posizioni di entrambe le parti su varie questioni importanti, sia ecclesiastiche che di politica internazionale”.

La telefonata del cardinale Parolin alla commissaria per i Diritti Umani della Federazione Russa

Dopo lo scambio di prigionieri che ha incluso la liberazione di due sacerdoti greco cattolici rimasti detenuti per almeno due mesi, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha avuto una conversazione telefonica con Tatiana Moskalkova, commissaria per i Diritti Umani della Federazione Russa.

I contatti sono stati continui da quando il Cardinale Matteo Zuppi a Mosca ha stabilito, d’accordo con la Segreteria di Stato, una sorta di “procedura” per favorire il rimpatrio dei bambini ucraini rimasti in Russia (deportati secondo la parte ucraina). La telefonata di Parolin si inserisce in questo lavoro, e – chissà – potrebbe aprire anche a degli incontri istituzionali in Vaticano.

"Durante il colloquio – si legge nella nota della Sala Stampa della Santa Sede - il cardinale Segretario di Stato, oltre a ringraziare l'Ombudslady russa per il ruolo che ha svolto nella liberazione di due sacerdoti ucraini, ha ricordato la necessità di salvaguardare, nel contesto dell'attuale conflitto, i diritti umani fondamentali sanciti dalle Convenzioni Internazionali e ha trattato alcuni temi di carattere umanitario. 

                                                           FOCUS NUNZIATURE

L'arcivescovo Gaenswein presenta le credenziali al presidente di Lituania

Lo scorso 6 settembre, l'arcivescovo Georg Gänswein ha presentato le sue credenziali come nunzio in Lituania al presidente lituano Gitanas Nauseda

Nel corso della cerimonia, il presidente ha parlato del rapporto speciale che le Repubbliche Baltiche hanno con la Santa Sede, riportando alla memoria quando il Vaticano si rifiutò di riconoscere l'occupazione e l'annessione di quelle regioni da parte dell'Unione Sovietica.
 
Il cardinale Parolin ordina arcivescovo il primo nunzio del Burkina Faso

Il 14 settembre 2024, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha ordinato arcivescovo Julien Kaboré, nominato nunzio apostolico in Ghana. È il primo “ambasciatore del Papa” proveniente dal Burkina Faso.

Nella sua omelia, il Cardinale Parolin ha sottolineato che Kaboré, come inviato del Papa e rappresentante della Santa Sede, ha “il compito di predicare la pace e la giustizia, soprattutto di fronte ai membri delle nazioni”.

Nelle sue parole di ringraziamento, Kaboré ha sottolineato che c’è continuità tra il lavoro di collaboratore del nunzio che ha svolto finora e quello di nunzio. Ha guardato anche al suo Paese colpito da anni da attacchi terroristici, e ha sottolineato di apprezzare le iniziative di pace e di presa di coscienza che hanno l’obiettivo di mettere fine a questo fenomeno terrorista, come il triduo organizzato dal 12 al 14 settembre dalla Conferenza Episcopale di Burkina – Niger per la pace e per la vita nei nostri villaggi e nel nostro paese.

L’arcivescovo Kaborè è nato nel 1968 e sacerdote dal 1995. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 2004, ha servito nelle rappresentanze pontificie di Kenya, Papua Nuova Guinea, Costa Rica, Corea, Croazia, Trinidad e Tobago, Filippine e Irlanda.

                                                           FOCUS MEDIO ORIENTE

Dopo l’attacco ai cercapersone di Hezbollah, il patriarca Rai prende posizione

Il cardinale Bechara Rai, patriarca maronita del Libano che pure non ha mai avuto paure tenere per la presenza di Hezbollah nel suo territorio, lo scorso 18 settembre ha commentato l’attacco hacker ai cercapersone dell’organizzazione libanese del 17 settembre, che ha provocato 12 morti e diversi feriti.

Il Cardinale Rai ha reso noto “il suo profondo dolore riguardo la catastrofe che ha colpito circa 3000 cittadini libanesi, alcuni dei quali sono morti e dei quali altri sono rimasti in condizioni critiche”.

Il Patriarca ha “condannato l’uso di strumenti di comunicazione come mezzi per una uccisione indiscriminata e ha denunciato tutte le forme di aggressione contro sia le popolazioni libanesi e quelle palestinesi, specialmente i civili”.

Il cardinale Rai ha anche pregato per le anime delle vittime, e ha chiesto “una pace globale e giusta” per tutto il Medio Oriente.

Padre Rifat Bader, direttore del Catholic Center for Studies and Media di Giordania, si è detto preoccupato per la “crescente perdita di vite” mentre si allarga l’impatto tra Israele e Hamas.

                                                           FOCUS AMERICA LATINA

Il Sottosegretario Pacho all’ambasciata del Salvador

Il 18 settembre, monsignor Daniel Pacho, Sottosegretario per il multilaterale della Segreteria di Stato della Santa Sede, ha avuto un incontro di lavoro con l’ambasciatore di San Salvador presso la Santa Sede Julieta Anabella Machuca y Machuca. Lo comunica l’account X dell’ambasciata.

L’ambasciata sottolinea che l’incontro ha auvto “l’obiettivo di sviluppare una collaborazione bilaterale sui temi globali di interesse comune e nell’ambito degli organismi internazionali”.