Per capire meglio le finalità che una facoltà teologica dedica a questi temi, abbiamo chiesto alla prof.ssa Assunta Steccanella, direttrice del secondo ciclo di studi teologici della Facoltà Teologica del Triveneto, di spiegare i motivi per cui una facoltà teologica dedica gli approfondimenti a temi quali violenza, sessualità e fine vita: “Ci sono due ragioni fondamentali per questa scelta, la prima di carattere strutturale, la seconda squisitamente teologica. La ragione strutturale: i corsi di cui qui parliamo fanno parte del piano di studi del ciclo di specializzazione (licenza) in teologia pastorale.
La teologia pastorale è una disciplina che non si limita ad ‘applicare’ le norme dottrinali all’agire della Chiesa: essa si struttura piuttosto intorno al dialogo nativo tra teoria e prassi o, per dirlo con le parole di Christoph Theobald, vive di un duplice ascolto, di Dio e dell’umano. In questa prospettiva sviluppiamo la nostra ricerca in relazione continua con le provocazioni del reale, per valutare i modi nei quali, come Chiesa, possiamo svolgere al meglio il nostro compito di servizio all’evangelizzazione e al bene comune nella realtà in cui siamo immersi oggi.
La ragione teologica: l’inculturazione del Vangelo è compito inesauribile di noi-Chiesa. Il termine indica l'incarnazione e la riespressione del Vangelo nelle varie culture. Il principio di incarnazione appartiene integralmente alla logica della salvezza: noi cristiani non possiamo esimerci dall’assumerlo come paradigma di quanto pensiamo e di quanto proponiamo come via all'evangelizzazione nel contesto storico in cui ci è dato di vivere”.
Tali temi pongono un confronto con le scienze: quale dialogo è disponibile ad aprire la Chiesa?
“Non si tratta di una disponibilità da offrire o meno, ma di una norma per tutta la riflessione teologica. Al n. 4 della Costituzione apostolica ‘Veritatis Gaudium’ sono illustrati ‘i criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio del contributo degli studi ecclesiastici a una Chiesa in uscita missionaria’ e si richiama al dialogo tra tutti i saperi e a una teologia che si sviluppi in prospettiva inter- e trans-disciplinare. Si tratta di un approccio epistemologico tipico della teologia pratica o pastorale che don Mario Midali, già professore emerito di teologia pastorale all’Università Pontificia Salesiana. descriveva già alcuni decenni fa come ‘disciplina-cerniera’, chiamata a porre in dialogo teologia, scienze umane, sacra scrittura, per individuare coordinate adeguate all’agire pastorale”.
Quale è la proposta della Chiesa su questi temi sensibili?
“La proposta della Chiesa non consiste prima di tutto in una serie di indicazioni concrete, ma nello sforzo continuo per promuovere la realizzazione dell’umano nella pienezza della sua vocazione. La ricerca muove quindi da uno sguardo antropologico fondato sulla Rivelazione e in dialogo con le scienze umane, per individuare alcune coordinate fondamentali in grado di orientare l’agire”.
Con quale linguaggio la Chiesa può affrontare l’emergenza educativa?
“Il problema del linguaggio è oggi centrale, ma non lo si affronta semplicemente adottando nuove tecniche comunicative: la risposta abita in un cambio di atteggiamento. Diceva il sociologo David Le Breton che ‘se l’altro non è apprezzato, la sua lingua è un rumore’. Uno sguardo positivo sul mondo e sull’umano, ascolto e accoglienza, sono gli elementi fondamentali che consentono ogni comunicazione”.
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Quali indicazioni può offrire la meditazione cristiana?
“Riscoprire questa pratica antica aiuta prima di tutto noi-Chiesa a uscire dalla frenesia del fare, dall’ansia di ‘concludere’ qualcosa. Apre lo sguardo sulla nostra interiorità e ci dispone in ascolto di Colui che è il Bello, il Vero, il Buono. In relazione profonda con Lui, tutto diventa poi più sensato, e possibile”.
A chi sono rivolti tali approfondimenti?
“Oltre agli studenti ordinari, i corsi sono aperti agli uditori, operatori pastorali in genere, preti, diaconi, ministri e ministre istituiti e di fatto, insegnanti di religione, qualsiasi persona magari impegnata nel sociale, nella sanità… non ci sono preclusioni. Per chi sceglie la modalità di frequenza in formazione permanente c’è anche la possibilità di seguire i corsi online”.