Rio de Janeiro , martedì, 9. febbraio, 2016 15:00 (ACI Stampa).
Il “panico sociale” creato dal virus Zika ha aperto una strada per le lobby LGBT. Che in America Latina stanno spingendo per promuovere l’aborto come una forma di prevenzione qualora ad esserne affette sia una madre incinta, perché il bambino potrebbe essere a rischio di microcefalia. E questo anche se ancora non è stato accertato alcun legame tra la microcefalia dei bambini appena nati.
Spiega monsignor Robert Vitillo, responsabile di Caritas Internazionale per i temi della salute, che “durante il Consiglio governativo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha avuto luogo dal 25 al 30 gennaio, l’organismo internazionale ha dichiarato che l’unico mezzo di trasmissione del virus era attraverso le punture di zanzara. E gli esperti, durante i loro briefing, hanno affermato che non c’è evidenza di una trasmissione da persona a persona”.
Poi, però, dopo una riunione alcuni esperti hanno isolato il virus in urina, saliva e liquidi sessuali di alcuni pazienti, cosa che ha lasciato aperta la questione di una possibile trasmissione attraverso contatti interpersonali.
Di certo, Zika non è stato considerato un virus con effetti seri, tanto che l’OMS non ha dichiarato una emergenza sanitaria per Zika, ma piuttosto una emergenza dell’incremento di casi di microcefalo o di altri fenomeni anormali in bambini nati in alcuni Paesi con una prevalenza di Zika.
La stessa OMS ha ribadito in questi giorni che l’emergenza internazionale di salute pubblica debba considerarsi collegata non allo Zika in sé, ma al sospetto legame — ancora tutto da dimostrare — fra la malattia e la microcefalia dei bambini da un lato, e dall’altro la sindrome neurologica di Guillain-Barré.