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Tra la guerra e la rivoluzione: il lavoro dell’internunzio Riberi in Cina

La Fu Jen Catholic University di Taipei ha guardato al lavoro dell’internunzio Antonio Riberi in Cina prima dell’espulsione dei diplomatici della Santa Sede. Uno sguardo al passato per capire il presente

Internunzio Antonio Riberi | Un ritratto del primo internunzio di Cina Antoni Riberi | Wikimedia Commons Internunzio Antonio Riberi | Un ritratto del primo internunzio di Cina Antoni Riberi | Wikimedia Commons

Serve guardare al passato per capire il presente. Così, lo scorso 16 maggio, la Fu Jen Catholic University di Taipei ha tenuto una conferenza dal titolo “Vaticano e Cina: relazioni diplomatiche tra la Guerra e la rivoluzione. L’Internunziatura Apostolica di Antonio Tamberi in Cina (1946 – 1958)”.

Perché guardare a quel periodo? Perché fu in quel periodo che si svilupparono le relazioni sino vaticane prima dell’espulsione, e perché in quel periodo matura anche la decisione di Chiang Kai Shek di riparare a Taiwan. Dunque, non c’è da stupirsi se una università cattolica a Taiwan cerchi di ripercorrere i passi della diplomazia pontificia. Specialmente oggi, che c’è una certa preoccupazione per l’accordo sino vaticano sulla nomina dei vescovi e per le sue possibili conseguenze.

A tenere la conferenza è stato Gianfranco Armando, dell’Archivio Apostolico Vaticano, che un curriculum di tutto rispetto come storico della Chiesa, e che ha tratteggiato la storia sulla base del lavoro fatto negli archivi vaticani per oltre venti anni per mettere ordine alle carte del primo nunzio apostolico in terra di Cina.

Riberi fu nunzio in Cina nel 1946. Aveva il titolo di internunzio, ma il suo lavoro era quello del nunzio, semplicemente al tempo si usavano due nomi differenti.

Riberi era nato a Montecarlo nel 1897, la sua famiglia proveniva dal Nord Ovest. Sacerdote dal 1922 per la diocesi di Cuneo, si trasferì presto a Roma per cominciare la carriera accademica. Nel 1934 fu nominato vescovo, e fu inviato in Africa come delegato apostolico per la missione di propaganda. Dal 1939 al 1946 fu a capo del servizio di assistenza della Santa Sede per prigionieri della Seconda Guerra Mondiale, e quindi nominato internunzio in Cina nel 1946.

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Riberi presentò le credenziali al presidente di Cina Chiang Kai Shek il 28 dicembre 1946 a Nanchino. Tuttavia, al termine della guerra civile, ebbe diversi problemi con il governo comunista nella Cina continentale, e allora si mosse ad Hong Kong e quindi a Taiwan, dove ristabilì la nunziatura apostolica, e fu espulso dalla Cina nel 1951.

Era l’epoca di Pio XII e si può comprendere qualcosa di più quel tempo proprio grazie all’apertura degli archivi di quel Papa, in particolare – sottolinea Armando – guardando ai tredici anni di pontificato che vanno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945 alla morte di Papa Pacelli nel 1958.

Sono tempi interessanti anche per la Cina. Nel 1926 erano stati ordinati in San Pietro i primi vescovi di origine cinese. La corrispondenza di Riberi è interessante. C’è l’invito ad un ricevimento ufficiale organizzato dal cardinale Thomas Tien ken-sin, allora arcivescovo di Pechino.

Armando sottolinea che il Cardinale Tien è “una figura molto importante della gerarchia cinese. È il primo vescovo cinese creato cardinale, e dunque il primo cardinale cinese della storia della Chiesa”.

Le lettere di Riberi sono tutte in linguaggi occidentali – italiano, francese, tedesco, inglese, spagnolo – perché “tutti i missionari erano dalle nazioni occidentali e anche dagli Stati Uniti o dal Canada”.
Armando ricorda che c’è una corrispondenza con preti cinesi anche in latino, perché “tutti studiavano latino”.

Altre fonti di informazione importanti, nota Armando, sono gli articoli di giornale di quel periodo. Vi si trovano informazioni delle visite di Riberi in differenti città, informazioni riguardo dimostrazioni contro Riberi organizzate dalla propaganda comunista per preparare la sua espulsione.

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Quando Riberi comincia il lavoro nel 1946, c’erano 20 province ecclesiastiche in Cina, e “quando si cominciò a lavorare per il completo stabilimento della gerarchia cattolica in Cina, era molto importante per la Chiesa cinese essere non solo un territorio missionario”.

Un grande merito di Riberi è stato quello di trasferire parte del suo archivio personale negli Stati Uniti quando si rese conto che i comunisti stavano per vincere la battaglia contro i nazionalisti. Parte degli archivi furono invece distrutti da Riberi quando i comunisti arrivarono a Nanchino.

Armando spiega che “fu difficile mantenere in quel periodo gli archivi, perché i comunisti li avrebbero letti e si sarebbero informati riguardo l’azione della Chiesa Cattolica.

Armando racconta di aver trovato una lettera di Riberi in cui spiega di aver distrutto parte dell’archivio e poi di essersi spostato prima ad Hong Kong e poi a Taiwan”.

Dal 1949 al 1951, fino all’espulsione, Riberi si stabilisce a Nanchino, e ci vive “circa due anni senza alcun accordo diplomatico con il governo comunista”.

Armando nota che si deve considerare che “in quel periodo, si vive un forte periodo di Guerra Fredda. Tutti i governi comunisti in Europa stavano tagliando le relazioni con la Chiesa Cattolica. Nel 1945 cominciò la persecuzione delle comunità cattoliche, vennero imprigionati e uccisi sacerdoti in Polonia, Russia, Ucraina, Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria e anche nelle nazioni baltiche, specialmente in Lituania, che è una grande nazione cattolica”.

C’era dunque molto sospetto riguardo il governo comunista cinese, perché si doveva capire se i comunisti cinesi sarebbero stati come i loro “fratelli” in Europa e in Russia.

Per questo, c’era scetticismo a riconoscere il governo cinese nella Cina continentale, e per questo c’erano anche altri ambasciatori da altre nazioni che avevano spostato le loro residenze e rappresentanze diplomatiche dalla Cina Continentale a Taiwan.

Riberi fu imprigionato, interrogato in maniera dura, e gli fu richiesto di firmare un documento in cui si diceva di essere membro di una organizzazione controrivoluzionaria. Quando lui rifiutò di firmare quella dichiarazione, fu espulso, e la polizia comunista cinese lo accompagnò al confine, e così lui arrivò ad Hong Kong.

Nel 1952, Riberi ricevette l’ordine di muoversi verso Taiwan, ma “non direttamente per aprire la nunziatura apostolica, ma piuttosto per consacrare il primo arcivescovo di Taipei”,  in una sorta di accordo diplomatico.

Quindi, Riberi ristabilì le relazioni con il governo di Chiang Kai Shek. Dopo l’incarico a Taiwan, Riberi fu nominato nunzio in Irlanda e poi in Spagna. Nel 1976, fu creato cardinale, e così si trasferì a Roma. Riberi era un amico fraterno di Giovanbattista Montini, poi Papa Paolo VI, e rimase scioccato alla morte del Pontefice ne 1978.

Armando mostra anche una serie di documenti e foto di epoca, che possono aiutare a conoscere meglio la straordinaria missione in Cina in anni molto difficili. Non mancano riferimenti al Cardinale Celso Costantini, che da delegato apostolico di Cina mise in pratica la lettera apostolica Maximum Illud di Benedetto XV, convocò il primo concilio cinese a Shanghai ormai cento anni fa e mise le basi per la costituzione di una gerarchia cinese.

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Armando nota che la presenza di Costantini come delegato apostolico in Cina rappresenta la prima volta che si hanno relazioni normali con la Cina, e che “i problemi delle mancate relazioni diplomatiche non erano dovute alla Cina e nemmeno alla Santa Sede”, ma piuttosto agli Stati che sul territorio esercitavano un protettorato, come la Francia, che non consideravano nemmeno la presenza di un nunzio apostolico, ma ritenevano che il loro patronato desse loro “il privilegio di proteggere le missioni cattoliche in tutto il mondo, specialmente nelle nazioni dell’Oriente”, e i governi cinesi avevano messo in atto “una azione diplomatica molto forte contro il progetto”.

Per questo, anche la nomina del primo nunzio fu tenuta segreta, perché “la Francia avrebbe potuto al tempo protestare contro queste nomine”.