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Diplomazia pontificia, in Ucraina fuorilegge la Chiesa legata al Patriarcato di Mosca

Grande dibattito per la legge approvata dalla Rada ucraina. La posizione della Chiesa Greco Cattolica Ucraina. La situazione

Rada | Una veduta della Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino | Holodomor Museum Rada | Una veduta della Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino | Holodomor Museum

La legge 8371 è stata approvata dalla Rada (il Parlamento ucraino) lo scorso 20 agosto, aspetta solo la firma del presidente Zelensky ed entrerà in vigore entro nove mesi. Perché è diplomaticamente importante? Perché la legge prevede lo scioglimento per tutte le organizzazioni religiose il cui centro risiede all’estero o che possano essere affiliate ad un centro estero. In pratica, la Chiesa Ortodossa Ucraina legata al Patriarcato di Mosca rischia di essere messa fuorilegge, e questo nonostante le sue posizioni, dall’aggressione russa in poi, non siano state sempre conformi a quella del Patriarcato di Mosca, da dove si è arrivati persino a parlare di “guerra santa” e da dove è partita l’ideologia del “mondo russo”, ovvero l’idea che c’è una Grande Russia che comprende la Russia Bianca (cioè la Bielorussia) e l’Ucraina, e che dunque questi due Stati altro non sarebbero che una espressione della Russia.

La legge ha creato controversie, sebbene sia stata appoggiata sia dalla Chiesa Greco Cattolico Ucraina che dal Consiglio Pan Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose, che non hanno mancato di notare come la religione sia stata usata come un’arma nel corso di questo conflitto.

Vale la pena di notare che parliamo di un conflitto iniziato già prima, con la decisione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli di concedere il tomos di autocefalia ad una Chiesa oprtossa nazionale ucraina, toccando, secondo il Patriarcato di Mosca, il territorio della Chiesa ortodossa russa. Questo “scisma ortodosso” ha portato non solo il Patriarcato di Mosca a lasciare tutti i tavoli di dialogo in cui sedeva o co-presiedeva il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, ma anche a creare due nuovi esarcati in Africa, in una mossa che da una parte vuole avanzare la cura pastorale dei propri fedeli ma dall’altra sembra un modo “politico” per  mostrare la presenza russa.

Proprio in questi giorni, il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli ha inviato una delegazione per cercare di portare “pace ecumenica” nella nazione.

                                                           FOCUS UCRAINA

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Ucraina, fuorilegge la Chiesa legata al Patriarcato di Mosca

Il 20 agosto, la Rada (il Parlamento Ucraino) ha approvato la legge 8371, con il voto favorevole di 256 deputati.

La legge, che riceve anche un appoggio delle Chiese locali, mette fuorilegge qualunque Chiesa o organizzazione religiosa il cui capo si trovi fuori dall’Ucraina. È una legge fortemente tarata per colpire la Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca, e sembra avere un intento discriminatorio nei confronti della fede che non ha suscitato reazioni positive nemmeno tra le organizzazioni religiose in Ucraina.

Questa legge si unisce a quella con la quale Zelensky obbligava alla leva anche i sacerdoti, in una chiara violazione della libertà religiosa, e con la scusa che molti si siano fatti pastori protestanti solo per evitare di andare in battaglia.

Secondo alcuni articoli, il 20 e 21 agosto si sarebbe recata in Ucraina una commissione speciale del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Questa era composta dall’arcivescovo Hilario (Rudnyk) di Winnipeg, il metropolita Job (Getcha) di Pisidia e il diacono patriarcale Epifany Kamyanovich. La commissione, stabilita dal Patriarcato Ecumenico il 26 aprile 2023, avrebbe il compito di lavorare alla restaurazione dell’unità dell’ortodossia ucraina.

Secondo l’articolo, la Chiesa Ortodossa Ucraina (legata a Moscae il governo ucraino avrebbero a lungo lavorato per bloccare le operazioni della commissione, ma questa è stata riattivata anche grazie alla personale attività diplomatica del metropolita Tikhon, primate della Chiesa Ortodossa di America, che ha visitato la Chiesa Ortodossa Ucraina (UOC) e il Fanar lo scorso giugno.

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La presenza di membri della commissione del Patriarcato Ecumenico durante il voto non è stata confermata. I membri Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni religiose, che rappresenta il 95 per cento delle confessioni religiose in Ucraina, ha rilasciato la scorsa settimana un comunicato. Significa che non tutti i membri del Consiglio hanno aderito al comunicato.

La legge prevede che una organizzazione religiosa ucraina è destinata ad essere chiusa se anche solo uno dei sette segni previsti di affiliazione con la Chiesa Ortodossa Russa è presente, senza alcuna necessità di provare che Mosca stia effettivamente controllando l’organizzazione religiosa ucraina.

In realtà, la Chiesa Ortodossa Russa del Patriarcato di Mosca ha preso, dal Consiglio del 2022, una serie di decisioni che violano la Carta costitutiva della Chiesa ortodossa Russa, cosa che proverebbe che non c’è alcuna influenza di Mosca nei loro confronti.

Tuttavia, tra i segni di affiliazione previsti dalla legge, c’è anche quello in cui si sottolinea che la Carta della Chiesa Ortodossa Russa abbia “misure riguardanti il diritto di prendere decisioni dai corpi di governo statutori della specificata organizzazione religiosa su temi canonici e organizzativi che sono vincolanti per l’operatività dell’organizzazione religiosa ucraina. Così, per chiudere la Chisa Ortodossa Russa basterebbe utilizzare Capitolo X sezione 10 della Carta della Chiesa Ortodossa Russa che descrive proprio la questione delle decisioni.

L’ultima versione della legge, che dovrà essere poi firmata dal presidente ucraino Volodymir Zelensky, rende una intera organizzazione religiosa passibile di scioglimento se i suoi leader religiosi commettono alcuni crimini o sulla base della loro diffusione dell’ideologia del “Mondo Russo”, e addirittura si arriva rendere passibile di scioglimento una organizzazione religiosa che è “affiliata con la Chiesa Ortodossa Russa”.  Tuttavia, la legge non dovrebbe entrare in vigore prima di 9 mesi.

Il presidente Zelensky con il Consiglio Pan-Ucraino della Chiese

Il 16 agosto, il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha tenuto una video conferenza con i rappresentanti del Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni religiose. Il Consiglio ha diffuso una dichiarazione al termine dell’incontro.

Nella dichiarazione, i membri del Consiglio sottolineano di “condannare categoricamente le attività della Chiesa Russa Ortodossa, che è diventata complice dei sanguinosi crimini contro l’umanità degli invasori russi, che santificano le armi di distruzione di massa e dichiarano apertamente la necessità di distruggere la statualità, cultura, identità ucraine e, più recentemente, gli stessi ucraini”.

Il Consiglio ribadisce anche la dichiarazione da loro diffusa l’11 aprile 2023, in cui si sottolineava che “la partnership e la libertà di religione e la loro protezione sono alla base delle relazioni Stato-Chiesa in Ucraina, e nessuna organizzazione, che sia religiosa e secolare, che ha il suo centro in una nazione che ha commesso aggressione militare contro il nostro popolo ed è governata dallo Stato aggressore può operare in Ucraina. Supportiamo l’iniziativa legislativa del presidente ucraino per rendere impossibile a queste organizzazioni di operare nella nostra nazione, che ha anche un ampio supporto politico”.

Le parole sono state accuratamente scelte, ed anche il tono della dichiarazione è cambiato. Nel 2023, si doveva dimostrare che una organizzazione religiosa ucraina fosse controllata dal territorio della federazione russa. Ma in tutte le versioni del 2024 della Proposta di Legge 8371 non è necessario mostrare che l’organizzazione religiosa ucraina sia attualmente governata da un centro russo, ma basta una mera affiliazione per sciogliere l’organizzazione. Così, pur appoggiando il progetto di legge, i membri del Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese rendono noto di non appoggiare l’idea di sciogliere una organizzazione religiosa solo sulla base di un sospetto di affiliazione.

Legge sulle organizzazioni religiose, il parere di Shevchuk

Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo Maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha appoggiato la legge approvata dalla Rada ucraina che proibisce le attività della Chiesa Ortodossa Russa in Ucraina e bandisce le attività di ogni organizzazione religiosa ritenuta affiliate con Mosca.

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Motivo dell’appoggio alla legge, ha spiegato Sua Beatitudine, risiede nel fatto che la Russia ha “usato la Chiesa Ortodossa Russa come un mezzo di militarizzazione”, una “arma neurtropica”.

Shevchuk ha fatto queste osservazioni all’officiale del governo tedesco Lisa Geike, sottolineando che la legge vuole offrire una protezione contro la narrativa e l’ideologia del “Mondo Russo”, e sullo stabilimento di una “Pace Russa” in Ucraina, e avrebbe dunque lo scopo di proteggere la libertà religiosa dalla manipolazione.

Tuttavia, Shevchuk afferma anche che “è importante monitorare come la legge sarà implementata in pratica”.

Oltre 100 sacerdoti della Chiesa Ortodossa Russa sono soggetti a procedimenti penali, sottolinea il Servizio di Sicurezza Ucraina. Heorhiy Kovalenko, rappresentante della Chiesa Ortodossa di Ucraina (la Chiesa autocefala nazionale) cui è passato dalla Chiesa legata al Patriarcato di Mosca, ha detto al Kyiv Post che la legge non bandisce alcuna Chiesa nello specifico, ma semplicemente restringe le attività delle organizzazioni religiose in Ucraina in caso continuino a cooperare con lo Stato russo.

Secondo il presidente Zelensky, la legge “è chiamata a garantire la nostra indipendenza spirituale”, annunciando che, dopo il colloquio avuto con il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose, avrà anche un colloquio con i rappresentanti del Patriarcato Ecumenico di Constantinopoli.

Il vescovo metropolita della Chiesa Ortodossa Russa Klyment, difendendo il ruolo della sua Chiesa in Ucraina, ha detto che questa è indipendente da Mosca, e che quindi la legge è ingiusta, perché la Chiesa “non è subordinata ad alcun centro all’interno dell’Ucraina, ovvero ad alcun centro diverso dalla metropoli di Kyiv.

Shevchuk incontra il nuovo ambasciatore di Italia a Kyiv

Lo scorso 20 agosto, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha incontrato Carlo Formosa, ambasciatore di Italia in Ucraina, che lo ha visitato nella sua residenza di Kyiv. Durante l’incontro, si è discusso della situazione umanitaria in Ucraina nel contesto dell’aggressione russa, del ruolo della Chiesa nella società e delle relazioni tra Chiesa e Stato.

Secondo un comunicato della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, Sua Beatitudine Shevchuk ha raccontato all’ambasciatore nel dettaglio la storia della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, la sua soppressione da parte dell’impero russo nel 1839, il lavoro in diverse regioni ucraine dopo la soppressione e il lavoro di ricostruzione.

Shevchuk ha espresso gratitudine all’Italia per aver accolto circa mezzo milione di ucraini, sottolineando anche la recente costituzione dell’Esarcato Apostolico in Italia, che mostra come “la rete globale della Chiesa greco-cattolica ucraina costituisca un elemento fondamentale per il

supporto e sostegno reciproco a livello globale” e che “grazie a questa rete, ha aggiunto, la

Chiesa greco-cattolica ucraina mantiene un dialogo attivo con diversi Paesi del mondo a

nome del popolo ucraino sofferente”.

Da parte sua, si legge nel comunicato, “l’ambasciatore italiano ha espresso apprezzamento per lo sviluppo generale della Chiesa greco-cattolica ucraina e ha mostrato interesse per le modalità attraverso le quali la Chiesa avvicina i nuovi fedeli”.

Shevchuk ha descritto la Chiesa Greco Cattolica Ucraina come una “Chiesa missionaria”, sottolineando di non voler essere percepiti solo come struttura sociale.

Il comunicato aggiunge che “sono state affrontate questione riguardanti la situazione religiosa in

Ucraina nel contesto della guerra e le relazioni tra Chiesa e Stato”.

In particolare, Shevchuk ha notato che le comunità religiose in Ucraina si sono unite di fronte della minaccia comune, e ha rimarcato che la futura costruzione dell’Ucraina non può prescidere da libertà religiosa e pace, mentre nei territori ucraini attualmente occupati “non c’è libertà religiosa e non vi è presenza di alcun sacerdote cattolico. “

Parlando della legge 8371, Sua Beatitudine ha detto che il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese non ha partecipato alla stesura del testo, ma che ha delineato quattro principi chiave del testo: Collaborazione e partnership tra Stato e Chiese; Assenza di una Chiesa statale e uguaglianza di tutte le organizzazioni religiose; Non interferenza dello Stato nelle questioni ecclesiastiche; diritto e dovere dello Stato di garantire la sicurezza nazionale, reagendo alla possibile strumentalizzazione delle organizzazioni religiose da parte degli Stati-aggressori.

Sono principi che “si applicano a tutte le Chiese e organizzazioni religiose, che operano sul

territorio dell’Ucraina. Siccome l’ambiente religioso in Ucraina è diventato un bersaglio

degli attacchi da parte della Russia, lo Stato è obbligato a reagire ai portatori

dell’ideologia del ‘mondo russo’, così come ogni paese europeo fa nei confronti della

diffusione dell’ideologia dello Stato islamico e dei suoi estremisti religiosi”, ha rimarcato Shevchuk.

Al termine dell’incontro, Shevchuk ha donato a Formosa na medaglia commemorativa, realizzata in occasione della consacrazione della Cattedrale Patriarcale della Resurrezione di Cristo, una pubblicazione illustrativa sulla Chiesa greco-cattolica ucraina, e il Messaggio del Sinodo Vescovile della Chiesa greco- cattolica ucraina sul tema della guerra e della pace giusta, tradotto in sei lingue, italiano incluso

                                                           FOCUS ASIA

Cina, un sacerdote dell’Associazione Patriottica protesta contro la situazione a Wenzhou

Ha la data del 16 agosto la lettera che padre Jin Mengxiu, un sacerdote cattolico cinese registrato agli organismi ufficiali ha scritto ai responsabili del Dipartimento degli Affari Religiosi della provincia dello Zhejang. La lettera aveva lo scopo di protestare contro la situazione nella diocesi di Wenzhou, dove l’11 agosto agenti in uniforme hanno fatto irruzione in una chiesa lasciata senza assistenza pastorale da un piano di ridefinizione delle parrocchie deciso da padre Ma Xianshi, sacerdote iscritto agli organismi del governo e guida di fatto della Chiesa locale.

Vescovo della diocesi di Wenshou sarebbe infatti Pietro Shao Zumin, 61 anni, nominato nel 2011 vescovo coadiutore con un mandato del Papa ed ha dunque preso la completa successione della diocesi alla morte del vescovo Vincent Zhu Wei-Fang. Shao Zumin non ha però aderito all’Associazione Patriottica, e dunque le autorità cinesi nonne hanno mai riconosciuto la nomina. Per questo, Pechino considera vacante la diocesi, che è guidata di fatto da padre Ma Xianshi, mentre il vescovo Shao Zumin è stato ripetutamente arrestato, in modo da impedire ai fedeli di partecipare a riti da lui presieduti. L’ultimo arresto, avvenuto qualche mese fa, era proprio a seguito di una protesta che Shao Zumin ha compiuto nei confronti del piano di ristrutturazione della diocesi.

La lettera aperta alle autorità cinesi di padre Mengxiu pone proprio l’accento sul ruolo di padre Ma. Padre Mengxiu nota che c’è stato sconcerto tra i fedeli a seguito del piano di ridefinizione delle parrocchie deciso da un sacerdote che non è vescovo, e per questo lui stesso – che è a riposo – ha deciso di celebrare i sacramenti nella chiesa rimasta senza sacerdoti, nonostante le pressioni, con lo scopo di dare continuità spirituale ai credenti.

Padre Mengxiu ricorda anche che il diritto canonico dà solo al vescovo l’autorità di istituire e sopprimere parrocchie, e nota che nemmeno a Shanghai, rimasta molti anni vacante, ha visto un piano di ristrutturazione organizzativa ad opera di qualcuno che non era vescovo. Anzi, l’intervento della polizia in favore del provvedimento di padre Ma non aiuta l’armonia.

Mengxiu mette in luce anche che se un sacerdote agisce abbandonando le regole della Chiesa che lo ha nutrito e sostenuto il suo patriottismo potrebbe non essere credibile, e chiede ai responsabili provinciali del Dipartimento degli Affari Religiosi di “correggere gli errori nell’applicazione della legge”.

La lettera è significativa perché viene proprio dalla Chiesa Patriottica, e perché mette in luce alcune crepe nel sistema di sinizzazione che Xi Jinping ha imposto a tutte le religioni.

È anche questa una situazione da ponderare in vista del rinnovo dell’accordo tra Cina e Vaticano sulla nomina dei vescovi, con un dialogo che dovrebbe aver luogo a Pechino il prossimo settembre.

Myanmar, ancora violenze contro i Rohingya

Nel conflitto che sembra dimenticato del Myanmar, arrivano notizie di nuove violenze ai danni della minoranza musulmana dei Rohingya nello Stato occidentale di Rakhine. I Rohingya sono stati oggetto di una campagna di persecuzione dei militari tra il 2016 e il 2017, e al tempo Papa Francesco fece diversi appelli a loro favore.

In queste ultime settimane, l’Arakan Army, la pulizia etnica indipendentista del Rakhine che combatte l’esercito golpista, avrebbe intensificato la campagna di pulizia etnica. Elaine Pearson, direttore del desk Asia dello Human Rights Watch, ha redatto un rapport la scorsa settimana in cui denuncia “uccisioni extragiudiziali e incendio doloso diffuso”, mentre entrambe le parti stanno alimentando “discorsi di odio, attacchi ai civili e massicci incendi dolosi per cacciare le persone dalle loro case e villaggi, sollevando lo spettro della pulizia etnica”.

Tra le uccisioni extra giudiziali, l’attacco a decine di Rohyngia in fuga dal Myanmar che sarebbe avvenuto lo scorso 5 agosto, una circostanza comunque contestata dall’esercito Arakan.

Voice of America ha raccolto testimonianze che parlano di almeno 200 Rohingya uccisi nel tentativo di fuga verso il Bangladesh, mentre nei giorni successivi alcuni funzionari di Dhaka hanno confermato di aver trovato 34 corpi che galleggiavano sul fiume Naf.

L’esercito Arakan ha comunque contestato la ricostruzione dei fatti, sottolineando che le morti “non sono avvenute in aree sotto il nostro controllo e non sono collegate alla nostra organizzazione”.

La guerra civile in Myanmar è riesplosa nel 2021, quando i militari hanno effettuato un colpo di Stato riprendendo il potere. Negli ultimi mesi, la giunta militare è stata cacciata dalle aree degli Stati Chin, Shan e Rakhine da una coalizione di forze ribelli etniche.

Si inserisce in questo contesto la difficile situazione dei Rohingya, minoranza musulmana, che da oltre 50 anni cerca di scampare alle persecuzioni rifugiandosi in Paesi vicini, come Bangladesh e Vietnam, vivendo in pratica una condizione da apolide.

C’è un gruppo di esperti internazionali indipendenti, chiamato Special Advisory Council per il Myanmar (SAC), che ha chiesto ai miliziani do collaborare con il governo del Bangladesh per stabilire un corridoio umanitario e fornire assistenza umanitaria anche alle altre comunità dello Stato di Rakhine.

Il 25 agosto sarà il settimo anniversario dal massacro dei Rohingya da parte dell’esercito birmano, quando il 75 per cento del milione di Rohingya presenti nell’area sono stati costretti a fuggire nel vicino Bangladesh.

                                                           FOCUS EUROPA

Polonia, i vescovi si appellano alla Corte Suprema per un decreto sulla educazione religiosa

Il presidio della Conferenza Episcopale Polacca ha inoltrato una petizione al primo presidente della Corte Suprema il 22 agosto chiedendo una mozione del Tribunale Costituzionale per esaminare la validità del decreto del Ministero dell’Educazione del 26 luglio 2024 che ha emendato le condizioni e le modalità della educazione religiosa negli asili pubblici e nelle scuole.

I punti principali della petizione sono stati presentati in un briefing presso la Segreteria della Conferenza episcopale polacca dal portavoce della Conferenza episcopale polacca, don Leszek Gęsiak SJ.

Una petizione simile è stata presentata dalle chiese affiliate al Consiglio ecumenico polacco.

Il portavoce della Conferenza episcopale polacca ha sottolineato che il Presidium della Conferenza episcopale polacca richiede inoltre un esame della conformità delle disposizioni del regolamento con gli articoli 2, 24 e 53(3) in relazione all'articolo 48(1) della Costituzione della Repubblica di Polonia del 2 aprile 1997, all'articolo 12(2) del Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica di Polonia firmato a Varsavia il 28 luglio 1993 e all'articolo 1(1), (3) e (5) della legge del 14 dicembre 2016. - Legge sull'istruzione.

Nel decidere di presentare una petizione al Primo Presidente della Corte Suprema – ha ammesso don Leszek Gęsiak SJ – il Presidium della Conferenza episcopale polacca è guidato dalla convinzione che il caso riguardi un importante interesse pubblico, vale a dire valori quali la correttezza della legislazione, la tutela del lavoro, il diritto dei genitori di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni e il diritto dei bambini e dei giovani a un'educazione e a una cura adeguate alla loro età e allo sviluppo raggiunto.

Don Gęsiak ha sottolineato che nell'emanare il regolamento in questione, si è limitato a consentire ai rappresentanti delle chiese e di altre associazioni interessate di esprimere le proprie opinioni.

Nel frattempo, l'articolo 12(2) della legge sul sistema educativo richiede al ministro competente, quando emana un regolamento che specifica le condizioni e le modalità di esecuzione dei compiti relativi all'organizzazione dell'educazione religiosa da parte delle scuole, di agire "in accordo con le autorità della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa autocefala polacca e di altre chiese e associazioni religiose".

Secondo il portavoce dei vescovi polacchi, anche il principio di tutela della fiducia dei cittadini nello Stato e nelle leggi da esso emanate, il principio di lealtà dello Stato verso i suoi cittadini, che è visto come fondamento del principio di uno Stato democratico di diritto (articolo 2 della Costituzione) e il principio di tutela del lavoro (articolo 24 della Costituzione) sono stati violati in modo estremo nei confronti dei catechisti, e in particolare dei catechisti laici, per i quali il lavoro di insegnante di educazione religiosa è la base per garantire i bisogni materiali, spesso non solo i propri, ma anche quelli della propria famiglia.

Don Gęsiak ha osservato che il regolamento contestato non contiene alcuna disposizione che assicuri la stabilità dell'impiego dei catechisti nella situazione di un improvviso cambiamento nei regolamenti riguardanti le condizioni e le modalità di organizzazione dell'istruzione religiosa, che avrà necessariamente l'effetto di ridurre significativamente la domanda di lavoro degli insegnanti di educazione religiosa.

Inoltre, il regolamento, così come redatto, mette in discussione questa stabilità rendendo la possibilità del loro impiego continuativo dipendente da fattori completamente al di fuori del loro controllo.

Don Gęsiak ha sottolineato che non sono state formulate disposizioni transitorie per facilitare l'adattamento dei catechisti alla nuova situazione e che il periodo di vacatio legis previsto dal regolamento (il regolamento entrerà in vigore il 1° settembre 2024) è anche chiaramente inadeguato alla natura delle modifiche introdotte e ai rapporti giuridici a cui si riferisce.

Il portavoce della PBC ha anche messo in luce che le disposizioni del regolamento modificato non rispettano sufficientemente il diritto costituzionalmente garantito (articolo 53(3) in connessione con l'articolo 48(1)) dei genitori di determinare la direzione dell'educazione e dell'insegnamento morale e religioso dei loro figli, preservando al contempo i diritti dei figli stessi.

Don Gęsiak ha sottolineato che l'insegnamento della religione cattolica dovrebbe essere svolto in conformità con il programma elaborato dall'autorità ecclesiastica. Ha aggiunto che è importante a questo proposito che i programmi elaborati in questo modo forniscano contenuti separati per ogni livello di insegnamento (ogni classe).

L'insegnamento in gruppi interclasse – ha riconosciuto il portavoce del PBC – sarà per sua stessa natura un insegnamento erogato in modo diverso da quello pianificato nei programmi elaborati dall'autorità ecclesiastica autorizzata. Ciò costituisce una violazione dell'articolo 12(2) del Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica di Polonia.

Padre Gęsiak ha osservato che le ampie possibilità di creare gruppi interclasse sono, inoltre, contrarie al diritto dei bambini e dei giovani all'educazione e alla cura, appropriate alla loro età e allo sviluppo raggiunto, e all'obbligo di adattare il contenuto, i metodi e l'organizzazione dell'insegnamento alle capacità mentali e fisiche degli alunni (articolo 1, punti 1, 3 e 5 della Legge sull'istruzione). Il portavoce del PBC ha sottolineato

che questo fatto è, tuttavia, completamente ignorato nelle disposizioni del regolamento.

Il direttore del Consiglio ecumenico polacco, Rev. Grzegorz Giemza, ha sottolineato che la questione fondamentale sollevata nella petizione è la modalità in cui è stato emanato questo regolamento. Ha sottolineato che questa modalità non è stata seguita, nonostante il fatto che la pratica di agire di comune accordo sia stata seguita da tutti i ministri dell'istruzione negli ultimi 30 anni.

Padre Giemza ha aggiunto che, inoltre, il periodo di vacatio legis di un mese previsto dal regolamento, nel contesto della difficile situazione del personale nel sistema di istruzione pubblica in Polonia, nota all'autorità emittente, non corrisponde al principio di razionalità del legislatore. Il direttore del Consiglio ecumenico polacco ha osservato che il regolamento del 2024 pone un rischio reale che alcuni insegnanti di educazione religiosa perdano il loro lavoro, senza una reale possibilità di ottenere nuove qualifiche di insegnamento in discipline tra cui vi è una carenza di insegnanti.

                                                           FOCUS AFRICA

Repubblica Democratica del Congo, i vescovi chiedono il rispetto del cessate il fuoco

Lo scorso 7 agosto, la Conferenza Episcopale Nazionale Congolese ha chiesto ai governi della Repubblica Democratica del Congo e del Ruanda che sia “applicato pienamente l’accordo di cessate il fuoco”, plaudendo al progresso, ma ricordando che non ci si trova di fronte al primo accordo tra le due nazioni, e che tutti gli accordi precedenti “erano stati allegramente violati e le varie segnalazioni a riguardo non avevano dato luogo a sanzioni”.

L’accordo cui i vesCovi fanno riferimento è quello annunciato lo scorso 30 luglio, e firmato a Luanda, capitale dell’Angola, che ha fatto da mediatore.

Kinshasa accusa Kigali di appoggiare i ribelli dell’M23 che hanno conquistato diverse zone della provincia orientale del Nord Kivu, e Kigali, pur rigettando le accuse, si è impegnato a garantire un accordo di pace con l’M23. Tuttavia, l’M23 continua la sua avanzata, ed è il motivo dell’intervento dei vescovi.

La CENCO, tra il 2022 e il 2024, ha effettuato quasi dieci missioni di sensibilizzazione all’esterno.

Secondo il rapporto pubblicato il 6 agosto dal Gruppo di Studio sul Congo dell’Università di New York, la ripresa dei combattimenti dell’M23 nel 2021 a 8 anni dalla sua capitolazione nel 2013, ha a che fare con gli accordi economici siglati tra RDC e Uganda, che rischiavano di estromettere il Ruanda dai commerci regionali.

                                                           FOCUS AMBASCIATE

Il nuovo ambasciatore di Slovacchia presso la Santa Sede Priputen presenta le credenziali

Lo scorso 22 agosto, Juraj Pritupen, nuovo ambasciatore di Slovacchia presso la Santa Sede, ha presentato a Papa Francesco le sue lettere credenziali.

Conoscitore del mondo russo con studi a Mosca, ha una carriera diplomatica che lo ha visto lavorare sia nel campo dei diritti umani che nelle ambasciate.

In particolare è stato: Desk Officer, Dipartimento dei Diritti Umani, Dipartimento per la Corte Internazionale di Giustizia, MAE (1997 – 2000); Human Rights Advisor, Missione Permanente della Repubblica Slovacca presso le Nazioni Unite, New York (2000 – 2004); Direttore dell’Ufficio del Segretario Generale, MAE (2004 – 2006); Vice Capo Missione, Ambasciata nella Federazione Russa (2006 – 2010); Capo dell’Unità del Dipartimento delle Nazioni Unite, Direttore del Dipartimento dei Diritti Umani, Direttore Generale per le Risorse Umane e Vice Segretario Generale, MAE (2010 – 2013); Ambasciatore in Croazia (2013 – 2018); Direttore del Dipartimento per i Diritti Umani, MAE (2018 – 2019); Consigliere di Politica Estera del Presidente del Consiglio Nazionale della Repubblica Slovacca (2019 – 2024).

                                                           FOCUS NUNZIATURE

Papa Francesco, un nunzio in Botswana

La nunziatura in Sudafrica include anche le responsabilità delle nunziature in Lesotho, Namibia, eSwatini e Botswana. L’arcivescovo Henryk Mieczyslaw Jadzingski aveva avuto l’agreament da tutti gli Stati e mancava il Botswana. La nomina a nunzio in Botswana è arrivata lo scorso 20 agosto, ed era l’ultima delle sedi coperte dal precedente nunzio, l’arcivescovo Bryan Wells, a rimanere senza nomina.

L’arcivescovo Jagodzinsky, è sacerdote dal 1995, ed è al secondo incarico come ambasciatore del Papa. Prima, dal 2020 al 2024, è stato nunzio in Ghana.

Nella sua carriera diplomatica, ha servito anche nelle Rappresentanze Pontificie di Bielorussia e Croazia, nella sezione per le Relazioni con gli Stati della Segreteria di Stato, e poi in India e Bosnia Erzegovina.

Morto il nunzio emerito di Albania

Lo scorso 20 agosto, è morto ad 83 anni l’arcivescovo Ramiro Moliner Inglés, già nunzio apostolico in Albania.

Spagnolo, classe 1941, sacerdote 1965, era dal 1973 nel servizio diplomatico della Santa Sede. Aveva lavorato nelle nunziature di Nuova Zelanda, Ecuador, Costa Rica, Uruguay, Sudan e Gran Bretagna. Dal 1993 al 1997 era stato nunzio apostolico in Papua Nuova Guinea, dal 1997 al 2004 aveva servito come “ambasciatore del Papa” in Guatemala, dal 2004 al 2008 era nunzio in Etiopia e Gibuti e delegato apostolico in Somalia.

Dal 2008 al 2016, anno della pensione, era stato nunzio in Albania. Aveva dunque accolto il Papa da nunzio nel settembre 2014, in occasione del viaggio papale.