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Letture, e se il calcio potesse essere meglio di cosi?

Zamora del compianto Roberto Perrone di scena anche al Meeting di Rimini

La copertina del libro |  | HarperCollins La copertina del libro | | HarperCollins

Un timido e introverso impiegato, un ex calciatore professionista sbruffone e scialacquatore: ci possono essere due persone più diverse e distanti tra loro? Eppure l’amicizia nasce anche nelle condizioni più improbabili, l’incontro fa nascere e apre ad infinite possibilità e agisce in modo misterioso e radicale. Questo accade in "Zamora", un delizioso romanzo di Roberto Perrone, giornalista e scrittore recentemente scomparso e molto rimpianto, in cui si narra di questa stravagante amicizia che trasforma l’esistenza; lo sfondo è l’Italia degli anni Sessanta, nella nostalgia di un tempo forse illusorio, una breve stagione destinata a chiudersi nell’incubo degli anni di piombo, delle stragi terroristiche, nella crisi energetica mondiale; ma in quel contato giro di anni c’era entusiasmo, gioia di vivere, voglia di credere in un mondo migliore.

Torna il solleone, l’estate sembra non voler mai finire e allora ecco un romanzo che rinfresca la mente ma certo non la ottunde. Un romanzo tornato in libreria e  pubblicato  da Harper Collins, in occasione dell'uscita del film diretto e interpretato da Neri Marcorè  uscito nelle sale italiane qualche mese fa e che è molto piaciuto sia al pubblico che alla critica.

   Milano, anni Sessanta. Walter Vismara, trentasei anni, è un ragioniere in una piccola fabbrica tessile.  La sua è un'esistenza tranquilla, fatta di piccoli gesti ripetuti: ogni giorno si ritrova  dietro a una scrivania per far quadrare i conti e la domenica al cinema o a teatro con la sorella Elvira. Quando viene licenziato, però,  questo micro-universo di abitudini consolidata, senza sorprese, quasi costruito ad arte proprio per escludere l’imprevisto e la novità, inizia a scricchiolare, mentre appaiono in tutta evidenza le inadeguatezze, le paure, le solitudini che il protagonista  porta dentro di se’.  La nuova azienda di guarnizioni presso cui va  a lavorare è dinamica e moderna e  il capo, il cavalier Tosetto, ha una vera e propria ossessione per il football, o meglio, per il fòlber, come lo chiama lui. Ogni giovedì sottopone i dipendenti a estenuanti allenamenti in vista dell'incontro dell'anno, la partita "scapoli-ammogliati" allo stadio Breda di Sesto.
    Vismara, invece, odia il calcio, non sa niente di questo sport, e finisce sempre per fare il portiere. Così, i colleghi iniziano a canzonarlo chiamandolo Zamora come il leggendario giocatore del Real Madrid,  campione idolatrato da tutti in questo momento, che lui, ovviamente, non ha mai neanche sentito nominare. Come fare?  Ecco l’ancora di salvezza, del tutto inusuale: Giorgio Cavazzoni, ex portiere del Milan che ha dilapidato i guadagni di una brillante carriera in donne e alcol.  Walter si trova in bilico, per la prima volta, pronto a vacillare sotto i colpi del destino.  "Nella sua vita fatta di abitudini consolidate, di piccoli gesti ripetuti in continuazione, Walter non si sentiva affatto solo. Viveva bene, con sua sorella Elvira nella grande casa lasciata in eredità dai genitori, pace all'anima loro, mancati da qualche anno. Non era un uomo brutto, anche se non si considerava interessante, non era ignorante, anche se non particolarmente colto. Era un ragioniere milanese di trentasei anni, abbastanza giovane da pensare di poter ancora mettere su una famiglia, ma non certo di immaginare una, seppur breve, carriera calcistica", come lo descrive l’autore. Ma l’infatuazione del nuovo capo per il calcio rischia di trasformare la sua vita e le sue piccole soddisfazioni in un vero incubo. Cavazzoni lo aiuta, facendogli imparare le “mosse” essenziali del calcio, ma anche una diversa filosofia del vivere,  facendogli capire che non si può vivere rinchiusi in se stessi, seguendo solo le proprie consolidate abitudini, che  quella non è vera vita, ma solo un pallido riverbero. Il calcio, insomma, non senza fatica e piccoli traumi, aiuta il ragioniere ad aprirsi all’esistenza, ai suoi rischi e ai suoi piccoli, grandi miracoli. 

Presentato in questi giorni anche al  Meeting di Rimini, questo romanzo appare come una oasi di freschezza e di sentimento, in cui il calcio è condizione reale e insieme metafora. Un calcio  diverso da quello che conosciamo oggi, senza violenza, verbale e fisica, che comincia addirittura da quello amatoriale, con i genitori  i che usano i loro piccoli come appendici di sogni non realizzati allo stadio e le tifoserie che si trasformano, spesso e volentieri, in gruppi dediti alla guerriglia.

Circola, tra le pagine del romanzo, e poi nel film di Marcorè, un’aria sottilmente malinconica e nostalgica, che ha fatto pensare alle atmosfere felliniane, insieme alla capacità di sorridere e di far sorridere sulle piccole, grandi follie umane, in ogni condizione e ad ogni latitudine.

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Roberto Perrone, Zamora,  Edizioni Harper e Collins, pp.176, euro 15