“Vi sono ampi settori della cultura e della politica che, pur non sposando in toto la causa della vita, nondimeno avvertono il peso di un’organizzazione sociale sempre più condizionata dalle pressioni della tecnoscienza, dell’industria e della cultura radicale. Con questi mondi, diversi da noi e talora lontani quando si parla di temi come l’aborto, occorre gettare ponti e trovare sinergie, poiché essi al pari di noi sono fortemente preoccupati dalle derive della cultura individualista e di una economia che riduce l’uomo stesso a oggetto di consumo. Penso al mondo ecologista, preoccupato di costruire un uomo sempre più lontano dalla natura e di manipolare la vita, utilizzandola a fini commerciali anche attraverso brevetti.
Penso al mondo femminista che si ribella alle nuove forme di sfruttamento del corpo della donna, come la maternità surrogata e la vendita di gameti da parte di donne povere. Penso a quanti fanno politica in nome della solidarietà, ai quali riesce sempre più difficile tollerare l’ingiustizia e le difficoltà di vita delle famiglie più povere, espropriate anche della loro fecondità, essendo ormai diventata la messa al mondo di un figlio l’anticamera della povertà, o un privilegio riservato a famiglie facoltose. Realizzare il dono della propria vita è anche la modalità con cui l’esperienza di misericordia diventa spinta a una dimensione missionaria, tesa a dilatare la carezza della Misericordia di Dio”.
Papa Francesco afferma che occorre contagiare di misericordia la società per aiutare a guarire la società: quali possono essere i modi?
“Siamo chiamati al servizio di ogni vita umana ferita, in particolare ‘nei momenti più emblematici dell’esistenza’, come il nascere e il morire. Siamo chiamati pertanto a servire ogni donna o coppia a portare avanti una gravidanza difficile da accogliere o da vivere, affinché l’abbraccio vinca la solitudine e lo sguardo, della madre prima e della società poi, si posino su quell’embrione umano, riconoscendolo come un figlio.
Nell’ ‘Ospedale da campo’ del Movimento per la Vita, per usare l’espressione del Papa la misericordia viene diffusa a piene mani, con aiuti concreti, con sostegno amicale e compagnia, con la parola e l’esempio per evitare decisioni contro la vita, con l’aiuto a superare le ferite dell’animo prodottesi in chi ha abortito. Una rete di volontari è attiva per questo su tutto il territorio nazionale, dotata anche di una possibilità di allerta 24/24 ore attraverso un numero verde e una chat online, ma rimandando sempre immediatamente al rapporto diretto, l’unico che può esprimere il volto misericordioso di Gesù. Come ho detto precedentemente è questo stile misericordioso che diviene contagioso. Più in generale, il dono della vita si apre inevitabilmente dalla famiglia alla società tutta, assumendo intrinsecamente una dimensione di annuncio e di servizio. Come ci ricorda papa Francesco: ‘Questo non è fare proselitismo, questo è fare un dono: io ti dono quello che mi dà gioia’”.
Perché il generare può far crescere l’Italia?
“Viviamo in una società che sembra aver smarrito il valore della vita umana, nella quale, per usare le parole di papa Benedetto XVI, riprese nel messaggio dei Vescovi, ‘lo sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà, costituisce l’eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani’. Davanti ad una società nella quale la vita è prodotta, distrutta, usata come materiale di laboratorio, comprata, disconnessa dalla culla familiare, siamo inviati ad annunciare il dono di ogni figlio per la società tutta, a ricordare che il sorriso di un figlio è il sorriso della società, a testimoniare l’inviolabilità di ogni vita umana, dal concepimento al suo naturale termine. Questo significherebbe già contribuire a far crescere il livello di umanità della società italiana. Ma la cultura ostile alla vita ha portato l’Italia sul baratro dell’inverno demografico.
L’ISTAT, nel suo Rapporto annuale del maggio 2015 certifica che resta bassa la propensione ad avere figli; la vita media in continuo aumento, da un lato, e il regime di persistente bassa fecondità, dall’altro, ci hanno fatto conquistare il primato di Paese con il più alto indice di vecchiaia del mondo. Le italiane, sempre più spesso stanno rinunciando a essere madri. Talora questo è legato a una scelta personale, favorita non solo da un clima culturale poco amichevole per la famiglia e la maternità, ma anche dai condizionamenti di ordine sociale ed economico che tale mentalità ha prodotto. Le conseguenze della denatalità, che si associano all’allungamento della vita media, sono ormai imminenti e saranno gravissime per la tenuta del sistema sanitario, di quello previdenziale e del welfare in generale. La stessa economia soffre per la denatalità. Per questo educare a generare e favorire la natalità dovrebbe essere la priorità dell’agenda politica per permettere all’Italia di tornerà a crescere. Altrimenti l’Italia è un paese vecchio, destinato prima o poi inevitabilmente a morire, se la vita non torna a fiorire nel deserto demografico”.
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