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Al Meeting di Rimini il Cristianesimo è incarnazione

Il riassunto della prima giornata del Meeting di Rimini che si è aperto ieri

Il Cardinal Pizzaballa sul palco del Meeting di Rimini | Il Cardinal Pizzaballa sul palco del Meeting di Rimini | Credit Vatican Media Il Cardinal Pizzaballa sul palco del Meeting di Rimini | Il Cardinal Pizzaballa sul palco del Meeting di Rimini | Credit Vatican Media

Il Meeting, giunto alla sua 45° edizione, offre anche quest’anno il proprio contributo di cultura, dialogo e umanità. Il tema di questa edizione esprime le radici culturali del Meeting proponendo uno sguardo aperto alle straordinarie trasformazioni che stiamo vivendo.

Si vuole ricercare l’essenziale proprio mentre i flussi globali delle informazioni diventano fiumi in piena, mentre le tecnoscienze ci mostrano soluzioni fino a ieri inimmaginabili, mentre le opportunità offerte ai singoli ripropongono la fallace lusinga dell’onnipotenza dell’uomo. Eppure, a fronte di tante nuove chances per l’umanità, tocchiamo con mano l’orrore, le atrocità e l’escalation delle guerre, le volontà di dominio, con un drammatico ritorno al passato. Sentimenti di paura, sfiducia, talvolta indifferenza, non di rado rancore e odio, si riaffacciano”.

“Proprio mentre attraversiamo tempi complessi, la ricerca di ciò che costituisce il centro del mistero della vita e della realtà è di cruciale importanza. La nostra epoca, infatti, è segnata da problematiche varie e notevoli sfide, dinanzi alle quali riscontriamo talvolta un senso di impotenza, un atteggiamento rinunciatario e passivo che possono condurre a ‘trascinare la vita’ e a lasciarsi travolgere dallo stordimento dell’effimero, fino a perdere il significato dell’esistenza. In questo scenario, perciò, è quanto mai pertinente la scelta di mettersi sulle tracce di ciò che è essenziale”.

Con la lettura dei messaggi del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, e di papa Francesco si è aperto ieri, martedì 20 agosto, alla fiera di Rimini, il meeting dell’Amicizia tra i Popoli dal titolo ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?’, inaugurato dal dialogo con il patriarca di Gerusalemme dei Latini, card. Pierbattista Pizzaballa, introdotto da Bernhard Scholz, presidente della Fondazione stessa, che ha sottolineato  il ‘punto nevralgico’ che questa edizione affronta: 

“Mai nella storia della nostra umanità i cambiamenti culturali, sociali, tecnologici e politici sono stati così pervasivi, interconnessi e accelerati come in questo momento storico… Da dove può nascere la possibilità di vivere pienamente la nostra umanità in mezzo a queste condizioni piene di incognite e come è possibile costruire la pace in mezzo a guerre così atroci e perduranti?.

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L’intervento del card. Pizzaballa, sviluppatosi in un colloquio con il presidente Scholz, ha toccato molti temi importanti, condividendo inizialmente il suo percorso di fede: “La vocazione francescana, come ogni vocazione cristiana, è incentrata sulla persona di Gesù Cristo”, iniziato proprio a Rimini quando era ragazzo, parlando della sfida di vivere e trasmettere questa esperienza in una realtà complessa come quella di Gerusalemme, una città segnata da divisioni e conflitti, perché “essere francescano significa incontrare Cristo e fare esperienza di Lui secondo uno stile e un modo che Francesco ha mostrato”.

Quindi il patriarca ha affrontato il tema del conflitto del 7 ottobre, descrivendo l’impatto devastante che ha avuto su entrambe le popolazioni, israeliana e palestinese: “Quello che è successo il 7 ottobre è stato uno shock incredibile per Israele. Il rifiuto reciproco dell’esistenza altrui si respira nell’aria… I negoziati in corso sono ormai l’ultimo treno. Io ho miei dubbi ma non bisogna perderlo, questo treno. Per questo ho chiesto di pregare incessantemente. Ricostruire sarà una fatica immane che dovrà impegnare tutti”

E sul dialogo interreligioso in Medio Oriente il card. Pizzaballa ha dato un giudizio molto critico. “Il dialogo è in crisi; ebrei, cristiani e mussulmani non riescono ad incontrarsi. Oggi non riusciamo a parlarci a livello istituzionale. In passato ci sono stati incontri ufficiali che hanno prodotto documenti bellissimi, come ad Abu Dhabi, ma questo non basta più. Il dialogo interreligioso non può limitarsi alle élite; i leader religiosi devono aiutare le loro comunità a non chiudersi in sè stesse. Il vero dialogo interreligioso è l’incontro tra persone che hanno un’esperienza di fede diversa, ma che, una volta condivisa, ti aiuta a illuminare in maniera più completa quello che sei tu”.

Un altro tema affrontato dal Patriarca di Gerusalemme è stato quello della comunione cristiana in un contesto di divisioni politiche e culturali, in quanto la sua ‘diocesi’ si estende in quattro nazioni (Giordania, Israele, Palestina e Cipro) con cristiani sotto le bombe a Gaza e cristiani che fanno il servizio militare nell’esercito israeliano: “Il cristianesimo astratto non esiste, il cristianesimo è sempre incarnato e bisogna fare i conti con le proprie appartenenze. Proprio come oggi: c’è chi non vuol vedere e si rifugia in un devozionismo sofisticato; c’è chi vede ma non vuole fare i conti con la realtà e c’è chi impugna le armi… Non abbiamo risposte, ma un indirizzo: Dio, che dà senso a tutto quello che facciamo”.

Per questo la Chiesa è presente in Terra Santa, sebbene i cristiani siano il 3% della popolazione: “Ma la prima cosa non sono i numeri; la prima cosa è esserci, stare lì e sostenere la comunità, incoraggiare. Va da sé che, poi, negli aiuti materiali sosteniamo tutti. A Gaza la nostra parrocchia si dà da fare per chiunque. Non abbiamo soluzioni politiche, ma una parola di verità perché non cresca la spirale dell’odio fra le nazioni”.

Inoltre, affrontando il tema del perdono in situazioni di ingiustizia, il card. Pizzaballa ha ribadito che il perdono è centrale nella fede cristiana, ma esso “non si può imporre. A livello personale, giustizia e perdono sono quasi sinonimi, se illuminati dalla fede. Ma a livello comunitario le dinamiche sono diverse, perché entrano in gioco fattori come dignità ed uguaglianza; perdonare senza che ci siano dignità ed uguaglianza vuol dire giustificare un male che si sta compiendo. In questo caso il perdono ha dinamiche completamente diverse che richiedono tempo e parole di verità che riconoscano il male e l’ingiustizia commessi. Come pastore ricordo a tutti che la giustizia senza perdono diventa vendetta”.

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E, parlando della necessità di una purificazione della memoria, intesa come la consapevolezza del male che facciamo, ha ribadito l’importanza di non restare chiusi nelle proprie narrazioni esclusive, ma di aprirsi a una comprensione più ampia e inclusiva della storia e delle relazioni, con una chiara condanna dell’antisemitismo: “L’antisemitismo è una sorta di cartina di tornasole per capire quali sono i modelli su cui si regge la società… Noi religiosi dobbiamo creare una cultura di relazioni, di accoglienza. La civiltà si costruisce ‘con’ e non contro”.

La prima giornata alla fiera di Rimini si è chiusa con un suggestivo incontro sul Cantico delle Creature di san Francesco tra il poeta Davide Rondoni, presidente del Comitato nazionale per l’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, e p. Guidalberto Bormolini, tanatologo e membro fondatore del Gruppo Nazionale ‘Sala del Silenzio’, autori del libro ‘Vivere il Cantico delle creature. La spiritualità cosmica e cristiana di san Francesco’, in cui è stata approfondita la concretezza della vita spirituale, in quanto per il santo assisate l’umanità è ‘giuntura’ tra il divino e la natura, perché il corpo è il tempio dello Spirito, in quanto la croce portata da Gesù salva, perché indica la direzione; quindi non è possibile ‘dividere’ la carne dallo Spirito.