Yangoon , mercoledì, 14. agosto, 2024 14:00 (ACI Stampa).
C’è stato un periodo che Papa Francesco faceva sempre riferimento al dramma dei Rohingya, il popolo musulmano che non trovava asilo, e che veniva disperso tra Myanmar e Bangladesh. Ed era anche il periodo in cui il Myanmar sembrava essersi ristabilizzato, quando i militari avevano aperto anche al ritorno di Aun San Suu Kyi, divenuta poi primo ministro. Santa Sede e Myanmar avevano così aperto piene relazioni diplomatiche, Papa Francesco ha visitato il Paese nel 2017, ascoltando i consigli del Cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e profondo conoscitore del Paese. Ma quello è un tempo lontano.
Aun San Suu Kyi è ritornata in carcere, i militari hanno ripreso a guidare il Paese con il pugno duro, e il Cardinale Bo, insieme ai vescovi del Paese, è una voce solitaria, quasi inascoltata con i suoi appelli di pace. Qualche tempo fa, fece scalpore la foto di una suora che con coraggio si mise in ginocchio davanti ai militari in tenuta anti-sommossa. Ed è, tuttora, quella l’immagine di una Chiesa che non si arrende, ma che comunque viene messa sotto attacco.
Nel suo ultimo messaggio pasquale, il Cardinale Bo, nella sua funzione di presidente della Conferenza Episcopale del Myanmar, ha chiesto di “inginocchiarsi in segno di solidarietà, implorando l’Onnipotente di dissipare l’oscurità del conflitto e inaugurare una nuova alba di speranza e armonia”.
Il conflitto civile in Birmania è iniziato nel 2021, e il Cardinale lo ha ripercorso nel messaggio, concludendo poi: "Di fronte ai conflitti e ai problemi che vive oggi il mondo, ravviviamo la nostra speranza confidando in Cristo risorto, che ha vinto la morte e ci ha donato la vera vita. Questa speranza genera luce alla vita, supera lo scoraggiamento, genera solidarietà e contrasta tutti i semi di violenza che una cultura dell’indifferenza e del confronto semina nelle nostre società e prepara il terreno alle guerre".
In questi ultimi mesi, si è aggravata la situazione umanitaria in Myanmar: più di 2,6 milioni di persone sono fuggite dalle loro case, e 18,6 milioni di persone, quasi un terzo della popolazione – necessitano di assistenza umanitaria. L’inflazione dei beni di prima necessità non aiuta, e così un quarto della popolazione affronta fame e malattie a causa del collasso del sistema sanitario.