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La Chiesa in Asia: Taiwan, l’isola che cerca di rimanere attaccata al mondo

400 anni di storia, la necessità di non essere cancellati, la paura del pericolo cinese: alla scoperta di Taiwan

Messale in cinese | Un messale in cinese nella cattedrale cattolica di Taipei | AG / ACI Group Messale in cinese | Un messale in cinese nella cattedrale cattolica di Taipei | AG / ACI Group

L’evangelizzazione a Taiwan ha 400 anni di storia, e nel Paese c’è una Chiesa viva che studia il passato e guarda al futuro, e che, nonostante sia minoranza forte nella popolazione, non è perseguitata ma riesce a vivere la sua fede. Eppure, di Taiwan in pochi saprebbero se non fosse per il fatto che Chiang Kai Shek portò lì il suo governo, le diede una indipendenza dalla Cina e la proiettò nel consesso mondiale. Perlomeno, fin quando il Dragone Rosso cinese non ha cominciato ad erodere passo dopo passo la sovranità di quella che da tempo continua a considerare solo una “provincia ribelle”, prendendone lo scranno alle Nazioni Unite e sostituendola nelle relazioni diplomatiche con quasi tutti i Paesi del mondo.

Al momento, tutti tranne dodici.  Tra questi dodici c’è l’unico alleato europeo: la Santa Sede. Una Santa Sede che riceve continue pressioni dalla Cina perché si chiudano le relazioni diplomatiche con Taipei e si aprano con Pechino. E, in fondo, la nunziatura di Taipei si chiama “nunziatura di Cina”, e sarebbe facile spostarla a Pechino, cambiando tutte le carte in tavola.

Ma potrebbe la Santa Sede abbandonare quel gregge di cattolici cinesi che si trova a Taiwan? In fondo, la situazione che avvenne ad Hong Kong a metà degli anni Novanta non lascia ben sperare. Si parlava di due sistemi ed una sola Cina, ma il risultato è stato quello di una sola Cina e un solo sistema, con pochi barlumi di libertà religiosa e un dibattito molto profondo nella Chiesa riguardo cosa fare con Pechino.

“Per noi la relazione con la Santa Sede è molto importante. Non siamo preoccupati dei contatti tra Santa Sede e Cina continentale. Ma sappiamo che Pechino usa i suoi contatti come un’arma”, sottolinea con ACI Stampa il viceministro degli Affari Esteri Kelly Wu-chiao.

C’è, da parte cinese, un forte interesse a mostrare Taipei come sua, e questo è stato provato anche dalle dichiarazioni di Xi Jinping, che ha messo il ritorno dell’isola nell’orbita di Pechino tra le priorità per il cinquantennale della rivoluzione culturale.
C’è, da parte di Taiwan, la volontà di mostrarsi come territorio libero, indipendente, e per niente intimorito dalla stretta cinese. A maggio, William Lai è stato installato come nuovo presidente, e nel suo discorso ha subito messo in chiaro le cose, con riferimenti nemmeno troppo velati alla situazione nell’Isola di Taiping, che il governo comunista della Cina vorrebbe avocare a sé.

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Mike Pompeo, già Segretario di Stato americano sotto l’amministrazione Trump, ha viaggiato a sue spese a Taiwan per sostenere il Paese e ha partecipato alla cerimonia di insediamento di Lai. “C’è – ha detto – un crescente risveglio sul fatto che le minacce e la coercizione del Partito Comunista Cinese non servono bene il mondo”. Pompeo ha anche partecipato al Summit per la Libertà Religiosa dell’Asia, riaffermando la necessità di rendere il presidente cinese Xi Jinping responsabile della persecuzione religiosa in Cina, anche di quella degli Uiguri.

Taiwan rappresenta per il mondo occidentale una sorta di possibilità. C’è la necessità, anche economica, di mantenere le relazioni diplomatiche con Pechino. Ma Taiwan è l’interlocutore che Pechino non può essere. Per questo, nonostante Taiwan sia un Paese con poche relazioni diplomatiche formali, c’era comunque un numero incredibile di dignitari governativi alla cerimonia di insediamento di Lai: almeno 31 membri della Dieta Giapponese, più Akie Abe, vedova del Primo Ministro giapponese Shinzo Abe, assassinato nel luglio 2022.

Non c’erano delegazioni dalla Corea del Sud, ma c’era un gran gruppo di parlamentari sud coreani arrivati privatamente alla cerimonia, cosa che ha provocato una dura protesta da parte dell’ambasciata di Cina a Seoul. Nutrita anche la delegazione degli Stati Uniti.

Ma quali sono le priorità di Taiwan oggi? Prima di tutto, il riconoscimento internazionale. È sul tavolo la richiesta di diventare membri o osservatori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, perlomeno in virtù del grande lavoro fatto nella prevenzione e nella lotta alla pandemia del COVID 19. La scoperta del COVID 19 fu fatta nel 2019, e Taiwan poté contenere e sconfiggere la pandemia in pochi mesi, Ma, finora, l’Organizzazione Mondiale della Sanità è sembrata fredda al riguardo. Tuttavia il dottor Yi-Chun Lo, vice direttore generale del Centro di Taiwan per il Controllo delle Malattie, ha detto ottimisticamente di “vedere un cambiamento negli ultimi tre anni”.

Quindi, Taiwan sente la necessità di superare e vincere la guerra dell’informazione. Eve Chiu, capo del Taiwan Fact Check Center, ha sottolineato che Taiwan è stata l’oggetto di “un assalto record di disinformazione mascherato come notizie reali, tutte provenienti dalla Cina”.

Come per esempio quando, come risposta ad articoli che parlavano di relazioni migliorate tra Cina e India, “sono apparsi articoli che mettevano in guardia dei rischi per la salute pubblica originati dalla mancanza di igiene degli indiani”, e come il lavoro indiano porta spesso “violenza sessuale contro le donne”.

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Ma sono state disseminate anche notizie che cercano di collegare gli Stati Uniti al partito al governo a Taiwan, il Partito Progressivo Democratico, proprio allo scopo di originare una guerra.

Quanto impatta tutto questo sulle relazioni con la Chiesa? La volontà, da parte della Santa Sede, è quella di mantenere un profilo molto basso, senza entrare nelle questioni interne. Certo, non possono fare piacere alcune decisioni di governo, come il sì ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Ma queste differenze di vedute sono normali, e la Santa Sede non ha una presa culturale tale da poter essere presente nel dibattito pubblico di Taipei. Osserva, tende a formare, ed evita di creare problemi con il vicino cinese, ben consapevole della tensione.

C’è stata, comunque, una attenzione profonda della Chiesa nei confronti di Taiwan. Taiwan nel 2017 aveva ospitato anche un congresso sul traffico di esseri umani nella pesca, organizzato dall’Apostolato del Mare con la presenza di ben due cardinali. Nel 2018, l’allora Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso aveva organizzato a Taiwan il primo incontro internazionale Buddista cristiano per le Religiose. Nel marzo 2023, Papa Francesco ha incontrato in udienza privata i rappresentanti del buddismo umanistico di Taiwan.

Tra loro, c’era anche Liao Wu-jyh, presidente dell’importante tempio Dalongdong Baoan di Taipei. Un artista che prende spunto anche dall’arte figurativa occidentale, Liao mostra con orgoglio ad ACI Stampa i suoi quadri, ma anche i contributi umanitari dati alla Chiesa, in un ponte di dialogo continuo. “Crediamo molto che le religioni, insieme, possano sviluppare un dialogo sincero sui temi umanitari”, afferma. E poi ricorda il suo incontro con Papa Francesco, il suo viaggio in Vaticano, gli sviluppi possibili di questo contatto umanitario che resta sempre vivo, e che fa di Taiwan anche un centro importante per il dialogo con il mondo buddista.

Da parte sua, Taiwan dimostra di sentirsi molto al sicuro economicamente, specialmente per i risultati raggiunti sullo sviluppo dei semiconduttori. E, come risposta alla guerra dell’informazione, non manca di mettere in guardia da quelle che chiama le “ipocrisie” della Cina, sottolineando come i grandi investimenti cinesi nelle nazioni sono anche un modo di “utilizzare gli investimenti come armi”.

Taiwan, da parte sua, reclama di essere “tra le prime nazioni ad aver inviato assistenza all’Ucraina quando la Russia ha invaso la nazione, provvedendo a fare avere 700 tonnellate di beni e 50 milioni di dollari taiwanesi in contanti raccolti dalla gente di Taiwan”. Mentre la Cina “investe in altre nazioni per il loro scopo. E poi si rivolta contro di loro”.

 

(1-continua)