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Diplomazia pontificia, telefonata tra Papa Francesco e Erdogan

Diplomazia pontificia, telefonata tra Papa Francesco e Erdogan

Erdogan, Papa Francesco | Erdogan e Papa Francesco durante la visita del presidente turco in Vaticano del 2018 | Vatican Media Erdogan, Papa Francesco | Erdogan e Papa Francesco durante la visita del presidente turco in Vaticano del 2018 | Vatican Media

Una telefonata di cui i media vaticani non hanno dato comunicazione, ma che è stata confermata nei dettagli dall’account X istituzionale della presidenza di Ankara: il presidente di Turchia Recep Tayip Erdogan ha telefonato a Papa Francesco, a seguito dell’attacco israeliano in Iran che ha provocato la morte del leader politico di Hamas Ismail Haniye, puntando ancora una volta il dito contro Israele.

Il leader di Turchia sembra puntare molto alle relazioni con il Santo Padre per far pesare l’ago della bilancia in favore della causa palestinese. Un altro colloquio telefonico tra il Papa e il presidente turco aveva avuto luogo lo scorso ottobre, e aveva avuto come tema la situazione umanitaria a Gaza, mentre poi c’era stato anche un bilaterale tra i due a margine del G7 di Borgo Egnazia lo scorso giugno.

Nel corso della settimana, Papa Francesco ha incontrato anche il presidente dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Qualche attività si riscontra anche nel bilaterale.

                                               FOCUS PAPA FRANCESCO

La telefonata tra Papa Francesco e il presidente di Turchia Erdogan

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L’1 agosto, il presidente turco Recep Tayip Erdoğan ha chiamato Papa Francesco. Secondo l’account X della presidenza di Turchia, “durante l'incontro, il nostro Presidente Erdoğan ha affermato che le dimostrazioni immorali esibite in una parte dell'apertura dei Giochi olimpici di Parigi hanno causato indignazione e reazioni”.

Il riferimento è alla parodia dell’Ultima Cena, identificata poi anche con una parodia del Banchetto degli Dei, nella cerimonia di inaugurazione, con una scelta di immagini che ha provocato indignazione in tutto il mondo cattolico.

Come l’Iran, dunque – che ha avuto colloqui in questo senso con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher all’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite lo scorso settembre – anche la Turchia cerca una alleanza con la Santa Sede sul tema della lotta al vilipendio della religione, unico argomento, probabilmente, che ha un futuro.

Secondo il comunicato, Erdoğan “ha affermato che sotto le mentite spoglie della libertà di espressione e della tolleranza, la dignità umana viene calpestata, i valori religiosi e morali vengono derisi e che ciò offende i musulmani tanto quanto il mondo cristiano e che ritiene che sia necessario alzare insieme le nostre voci e prendere una posizione comune contro tutto ciò”.

Sempre X sostiene che il presidente turco ha “affermato che la sfida ai valori religiosi, la creazione di propaganda perversa e il crollo morale in cui il mondo sta scivolando nei Giochi olimpici, che si tengono per unire le persone, sono campanelli d'allarme”.

Infine, si è parlato della situazione in Terrasanta. “Il nostro Presidente Erdoğan – sempre dall’account ex Twitter - ha affermato che gli attacchi israeliani a Gaza si sono trasformati in genocidio, che c'è una grave crisi umanitaria e che Israele compie i suoi massacri sotto l'ombrello diplomatico, economico e militare fornitogli da alcuni stati”.

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In particolare, “Erdoğan ha affermato che l'assassinio del Presidente dell'Ufficio Politico di Hamas Ismail Haniyeh e l'attacco al Libano hanno dimostrato ancora una volta che Israele è una minaccia per l'intera regione, il mondo e l'umanità e che è particolarmente tardi per i musulmani e i cristiani che vivono in Palestina per trovare la pace”.

Infine, Erdoğan ha affermato di credere che i colloqui di Papa Francesco “con i paesi che sostengono Israele saranno utili per fermare gli attacchi e garantire una pace permanente, senza causare danni permanenti alla struttura politica, di sicurezza e sociale del mondo, inclusa la regione”.

Durante la conversazione, secondo la presidenza turca, “Papa Francesco ha ringraziato il nostro Presidente Erdoğan per i suoi sforzi per la pace e la sua sensibilità contro il degrado dei valori religiosi”.

Papa Francesco riceve Dennis Francis

Aveva accarezzato l’idea di essere lui stesso presente all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Papa Francesco, magari per il “Summit of the Future” al quale era stato invitato dal segretario generale dell’organizzazione Antonio Guterres, con il quale mantiene rapporti stretti. Ora che questa partecipazione sembra sfumata, stretta tra il lungo viaggio in Asia e il breve viaggio in Lussemburgo – Belgio, Papa Francesco continua comunque i contatti con le Nazioni Unite.

In un periodo di vacanza, Papa Francesco ha ricevuto il 29 luglio Dennis Francis, presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Non si è trattato di un incontro protocollare nella biblioteca del Palazzo Apostolico, ma di un incontro in forma molto privata nella Domus Sanctae Marthae, dove Papa Francesco risiede.

Secondo una nota dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Papa Francesco e Francis hanno discusso di diplomazia, dialogo e cura per l’ambiente. Francis ha donato al Papa una spilla in cui si legge: “Scegliete la sostenibilità”. Papa Francesco ha donato una placca di bronzo fatta nei laboratori vaticani, con la frase: “La pace è un fiore fragile”.

L’incontro è stato parte della visita ufficiale del presidente a Francis a Roma per discutere della crisi alimentare mondiale su invito del direttore della FAO Qu Dongyu.

                                                           FOCUS NUNZIATURE

L’arrivo del nunzio Ortega in Venezuela

Arrivando in Venezuela lo scorso 10 luglio, l’arcivescovo Alberto Ortega chiude una vacanza nella nunziatura che era iniziata nel 2021 con la nomina dell’arcivescovo Aldo Giordano come nunzio presso l’Unione Europea. In tutti questi anni, il Venezuela non ha avuto un nunzio, ed è significativo che il Papa ne abbia inviato uno alla vigilia di elezioni che sarebbero potute essere (ma non sono state) decisive anche per il voto cattolico in un Venezuela colpito da anni da una crisi senza fine.

Il 10 luglio, dunque, Yván Gil, ministro degli Esteri del Venezuela, ha ricevuto le credenziali dell’arcivescovo Ortega.

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Sacerdote dal 1990, nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1997, ha servito nelle rappresentanze pontificie di Nicaragua (1997 – 1999), Sud Africa (1999-2002) e Libano (2002 – 2004).

Dal 2004 al 2015 ha servito presso la Seconda Sezione della Segreteria di Stato della Santa Sede.

Nel 2015 è stato nominato nunzio in Giordania ed Iraq. Nel 2019 è stato nominato nunzio apostolico in Cile. Lo scorso maggio, è stato nominato nunzio apostolico in Venezuela.

L’arcivescovo Ortega è arrivato a Caracas lo scorso 3 luglio.

                                                           FOCUS NUNZI

Il Cardinale Parolin in Irlanda per l’ordinazione episcopale di un nunzio

Il 27 luglio, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha presieduto la cerimonia di ordinazione episcopale di Séamus Horgan, nominato dal Papa nunzio in Sud Sudan. L’ordinazione ha avuto luogo nella cattedrale di Ennis, Co.Clare, in Irlanda.

Il vescovo di Killaloe Fintan Mohanan, nel cui territorio si trova la cattedrale, ha dichiarato di essere “onorati di accogliere il Segretario di Stato a Co.Clare”, e che la sua presenza ha dato il senso dell’occasione. Orgogliosa dell’ordinazione di Horgan.

La sua ordinazione episcopale, ha detto Padre Iggy McCormack, preside del College St. Flannan dove il neo arcivescovo Horgan ha studiato, ha sottolineato che “è un grande onore per Monsignor Séamus e la nostra scuola”.

Horgan ha lavorato come segretario delle nunziature apostoliche di Kampala (Uganda), Berna (Svizzera) e Manila (Filippine). Dal 2015 al 2020 ha lavorato nella segreteria di Stato della Santa Sede, e poi ha lavorato negli ultimi quattro anni nella nunziatura degli Stati Uniti a Washington, DC.

L’arcivescovo Horgan sarà il primo nunzio dedicato al Sud Sudan, con residenza a Juba. La sede della nunziatura nella capitale del Sud Sudan è stata stabilita nel giugno 2018, ma finora il nunzio a Nairobi aveva coperto anche l’incarico di nunzio in Sud Sudan. Per la prima volta, dunque, c’è un nunzio dedicato solo al Sud Sudan, che Papa Francesco ha visitato nel febbraio 2023.

Oltre al Cardinale Pietro Parolin, l’ordinazione episcopale di Horgan ha contato sul Cardinale Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del Dicastero dell’Evangelizzazione, e del vescovo Fintan Mohan come co-consacranti. Tra gli 11 concelebranti, anche il Cardinale Pierre, nunzio negli Stati Uniti, l’arcivescovo Nugent, nunzio in Kuwait, l’arcivescovo Crotty, nunzio in Nigeria, l’arcivescovo Montemayor, nunzio in Irlanda, e l’arcivescovo Randall, nunzio in Bangladesh.

                                               FOCUS SEGRETERIA DI STATO

Il cardinale Parolin alla processione della Madonna Fiumarola

Lo scorso 28 luglio, il Cardinale Pietro Parolin ha preso parte alla tradizionale processione della Madonna Fiumarola a Trastevere.  La festa è dedicata alla Madonna del Carmine e le sue origini risalgono al 1535, quando un gruppo di pescatori trovò la statua scolpita in legno di cedro lungo il fiume Tevere, nei pressi della foce di Ripa Grande. La statua fu subito considerata miracolosa e venne affidata ai Carmelitani della Chiesa di San Crisogono, nel cuore di Trastevere. Da allora è diventata la protettrice del quartiere e viene festeggiata nel mese di luglio

Parlando con i cronisti a margine della celebrazione, il Cardinale Parolin ha anche risposto ad alcune domande sulla diplomazia vaticana, che ha descritto come una diplomazia “super partes”, che ha come impegno la “prevenzione dei conflitti” e la ricerca di soluzioni “giuste e durature”, sebbene è una vocazione “non sempre compresa.

Parlando della situazioni a Gaza e in Ucraina, il Cardinale Parolin ha messo in luce che il problema principale riguarda “la fiducia”, che i negoziati mancano perché “si tratta quando c’è un minimo di fiducia reciproca”.

                                                           FOCUS TERRASANTA

Terrasanta, la posizione degli ordinari cattolici contro la strage dei drusi

Il 27 luglio, dodici bambini sono stati uccisi mentre giocavano nel villaggio druso di Majdal Shams, nel Golan, a Nord di Israele.

I vescovi dell’Assemblea Ordinari cattolici di Terrasanta, che include anche il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, e padre Francesco Patton, custode di Terrasanta, hanno condannato il fatto, definendolo senza mezzi termini un “atto di violenza indicibile e abominevole” che suscita “dolore e indignazione” in tutti coloro che considerano sacra la vita.

L’esercito israeliano ha subito accusato Hezbollah di aver lanciato il razzo, un Falaq-1, secondo i rilievi fatti immediatamente dopo la strage. Hezbollah, dal canto suo, nega ogni coinvolgimento. Il rischio di allargamento del conflitto cresce sempre di più con la diplomazia impegnata a trovare una soluzione al conflitto a Gaza, da cui dipendono direttamente gli scontri, in atto da nove mesi, tra Hezbollah libanesi e esercito israeliano.

Gli ordinari di Terrasanta hanno sottolineato che “le parole non possono esprimere appieno il dolore e l’indignazione che proviamo di fronte a un atto di violenza così abominevole”.

Per questo, per onorare la memoria di queste giovani vittime, i presuli invitano “a rinnovare il nostro impegno per la pace e rifiutando ogni forma di violenza. Il ciclo di violenza deve finire. Esortiamo tutte le parti a cercare comprensione e rispetto reciproco, perché il futuro dei nostri bambini e delle nostre comunità dipende da questo. Basta con questa violenza, odio e disprezzo!”.

I presuli hanno anche implorato “sinceramente tutte le parti ad abbandonare la strada del conflitto e delle armi e a cercare comprensione e rispetto reciproco. Il futuro dei bambini e il benessere delle nostre comunità dipendono dalla nostra capacità di trascendere l’odio e di abbracciare i principi di compassione e coesistenza. Non lasciamoci vincere dal male, ma vinciamo il male con il bene! Possa il Signore donare conforto e forza alle famiglie delle vittime e possano i loro ricordi ricordarci la preziosità della vita e l’urgente bisogno di pace”.

L’attacco ha anche messo di nuovo in luce la situazione dei drusi, comunità araba non palestinese in Israele, composta da circa 150 mila persona che vivono in oltre 20 villaggi nelle alture del Golan. La religione drusa è monoteista, di derivazione musulmana ma con elementi dell’ebraismo e del cristianesimo e riscontra influenze della filosofia greca e dell’induismo. Solo chi è figlio di drusi può essere druso.

I drusi sono invitati ad essere fedeli al governo del Paese in cui risiedono, secondo il concetto di Taqyia. Per questo, i drusi combatterono a fianco di Israele nella guerra del 1948 e in quelle successive, e sono l’unico gruppo arabo arruolato nelle Forze di Difesa israeliane.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede sul Venezuela

Il 31 luglio, è stata convocata la Sessione Straordinaria del Consiglio Permanente dell’Organizzazione degli Stati Americani, con il proposito di affrontare i risultati del processo elettorale in Venezuela. La rielezione del presidente Maduro è stata confermata, ma da molti Paesi sono arrivate denunce di un processo elettorale non trasparente, e gli USA sono arrivati ad affermare che riconosceranno la vittoria del capo dell’opposizione Edmundo Gonzalez Irrutia.

Nel suo intervento, monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, Osservatore Permanente della Santa Sede nell’OSA, ha assicurato che la Santa Sede “ha preso nota dell’adozione della risoluzione proposta, così come i contributi delle distinte delegazioni”.

Cruz Serrano ha affermato che la Santa Sede si aggrega a quanto già espresso dalla Conferenza Episcopale Venezuelana in un comunicato, in cui si sottolinea “la vocazione democratica del popolo venezuelano, dimostrata nella partecipazione vivace, attiva e civile di tutti i venezuelani nel processo elettorale”.

“La Santa Sede – ha concluso Cruz Serrano – ritiene che il solo il dialogo e la partecipazione attiva e piena di tutti gli attori politici implicati in questo processo potrà aiutare a superare la situazione presente e dare testimonianza di convivenza democratica nel Paese”.

La Santa Sede a New York, sulla cultura della pace

Il 2 agosto, si è tenuto alle Nazioni Unite un Forum di Alto Livello sulla Cultura della Pace, il cui tema era “Coltivare e curare la Cultura della Pace per le generazioni presenti e future”.

Il Forum sulla Cultura della Pace è convocato 25 anni dopo l’adozione della sua Dichiarazione e Programma di Azione.

Nel suo intervento, la Santa Sede ha ricordato il 60esimo della Pacem in Terris di Giovanni III, che resta “uno stringente appello a stabilire pace”, e ha fatto eco alle dichiarazioni di Papa Francesco sul tema.