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Il ruolo dei nunzi apostolici nella missione di Propaganda Fide

Un saggio di uno studioso cinese mette in luce come il moderno concetto di nunzio apostolico si sia sviluppato proprio all’interno del dicastero per l’evangelizzazione

Propaganda Fide | Il Palazzo di Propaganda Fide a Roma | Wikimedia Commons Propaganda Fide | Il Palazzo di Propaganda Fide a Roma | Wikimedia Commons

Oggi il ruolo del nunzio apostolico, l’ambasciatore del Papa presso i vari governi, è ben definito. Il nunzio ha sia il compito di selezionare i possibili candidati all’episcopato tra il clero locale che quello di mantenere relazioni bilaterali con i governi, rappresentando la Santa Sede e la voce del Papa. È meno noto, però, che il ruolo del nunzio si sia definito in maniera più sistematica nel XVII secolo. E che la figura del nunzio, nata come quella di rappresentante della Santa Sede verso altre confessioni religiose, si sia strutturata in questo modo diplomatico e pastorale proprio in un contesto missionario, e in particolare nell’ambito di Propaganda Fide, la congregazione nata nel 1622 per evangelizzare i popoli, e per questo dotata di autonomia e persino di un patrimonio.

A gettare luce su questi dettagli, di certo non secondari, è uno studioso cinese, Francesco Rui Zhang, che insegna presso l’Università di Shanghai ma che si è formato in Italia, in uno studio intitolato: “Propaganda Fide e il Ruolo dei Nunzi Apostolici nel Primo Periodo Moderno: il caso della Cina”. Zhang, che ha dedicato una poderosa monografia al primo inviato papale in Cina, l’arcivescovo Maillard de Tournon, prende le mosse proprio da quel suo lavoro per andare a guardare quale fosse la ratio alla radice dell’utilizzo dei nunzi per l’evangelizzazione.

Zhang spiega che l’idea alla base era quella della Controriforma, con la necessità di riaffermare l’autorità del Papa sulle attività missionarie che erano precedentemente dominate dai poteri secolari europei con l’utilizzo del sistema del patronato. Un sistema, in realtà, ben presente ancora nel XX secolo, e definitivamente scardinato dalla lettera apostolica di Benedetto XV Maximum Illud e dal più geniale interprete delle indicazioni della lettera, il legato apostolico, e futuro cardinale, Celso Costantini.

Stiamo però divagando, ora. La appena stabilita Propaganda Fide diede subito incarico ai nunzi apostolici – un corpo quasi completamente composto da italiani – di raccogliere informazioni e stabilire diretti contatti tra e con gli Stati cattolici e i territori missionari. E così i nunzi non solo misero in atto attività di natura religiosa, ma servirono anche come diplomatici e rappresentanti del Papa, dotati di particolari poteri e facoltà.

Zhang nota che “la nuova Congregazione chiese a tutti gli ordini religiosi di riconoscere la sua giurisdizione e di promuovere sacerdoti indigeni per creare una gerarchia diocesana in tutti i territori di missione della Chiesa cattolica”, e per questo serviva “stabilire un contatto tra la Curia romana e le periferie missionarie che avrebbero permesso alla macchina amministrativa di funzionare e assicurare un regolare flusso di informazioni che potesse essere utile per lo sviluppo e l’implementazione dei progetti apostolici”.

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Così, i nunzi apostolici divennero una rete di informazioni che riguardava il mondo intero, essendo i collegamenti chiave tra il centro della Chiesa e il mondo non cattolico. L’officiale della congregazione Francesco Ingoli chiese a tutti i nunzi di inviare tutti i documenti sulla missione a Propaganda Fide, aprendo così un nuovo metodo di evangelizzazione responsabile di guardare l’espansione del cattolicesimo in tutto il globo.

I nunzi erano chiamati a “rassicurare i principi, anche quelli protestanti, spiegando che non c’erano trame nella congregazione perché ci fossero attacchi a persone, rivolte popolari o si intervenisse in questioni politiche interne”, e questo si trova chiaramente nelle lettere di incarico.

Tuttavia, ci fu anche incomprensione sul ruolo dei nunzi. Per esempio, non si poterono mandare nunzi in America a causa dell’opposizione di Madrid, nonostante questa figura fosse richiesta proprio per potersi prendere cura delle popolazioni indigene delle Americhe.

Per quanto riguarda la Cina, la più grande sfida – scrive Zhang – era data dalle differenze culturali, e anche dai dibattiti interni tra congregazioni, con i Mendicanti inviati da Propaganda Fide generalmente apposti ai gesuiti e ai metodi dell’adattamento.

Tuttavia, sin dalla fondazione di Propaganda Fide, “i nunzi apostolici furono istituzionalmente impegnati fuori dai confini della Cristianità cattolica e proiettati nella dimensione della Chiesa universale”.

Si cercavano persone di alto profilo e imparziali, e questo portò alla nomina di Maillard de Tournon come legato in Cina, con l’idea di creare “una diretta corrispondenza tra Roma e Pechino”, come testimoniato da documenti di archivio.

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Ma anche lì – nota Zhang – ci furono problemi di comprensione, perché per l’imperatore corrispondenza significava niente più che spedire e ricevere lettere tra Roma e Pechino, e per questo non vedeva la ragione di un nunzio dall’estero, dato che qualunque missionario al servizio nella sua corte avrebbero potuto servire a questo compito epistolare.

Tournon, tuttavia, conosceva l’esigenza di creare un centro amministrativo in un porto strategico asiatico, ed era consapevole che la mancanza di fondi era uno dei motivi che ostacolavano la missione. Poi c’era il dibattito interno, e questo creò divisioni nella Chiesa.

Maillard de Tournon provò a spiegare l’idea di corrispondenza, ma in termini che “avevano senso perfettamente nel sistema europeo, ma l’imperatore Kangxi, sebbene ben disposto, non aveva conoscenza della cortesia ecclesiastica, e così ebbe una interpretazione personale della richiesta nunziatura, cioè quella di un governante cinese governato dal sistema politico della sua età e cultura”.

Si creò così una divisione, un semplice allontanamento di posizioni, che, in fondo, è ancora presente.