Un pontefice che mostrò, per fede, di non aver paura di spalancare le porte alla ricerca della verità storica tutta intera, dando il suo placet alle indagini archeologiche presso la Confessione petriana e la parte centrale delle Grotte Vaticane (il cui primo saggio fu eseguito il 18 gennaio del 1941, riportando alla luce la cornice di coronamento del Mausoleo F o dei Caetenni e dei Tulli), chiedendo che fossero ricerche scientificamente rigorose, comunicandone poi i risultati al mondo intero attraverso i suoi radio messaggi.
Nel Radio messaggio del 23 dicembre 1950, in occasione del Natale dell’Anno Santo, Papa Pio XII dedica un cospicua parte al “Ritrovamento della tomba del Principe degli Apostoli”, utilizzando parole che sono ancora oggi per noi significative e attuali. Dice il Pontefice:
«Se però durante l’Anno Santo la Confessione di S. Pietro in Vaticano è stata testimone e centro di così imponenti manifestazioni della unità dei cattolici di tutto il mondo nella fede e nell’amore, la gloria di questo luogo sacro ha avuto anche in un altro aspetto il suo compimento, gli scavi sotto la Confessione medesima, almeno in quanto concernono la tomba dell’Apostolo, (ricerche alle quali Noi volgemmo l’animo fin dai primi mesi del Nostro pontificato), e il loro esame scientifico, sono stati, nel corso di questo Anno giubilare, condotti felicemente a termine. […]
«Questo risultato è stato di somma ricchezza e importanza. Ma la questione essenziale è la seguente: È stata veramente ritrovata la tomba di San Pietro? A tale domanda la conclusione finale dei lavori e degli studi risponde con un chiarissimo Sì. La tomba del Principe degli Apostoli è stata ritrovata». Afferma il Pontefice con chiarezza, sicurezza e fermezza.
«Una seconda questione, subordinata alla prima, riguarda le reliquie del Santo. Sono state esse rinvenute? Al margine del sepolcro furono trovati resti di ossa umane, dei quali però non è possibile di provare con certezza che appartenessero alla spoglia mortale dell’Apostolo. Ciò lascia tuttavia intatta la realtà storica della tomba. La gigantesca cupola s’inarca esattamente sul sepolcro del primo Vescovo di Roma, del primo Papa; sepolcro in origine umilissimo, ma sul quale la venerazione dei secoli posteriori con meravigliosa successione di opere eresse il massimo tempio della Cristianità».
Questo Radio messaggio sintetizza ancora oggi molto bene la realtà delle cose e la sostanza delle ricerche condotte, mettendo in evidenza come la fede abbia potuto erigere si’ meravigliosi monumenti a maggior gloria di Dio, la cui costruzione è motivata dalla presenza della Tomba Apostolica.
Ma un altro importante Radio messaggio fu quello di qualche anno precedente, il 13 maggio 1942, in cui elencando i tanti ritrovamenti nello scavo, Pio XII volle soffermarsi a sottolineare come «la prova più convincente che l’Imperatore [Costantino] non potè né dovè seguire nella scelta del luogo per la sua Basilica ragioni di opportunità, [è] che il sito gli fu imposto dalla precisa posizione del sepolcro dell’Apostolo».
Testimone di questa scelta obbligata dalla posizione è anche Eusebio di Cesarea che, nell’introdurre il testo di Gaio, prete romano, (Euseb., Hist. Eccl. II, 25, 5-7), indica un particolare interessante che vale la pena qui sottolineare perchè passato in secondo piano rispetto alla menzione dei Trofei, cioè che «Il nome di Pietro e Paolo, giunto fino ai nostri giorni sulle loro tombe, che si trovano a Roma, attesta la veridicità di questa storia». Ciò significa che, all’inizio del secondo decennio del IV secolo, in un momento in cui le basiliche ancora non erano state edificate, le tombe apostoliche erano segnalate da un’iscrizione – «il nome sulle loro tombe» - che rendeva riconoscibili e identificabili i sepolcri dei martiri, il cui testo probabilmente non era graffito ma realizzato su lastra e ben visibile.
Solo Margherita Guarducci nota che Eusebio scrive che c’erano i nomi degli Apostoli sulle tombe, ma non si spinge ad ipotizzare l’esistenza di lastre con epigrafi sepolcrali (Guarducci 1985, p. 133).
Il pontefice si soffermò poi ad annunciare i ritrovamenti più importanti effettuati: la confessione semianulare di Gregorio Magno (590-604), le cui pareti rivestite di lastre marmoree sono coperte da croci graffite da pellegrini; oltre 1500 monete lasciate dai pellegrini provenienti da ogni parte di Europa e dall’Oriente latino; il trofeo di Gaio; i graffiti, e altro ancora.
Insieme ai lavori della Necropoli, procedeva la sistemazione delle Grotte Vaticane il cui pavimento rinascimentale fu abbassato di circa 80 centimetri, andando ad intercettare in alcuni punti quello costantiniano. Ai lavori della Necropoli e delle Grotte Vaticane si riferiscono alcuni suggestivi scatti relativi ad un documentario da girare a conclusione dei lavori. Nelle foto si riconosce oltre a Sua Santità papa Pio XII, anche Mons. Ludwig Kaas, economo e segretario della Reverenda Fabbrica di San Pietro, nonché direttore dei lavori alla Necropoli, come persona di fiducia del Pontefice. Inoltre, i Sanpietrini Migliorini, Taccini, Zattelli e Segoni.
In particolare, l’ultima foto ritrae il Pontefice e Mons. Kaas all’uscita delle Grotte Vaticane, dopo la consacrazione dell’altare della Cappella Clementina, avvenuta il 5 giugno 1950, in pieno Anno Santo.
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Seguendo la successione degli Anni Santi e le vicende della Necropoli si giunge al 1975.
Il 29 dicembre 1974, a pochi giorni dall’apertura dell’Anno Santo furono inaugurate da papa San Paolo VI le sette sale del Museo del Tesoro di San Pietro, ubicate negli spazi delle due Sacrestie dei Benificiati e dei Chierici Beneficiati. Qui era stato già collocato il monumento funebre di papa Sisto IV realizzato dal Pollaiolo, proveniente dalle Grotte Vaticane. Nel 1975 vi fu collocato anche il grande sarcofago di Giunio Basso (metà IV secolo d.C.), prefetto della città, neofita, sepolto presso la tomba di Pietro. Sarcofago rinvenuto già alla fine del XVI secolo, nell’area esterna all’abside costantiniana di fronte alla Cappella Clementina, grosso modo dove si trova oggi la tomba di papa Pio XII.
Nell’Anno Santo 2000, la Necropoli Vaticana fu dotata finalmente di un impianto di illuminazione moderno e all’avanguardia. Interessanti sono le parole dell’allora amministratore delegato dell’Enel alla presentazione dei lavori: «Occorreva adottare soluzioni progettuali che riducessero al minimo l’intrusione, in un ambiente prezioso, delicato e raccolto, dell’impianto e delle apparecchiature. Soluzioni tecnologiche sofisticate, come le fibre ottiche, restituiscono un’atmosfera di raccoglimento. Forse è stato proprio questo ultimo tema, quello del raccoglimento, il più complesso da risolvere in questo progetto di luce per l’arte».
Infine, per il Giubileo del 2025, l’illuminazione della Necropoli sarà completamente rinnovata e adeguata a 25 anni dal primo impianto.
Sebbene le esplorazioni della Confessione avessero trovato in un pontefice, Pio XII, «un deciso e magnifico patrono» (come si trova in Esplorazioni 1951, p. VIII), la Necropoli Vaticana ricevette nel tempo la visita di soli altri due papi: quella di San Giovanni XXIII, il 9 aprile 1959, documentata dalla cronaca dell’Osservatore Romano del 10 aprile che pubblica una foto che lo ritrae presso il mausoleo F o dei Caetenni e dei Tulli, e quella di papa Francesco, il 1 aprile 2013, lunedì di Pasqua, come si può vedere nelle foto in cui il Santo Padre Francesco è accompagnato dal Cardinal Angelo Comastri, Mons. Vittorio Lanzani e dal Dott. Pietro Zander.
Gli interventi fin qui ricordati non devono però far dimenticare la ordinaria opera di conservazione e restauro che la Necropoli Vaticana riceve costantemente, grazie ad equipe di restauratori altamente specializzati, sempre sotto la vigile guida e direzione di Pietro Zander e a cui va tutta la nostra riconoscenza per la passione e cura che mette in tutte le cose, soprattutto quelle petriane.