Tallinn , venerdì, 19. luglio, 2024 12:00 (ACI Stampa).
L’ultima volta che fu visto in vista, l’arcivescovo Eduard Profittlich, gesuita, era in ginocchio nell’atrio della sua cattedrale, quella dei Santi Pietro e Paolo di Tallinn, in Estonia. Fu poi deportato nei gulag e della sua sorte non si seppe più nulla. È stato poi appurato che morì il 22 febbraio 1942, a 51 anni, nel carcere di Kirov, prima che potesse essere eseguita la sua condanna a morte. È un martire del XX secolo, e come tale è già riconosciuto. Ma manca un riconoscimento canonico. E pare proprio che questo avverrà presto, dopo che la Commissione dei Teologi del Dicastero per le Cause dei Santi si è espresso favorevolmente a dichiarare Profittlich un martire della fede.
La beatificazione di Profittlich, tedesco di origine, potrebbe – si spera – essere il culmine delle grandi celebrazioni per il centenario dell’Amministrazione Apostolica di Tallin. Nata nel novembre 1924, l’amministrazione apostolica di Tallinn è la più antica del mondo. La guida attualmente un vescovo, Philippe Jourdan, ma il piccolo gregge estone non ha mai raggiunto una struttura tale per cui si potesse stabilire una vera e propria diocesi.
Certo è che l’arcivescovo Georg Gaenswein, designato dal Papa nunzio nei Paesi baltici, si troverà da subito ad affrontare grandi eventi nella città. La beatificazione di Profittlich, in qualche modo, è provvidenziale. Anche Profittlich era tedesco, ed è bello che ci sia un nunzio proveniente dalla Germania – anche se Gaenswein non sarà il primo nunzio tedesco nei Paesi baltici – a vivere il momento.
Le iniziative su Profittlich si sono moltiplicate negli scorsi mesi. Il suo profilo è inserito tra i martiri del XX secolo in una raccolta pubblicata in Polonia. Mentre una lettera di Profittlich alla sua famiglia è stata invenuta recentemente. La lettera, datata 8 febbraio 1941, raccontava alla famiglia i rischi che l’arcivescovo avrebbe corso quando l’Unione Sovietica avrebbe annesso l’Estonia.
Profittlich scriveva che “è opportuno che un pastore rimanga con il suo gregge e condivida le sue gioie e i suoi dolori”. E aggiungeva: "So che Dio è con me. La mia vita, e se dovesse essere la mia morte, sarà vita e morte in Cristo. Ed è davvero molto bello”. La lettera giunse ai parenti solo molti anni dopo.