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Il ruolo della scuola cattolica nel cammino sinodale della Chiesa cattolica in Italia

Lo spiega Ernesto Diaco direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della CEI e segretario della Giunta del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica

Ernesto Diaco e Papa Francesco |  | Vatican Media Ernesto Diaco e Papa Francesco | | Vatican Media

“Le Linee Guida per la fase sapienziale del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia invitano a ricercare le ‘condizioni di possibilità’ per una conversione pastorale e missionaria delle nostre Chiese, focalizzandosi non su che cosa il mondo deve cambiare per avvicinarsi alla Chiesa, ma su come la Chiesa debba cambiare per favorire l’incontro del Vangelo con il mondo… Il ‘camminare insieme’, infatti, sta sempre più caratterizzando la vita delle scuole cattoliche e dei loro organismi, come dimostra il lavoro stesso del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica, improntato a reciproca stima e collaborazione e promotore a sua volta di un ampio discernimento sul futuro della Scuola cattolica e della Formazione professionale di ispirazione cristiana in Italia”: così inizia il ‘contributo per il Cammino Sinodale della Chiesa in Italia’ del Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc), inviato al Comitato del Cammino sinodale della Chiesa italiana quale contributo alla seconda fase del percorso sinodale, che riguarda il cammino ‘sapienziale’.

Da tale inizio abbiamo iniziato un colloquio con Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della CEI e segretario della Giunta del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica, chiedendo di spiegare quale contributo offre la scuola cattolica al cammino sinodale: “Il cammino sinodale della Chiesa in Italia ha come primo obiettivo quello di rinvigorire la missione ecclesiale ‘secondo lo stile della prossimità’. Le scuole cattoliche si collocano proprio al fianco delle famiglie, per sostenere il loro compito educativo, e accanto ai ragazzi, con un’offerta formativa ispirata ai valori del Vangelo. In questo modo, mostrano il volto di una Chiesa vicina alle persone nella quotidianità, attenta alle loro fatiche e speranze. Ci sono anche altri modi in cui la scuola cattolica può essere una risorsa importante per il cammino sinodale: penso alle sue competenze culturali, alle alleanze educative, a quell’esperienza di sinergia e collaborazione che sta crescendo fra le stesse scuole cattoliche: sono segnali importanti che vanno nella direzione della sostenibilità e della corresponsabilità”.

E’ possibile educare nel cambiamento?

“Non solo è possibile ma è necessario, come ripete spesso papa Francesco ricordando che ogni cambiamento ha bisogno di educazione. Educare, infatti, non significa solo evidenziare i legami con il passato, ma ancor più attrezzarsi davanti alle sfide del presente e immaginare un futuro da costruire insieme. Certo le difficoltà non mancano, ma non ci sono mai stati tempi facili per l’educazione. Il cambiamento d’epoca a cui richiama il papa provoca a una responsabilità e un investimento educativo diffuso e concorde. In questo, il pluralismo culturale non è necessariamente un ostacolo, a patto che si stringa un patto comune sui valori fondamentali e ci si impegni a testimoniarli, ognuno nel proprio campo”.

In quale modo la scuola cattolica può generare responsabilità nei giovani?

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“In primo luogo, aiutandoli a vivere il percorso scolastico in modo attivo e non passivo. Da protagonisti. Nel progetto educativo della scuola cattolica si parla da sempre di personalizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento. Non è solo un modo diverso di impostare gli obiettivi e le lezioni da parte dei docenti, ma anche un modo nuovo di vivere la scuola da parte degli alunni, che in essa hanno l’occasione di conoscersi e mettersi alla prova, di imparare a superare gli ostacoli, di mettere a frutto (e a servizio di tutti) i propri talenti, scoprendo così anche la propria vocazione nella vita”.

Con quale linguaggio la scuola cattolica può comunicare la sua proposta formativa?

“Fin dai suoi primi discorsi, papa Francesco ha indicato agli educatori, non solo cattolici, la necessità di usare un triplice linguaggio: quello della testa, del cuore e delle mani. Il messaggio è chiaro: occorre rivolgersi a tutta la persona, non solo a una sua parte. Ecco perché, nella scuola, si deve curare la formazione intellettuale senza trascurare quella degli affetti e dei sentimenti, della volontà e del desiderio. Considerando, inoltre, che la dimensione trascendente è connaturata alla persona, che è sempre in ricerca di senso, ovvero di ragioni di vita e di speranza. In questo campo, decisivi sono gli insegnanti, maestri di sapere e di saper fare e, non di meno, di saper essere”.

In quale modo la scuola cattolica si inserisce nel ‘Patto educativo globale’?

“Per prima cosa direi: non chiudendosi in se stessa. Non considerandosi autosufficiente o esclusiva. La scuola cattolica deve sentire la vocazione a richiamare tutta la comunità in cui vive, sia quella ecclesiale che quella sociale, a impegnarsi per rendere quel territorio un luogo favorevole all’educazione, ossia alla crescita armoniosa ed equilibrata dei più piccoli. E stringere ‘alleanze’ all’interno e all’esterno della comunità cristiana: con le istituzioni e con le forze del mondo del lavoro, delle arti, della salute, del volontariato, dello sport, dei media”.