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Obolo di San Pietro, più soldi alla missione del Papa, meno alle opere caritative

Entrate di 52 milioni, uscite di 109,4 milioni: l’Obolo di San Pietro spende il doppio di quello che riceve, e la maggior parte è per l’attività del Papa

Obolo di San Pietro | La schermata della home page del sito dell'Obolo di San Pietro | Obolo.va Obolo di San Pietro | La schermata della home page del sito dell'Obolo di San Pietro | Obolo.va

Nella annual disclosure dell’Obolo di San Pietro presentata lo scorso 29 giugno, il dato che salta agli occhi è che l’Obolo di San Pietro ha contribuito per il 24 per cento alla missione apostolica del Santo Padre, ovvero per i lavori dei dicasteri. A fronte di 52 milioni di entrate, le uscite sono di 103,4 milioni, di cui addirittura 90 per la missione apostolica del Santo Padre, che include anche le spese di Curia, che ammontano a 370,4 milioni. Solo 13 milioni sono stati destinati in opere caritative, cui però si aggiungono le donazioni di Papa Francesco attraverso altri dicasteri della Santa Sede per un totale di 32 milioni, 8 milioni dei quali finanziati direttamente dall’Obolo.

Insomma, tra Fondo Obolo e fondi dei dicasteri in parte finanziati dall’Obolo, la carità del Papa ha finanziato 236 progetti, per un totale di 45 milioni. Tuttavia, il bilancio merita alcune osservazioni.

La prima: nel 2022, il bilancio aveva raddoppiato i fondi a disposizione finanziandosi attraverso la vendita di proprietà immobiliari. Resta però il dato di una raccolta in crisi, con donazioni in decrescita, un po’ frutto dell’epoca del COVID, un po’ anche frutto di un problema di immagine della Chiesa che ha fatto pensare ad usi impropri per l’Obolo di San Pietro. E resta poi il fatto che, per quanto si sia parlato di centralizzare i bilanci, dicasteri e obolo hanno gestioni diverse, donazioni diverse, sistemi diversi. Insomma, la grande riforma finanziaria di Papa Francesco è ancora probabilmente una riforma a metà, ammesso che togliere autonomia finanziaria ai dicasteri, in alcuni casi nati proprio con l’idea di una indipendenza per ragioni di missione (vedi Propaganda Fide), sia la soluzione a tutti i mali.

In fondo, non deve sorprendere che l’Obolo di San Pietro sostenga la missione del Papa, e dunque quegli uffici che sono chiamati a portarla nel mondo, ovvero i dicasteri vaticani.  Infatti, l’origine dell’ Obolo è praticamente scritta negli Atti degli Apostoli. Alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni, dopo la loro conversione, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, che decisero di invidare in maniera stabile un contributo annuale al Santo Padre. Così nacque il “Denarius Sancti Petri” (Elemosina a San Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei.  Questa, come altre pratiche analoghe, passò attraverso molte e diverse vicissitudini nel corso dei secoli, fino a quando fu benedetta dal Papa Pio IX, con l’Enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto 1871. All’epoca era il sostegno alla missione della Santa Sede rimasta senza alcun bene dopo la presa di Roma del 1870. E, sebbene l’utilizzo si sia diversificato, resta quello lo scopo principale dell’Obolo.

Cerchiamo dunque di leggere il rapporto. I 90 milioni di sostegno alla missione apostolica del Santo Padre riguardano, spiega il rapporto, l’annuncio del Vangelo, e la promozione dello sviluppo umano, dell’istruzione e della formazione ad ogni livello, nonché le attività diplomatiche a sostegno della pace e della fratellanza dei popoli.

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Sono andati a sostenere il 24 per cento dei 370,4 milioni spesi dai dicasteri del Santo Padre, che sono 68. Il costo dei dicasteri rappresenta una chiara diminuzione rispetto ai 383,9 milioni di spese dei dicasteri del 2022, che erano 150 milioni in più del “bilancio di missione” del 2021. Resta da vedere se il taglio derivi da una riduzione del personale, dal taglio delle consulenze esterne o dall’esclusione dal bilancio delle consulenze esterne.

Di questi 370,4 milioni, si nota che il 38,9 per cento sono destinati alle Chiese locali in difficoltà e in specifici contesti di evangelizzazione, pari a 144,2 milioni. I fondi destinati a culto ed evangelizzazione ammontano a 48,4 milioni, cioè al 13,1 per cento. La diffusione del messaggio, e cioè tutto il comparto comunicazione del Vaticano, rappresenta il 12,1 per cento del bilancio, per un totale di 44,8 milioni. Al sostegno delle nunziature apostoliche sono andati 37 milioni (il 10,9 per cento del bilancio), mentre 31,9 milioni (l’8,6 per cento del totale) vanno al servizio della carità – appunto il denaro donato da Papa Francesco attraverso i dicasteri – 20,3 milioni all’organizzazione della vita ecclesiale, 17,4 milioni al patrimonio storico, 10,2 milioni alle istituzioni accademiche, 6,8 milioni allo sviluppo umano, 4,2 milioni a Educazione, Scienza e Cultura e 5,2 milioni a Vita e Famiglia.

Sono dati che permettono di avere già uno sguardo sul “bilancio di missione” della Curia romana. I costi diminuiscono sensibilmente, ma il contributo alla Curia si alza, che significa che comunque ci sono problemi anche dalle altre tradizionali raccolte – e, ad esempio, è sempre meno il contributo dell’Istituto per le Opere di Religione, il cui bilancio quest’anno è sensibilmente migliorato, ma non è ancora arrivato ai livelli del 2012, quando destinava alle attività del Papa persino 50 milioni di euro.

Le entrate, come detto, ammontano a 52 milioni di euro, 48,4 dei quali sono donazioni. Lo scorso anno, le donazioni erano meno (43,5 milioni di euro), ma le entrate, grazie alle vendite di immobili, ammontavano a 107 milioni di euro. Interessante notare che ci sono 3,6 milioni di euro di entrate che sono frutto di proventi finanziario.

Per quanto riguarda le donazioni, 31,2 milioni provengono dalla raccolta diretta delle diocesi, 21 milioni di euro da donatori privati, 13,9 milioni di euro da fondazioni e 1,2 milioni di euro da ordini religiose.

I Paesi che donano di più sono gli Stati Uniti d’America (13,6 milioni), l’Italia (3,1 milioni), il Brasile (1,9 milioni) la Germania e la Corea del Sud (1,3 milioni), la Francia (1,6 milioni), Messico e Irlanda (0,9 milioni), Repubblica Ceca e Spagna (0,8 milioni).

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L’Obolo ha comunque erogato 103 milioni di euro, di cui 51 milioni di euro sono stati attinti dal patrimonio del Fondo Obolo. Di questi, 13 milioni sono stati per progetti di assistenza diretta.

Si tratta di 236 progetti in 76 Paesi diversi, mentre 0,5 milioni sono stati destinati a borse di studio per sacerdoti, seminaristi e religiosi provenienti da Africa, America Latina ed Asia, e 0,80 milioni sono andati in assistenza all’Ucraina.

Tra i progetti sostenuti, quelli che puntano ad estendere la presenza evangelizzatrice nelle nuove Chiese locali, come per esempio la costruzione di chiese in Guatemala, Tanzania, Albania, Rwand, Costa d’Avorio Bangladesh, e di edifici di sostegno alle attività della Chiesa come il contributo alla costruzione di edificio polivalente per la Catholic Youth Commission of Kalay in Myanmar.

Si sostengono anche progetti sociali, come il programma pastorale contro i traumi di Guerra della diocesi Kyiv-Halyč, il supporto al progetto “Ospedali Aperti” in Siria, la costruzione di un reparto di maternità al Saint Kizito Hospital di Matany in Uganda, e l’assistenza umanitaria a quanti sono stati colpiti dal ciclone Freddy in Malawi,

Poi, altri progetti riguardano ristrutturazioni: nella Repubblica Democratica del Congo il Fondo Obolo ha ristrutturato la casa delle Missionarie della Carità, in Algeria è stata restaurata la cattedrale di Alger, in Sri lanka il seminario minore San Martin.