Città del Vaticano , lunedì, 1. luglio, 2024 12:00 (ACI Stampa).
Nella annual disclosure dell’Obolo di San Pietro presentata lo scorso 29 giugno, il dato che salta agli occhi è che l’Obolo di San Pietro ha contribuito per il 24 per cento alla missione apostolica del Santo Padre, ovvero per i lavori dei dicasteri. A fronte di 52 milioni di entrate, le uscite sono di 103,4 milioni, di cui addirittura 90 per la missione apostolica del Santo Padre, che include anche le spese di Curia, che ammontano a 370,4 milioni. Solo 13 milioni sono stati destinati in opere caritative, cui però si aggiungono le donazioni di Papa Francesco attraverso altri dicasteri della Santa Sede per un totale di 32 milioni, 8 milioni dei quali finanziati direttamente dall’Obolo.
Insomma, tra Fondo Obolo e fondi dei dicasteri in parte finanziati dall’Obolo, la carità del Papa ha finanziato 236 progetti, per un totale di 45 milioni. Tuttavia, il bilancio merita alcune osservazioni.
La prima: nel 2022, il bilancio aveva raddoppiato i fondi a disposizione finanziandosi attraverso la vendita di proprietà immobiliari. Resta però il dato di una raccolta in crisi, con donazioni in decrescita, un po’ frutto dell’epoca del COVID, un po’ anche frutto di un problema di immagine della Chiesa che ha fatto pensare ad usi impropri per l’Obolo di San Pietro. E resta poi il fatto che, per quanto si sia parlato di centralizzare i bilanci, dicasteri e obolo hanno gestioni diverse, donazioni diverse, sistemi diversi. Insomma, la grande riforma finanziaria di Papa Francesco è ancora probabilmente una riforma a metà, ammesso che togliere autonomia finanziaria ai dicasteri, in alcuni casi nati proprio con l’idea di una indipendenza per ragioni di missione (vedi Propaganda Fide), sia la soluzione a tutti i mali.
In fondo, non deve sorprendere che l’Obolo di San Pietro sostenga la missione del Papa, e dunque quegli uffici che sono chiamati a portarla nel mondo, ovvero i dicasteri vaticani. Infatti, l’origine dell’ Obolo è praticamente scritta negli Atti degli Apostoli. Alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni, dopo la loro conversione, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, che decisero di invidare in maniera stabile un contributo annuale al Santo Padre. Così nacque il “Denarius Sancti Petri” (Elemosina a San Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei. Questa, come altre pratiche analoghe, passò attraverso molte e diverse vicissitudini nel corso dei secoli, fino a quando fu benedetta dal Papa Pio IX, con l’Enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto 1871. All’epoca era il sostegno alla missione della Santa Sede rimasta senza alcun bene dopo la presa di Roma del 1870. E, sebbene l’utilizzo si sia diversificato, resta quello lo scopo principale dell’Obolo.
Cerchiamo dunque di leggere il rapporto. I 90 milioni di sostegno alla missione apostolica del Santo Padre riguardano, spiega il rapporto, l’annuncio del Vangelo, e la promozione dello sviluppo umano, dell’istruzione e della formazione ad ogni livello, nonché le attività diplomatiche a sostegno della pace e della fratellanza dei popoli.