Roma , lunedì, 1. febbraio, 2016 10:00 (ACI Stampa).
Tommaso da Celano è stato il grande biografo di San Francesco. Un frate non solo studioso del fondatore della famiglia spirituale cui apparteneva, ma anche amatissimo dalla sua gente in Abruzzo.
Per fare il punto delle ricerche la Pontificia Università del Seraphicum ha tenuto una giornata di studio anche per conoscere meglio la devozione a Tommaso che però non ha portato alla canonizzazione.
“La questione del culto a fra Tommaso da Celano- ha spiegato Emil Kumka OFMConv - ha la sua storia plurisecolare, testimoniata esplicitamente già dal XVI secolo. Le indagini storiche e archivistiche, svoltesi a cavallo degli anni 60 e 70 del XX secolo, hanno portato alla luce quasi 200 documenti, nati lungo i secoli, che ne testimoniano l’esistenza. Nella relazione sulla devozione al frate francescano una breve sintesi di quel lavoro, e un focus su due documenti del Cinquecento, servono da introduzione alla presentazione delle contemporanee espressioni del culto e delle celebrazioni in suo onore. Nelle due principali località legate a fra Tommaso, Tagliacozzo e Celano, si sono svolte diverse iniziative, sia liturgiche e devozionali, sia accademiche, che richiamano la popolazione alla sua memoria. La presentazione di preghiere, inni, pellegrinaggi, donazione delle reliquie, espressioni artistiche, convegni, studi, ecc., nell’arco degli ultimi cinquant’anni offre una vasta panoramica della vivacità e dell’importanza del ricordo del primo biografo di San Francesco in terra marsicana”.
Ma il processo per giungere agli onori degli altari è piuttosto complesso, come ha spiegato il professor Giuseppe Casarin, biblista e collaboratore della Postulazione dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali che vede nel lavoro di ricerca la unica strada per arrivare alla dichiarazione delle virtù eroiche, anche se la equipollenza potrebbe essere una soluzione.
Al centro della giornata di studio, il testo "La Vita ritrovata del beatissimo Francesco" (Edizioni Biblioteca Francescana, Milano 2015) di cui ha parlato diffusamente il professor Jacques Dalarun, autore del ritrovamento del manoscritto, che si è soffermato sulle novità di questa opera.