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Cina, una nuova nomina episcopale secondo l’accordo sino-vaticano

Il vescovo Yongqjang, 54, nominato vescovo di Hangzhou. Era già vescovo di Zhoucun, è la prima volta che un vescovo già ordinato viene nominato nell’ambito dell’accordo sino-vaticano

Giuseppe Yang Yongqjang | Il vescovo Giuseppe Yang Yongqjang | catholichina.cn Giuseppe Yang Yongqjang | Il vescovo Giuseppe Yang Yongqjang | catholichina.cn

Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha già fatto sapere che l’accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi verrà rinnovato alla sua scadenza, ad ottobre. Non ha detto in quali modalità, ma dovrebbe essere un accordo ancora provvisorio, e ancora di due anni, e non di quattro, come si era discusso. Intanto, in Cina prosegue il trend positivo che ha visto all’inizio dell’anno tre nomine episcopali sulla base dell’accordo, in chiara crescita rispetto alle sei nomine nei sei anni precedenti. Così, il 22 giugno, Giuseppe Yang Yongqjang è stato nominato vescovo di Hangzhou. Per la prima volta, la nuova nomina riguarda qualcuno che era già vescovo.

Come se la decisione del governo cinese di trasferire il vescovo Shen Bin a Shanghai, sanata poi dalla nomina del Papa, fosse una sorta di prova generale. Shen Bin è poi venuto a Roma, ha tenuto una relazione ad una conferenza sui 100 anni del Concilio di Shanghai che era piena di retorica del partito comunista, e intanto Pechino faceva i conti con quella che era la terminologia cristiana.

Circa un mese fa, sembra che ci sia stato un incontro sino-vaticano a Roma, per la prima volta, per discutere del rinnovo dell’accordo. Come sempre, non ci sono state comunicazioni ufficiali. Ma il fatto che il Cardinale Parolin abbia menzionato che l’accordo sarà rinnovato testimonia che, in fondo, dei passi avanti sono stati fatti. E un dettaglio della nomina di Yongqjang a Hangzhou fa capire che, sì, anche la composizione delle diocesi era sul tavolo.

La Chiesa cattolica in Cina contava 20 arcidiocesi, 96 diocesi (incluse Macao, Hong Kong, Baotou e Bameng), 29 prefetture apostoliche e 2 amministrazioni ecclesiastiche. Le autorità cinesi hanno invece creato una geografia di 104 diocesi (escluse Macao e Hong Kong) delineate secondo i confini dell’amministrazione civile, ed escludendo i ranghi presenti nella Chiesa cattolica, che considerano anche arcidiocesi, metropolie e prefetture appunto. La Santa Sede sembra sia disponibile a rivedere la distribuzione delle diocesi guardando anche ad una contiguità territoriale con le amministrazioni locali cinesi.

Sono tutte premesse necessarie a comprendere cosa c’è in gioco con questa nuova nomina, la quarta a partire dal 2023. Yongqjang, 54 anni, è stato uno dei due vescovi che hanno partecipato al Sinodo lo scorso ottobre. Sacerdote dal 1995, era coadiutore di Zhoucun – nomina condivisa da Roma – dal 2010 ed era vescovo della diocesi dalla morte del vescovo Giuseppe Ma Xuesheng, come previsto dal suo status di coadiutore.

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Nella nota della Sala Stampa della Santa Sede, si specifica che la nomina è avvenuta il 12 giugno, mentre in Cina – mette in luce AsiaNews – già circola l’invito ufficiale per l’ingresso in diocesi fissato giovedì 27 giugno. In aggiunta a questa osservazione, non c’è, nel sito chinacatholic.cn, ancora nessuna notizia della nomina.

Il comunicato della Sala Stampa della Santa Sede parla anche di Hangzhou come diocesi e non arcidiocesi, con una terminologia che si adegua alla terminologia ufficiale da Pechino.

Per ora, non è stato nominato un successore di Yongqjang a Zoucun, e dunque la nomina non cambia il numero complessivo dei vescovi cinesi, mentre un terzo delle diocesi che vi sono attualmente vacanti.

Tra l’altro, Hangzou non è una diocesi qualunque. Si trova nello Zheijang, una delle province cinesi con la più viva presenza cristiana, che include anche Wenzhou, città soprannominata “la Gerusalemme cinese”. Forse proprio per questo la repressione è stata fortissima, e la provincia è stata al centro dieci anni fa dello scontro sulle croci fatte demolire dalle autorità per ragioni paesaggistiche.

Mentre nella provincia si trova anche la diocesi di Wenzhou, affidata al vescovo Pietro Shao Zumin, fedele a Roma e inviso a Pechino per i suoi ripetuti rifiuti di aderire all’Associazione Patriottica, l’organismo governativo cui tutti i vescovi, secondo Pechino, devono aderire per dimostrare la loro fedeltà alla Cina. Il vescovo Shao Zumin è stato arrestato lo scorso gennaio dopo essersi opposto alla scelta delle autorità di pechino di affidare il governo della diocesi a Padre Ma Xianshi, sacerdote che aderisce all’azione patriottica, e di lui si sono perse le tracce da allora.

Sono problematiche che riguardano la zona di Huangzhou, e di cui questa non è esente, vantando una antica presenza cristiana e una cattedrale costruita dai gesuiti nel XVII secolo.

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Yongqjang va a sostituire il vescovo Matteo Cao Xiangde, ordinato illecitamente nel 2000 in un momento di conflitto con la Santa Sede. Nel 2004, Cao aveva poi chiesto di rientrare in comunione con Roma. Nel 2008, la Santa Sede aveva accolto la richiesta del vescovo, ma non ne aveva mai riconosciuto la giurisdizione su Hangzhou. La diocesi era vacante dal 2021, dalla morte di Cao. 

Insomma, la nomina di sabato è densa di segnali. A settembre o ottobre – le date sono da definire – ci dovrebbe essere un altro viaggio di una delegazione della Santa Sede in Cina per discutere del rinnovo dell’accordo e dei suoi frutti. Il sogno della Santa Sede è aprire una sorta di ufficio di liaison a Pechino, perlomeno per fungere da mediatore culturale ed evitare ulteriori problemi nell’interpretazione dell’accordo. Difficile che questo avvenga a breve.