"Siamo sicuri di voler continuare a chiamare “intelligenza” ciò che intelligenza non è?" La domanda è di Papa Francesco che  torna sul tema dell' algoretica ricevendo in udienza i partecipanti alla Conferenza Internazionale promossa dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, sul tema “L’Intelligenza Artificiale e il paradigma tecnocratico: come promuovere il benessere dell’umanità, la cura per la natura e un mondo di pace”.

Francesco richiama il discorso al G7 e ripete che il rischio è che "come altri utensili-chiave nel corso dei millenni, anche questo attesta la capacità dell’essere umano di andare oltre sé stesso, la sua “ulteriorità”, e può apportare grandi trasformazioni, positive o negative. In questo secondo senso, l’IA potrebbe rafforzare il paradigma tecnocratico e la cultura dello scarto, la disparità tra le nazioni avanzate e quelle in via di sviluppo, la delega alle macchine di decisioni essenziali per la vita degli esseri umani". A cosa serve l' IA quindi ?

Il Papa propone delle tracce per il lavoro: il tema della responsabilità per decisioni prese utilizzando l’IA, una efficace regolamentazione, educazione, formazione e comunicazione e gli effetti sul mondo del lavoro. Da non sottovalutare gli effetti positivi e negativi dell’IA nel campo della sicurezza e della riservatezza o della capacità relazionale e cognitiva delle persone. E infine c'è di mezzo anche l'enorme consumo di energia necessaria per sviluppare l’IA, mentre l’umanità sta affrontando una delicata transizione energetica.

Il Papa conclude con un incoraggiamento:" non dobbiamo perdere l’occasione di pensare e agire in un modo nuovo, con la mente, il cuore e le mani, per indirizzare l’innovazione verso una configurazione centrata sul primato della dignità umana" e con la  provocazione: "siamo sicuri di voler continuare a chiamare “intelligenza” ciò che intelligenza non è? Pensiamoci, e chiediamoci se l’usare impropriamente questa parola così importante, così umana, non è già un cedimento al potere tecnocratico".