Roma , venerdì, 21. giugno, 2024 18:00 (ACI Stampa).
Al principio c’è sempre lui, l’Anticristo. L’Avversario, colui che divide e assoggetta. Che ci si rifiuta persino di nominare, come se fosse un’ anticaglia del passato remoto, insomma roba da Medioevo. Eppure proprio papa Francesco parla spesso di lui, del male personificato, che non è un’eco remota, una mitologia popolare, ma presenza che agisce nella vita di ciascuno e nella Storia, la cui presenza sulla terra è strettamente intrecciata alla storia della salvezza. L’Anticristo agisce costantemente per instaurare il suo dominio e a volte sembra perfino trionfare, ma, è scritto, "le porte degli inferi non prevarranno".
Sempre papa Francesco cita spesso un libro che ama e la cui lettura ha continuato a raccomandare, fin dai primi tempi del suo pontificato, ossia “Il Padrone del mondo “ di Robert Hugh Benson. Lo ha fatto anche qualche giorno fa, consigliandolo appunto ai big presenti al G7 in Puglia. E dunque torniamo a parlarne perché il romanzo e il tema potente che lo anima sono sempre più attuali, in modo inquietante. E comunque si tratta di un’opera letterariamente molto valida e una lettura che non intorpidisce, sia pure nella canicola estiva.
All’inizio del Novecento un certo numero di autori e di libri si sono concentrati su una profezia: quella dell’Anticristo, dell’utopia che si trasforma in incubo, il pensiero unico dominante, la fine dell’uomo. Primo fra tutti il racconto L’Anticristo, contenuto nei Tre dialoghi di Vladimir Soloviev, nel 1900. Profezie angoscianti, che di lì a pochi decenni si sarebbero, almeno in parte, concretizzate in regimi disumani e criminali, come il nazifascismo e la dittatura comunista. Ma le profezie non si sono compiute solo in queste incarnazioni storiche delle aberrazioni denunciate. E forse il peggio deve ancora arrivare.
Papa Francesco, e prima di lui i suoi predecessori hanno a lungo insistito nel sottolineare il pericolo rappresentato da un certo “progressismo adolescenziale”, anche cattolico, disposto a sottomettersi alla uniformità egemonica del pensiero unico dominante, che, in nome della tutale di diritti umani a tutto campo, si dimostra alla fine aggressivo, intollerante, capace di operare censure e distorsioni.
Vogliamo citare solo uno degli ultimi casi riportati dalla cronaca. Nella seconda prova di matematica degli esami di maturità di quest’anno viene introdotta una citazione del matematico Ennio De Giorgi, uno dei più grandi matematici del secolo scorso. Il testo esatto è “All’inizio e alla fine abbiamo il mistero. Potremmo dire che abbiamo il disegno di Dio. A questo mistero la matematica ci avvicina, senza penetrarlo” ma il ministero ha deciso di togliere la parola “Dio” nella proposta ai maturandi. Perché? Turba o disturba così tanto questa parola? Siamo arrivati a censurare il nome, nonché il concetto del divino, in ossequio al più puro senso del politically correct, distorcendo la realtà, in questo caso la citazione di De Giorgi?