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Finanze Vaticane: rapporto IOR 2023, meno dipendenti e meno clienti, ma più raccolta

La cosiddetta “banca vaticana” presenta il rapporto 2023. Si contano meno dipendenti e meno clienti e un utile netto che sale a 30,6 milioni. Cresce il TIER 1, la componente primaria del patrimonio di una banca

IOR | La sede dell'Istituto delle Opere di Religione, la cosiddetta IOR | La sede dell'Istituto delle Opere di Religione, la cosiddetta "banca vaticana" | AG / ACI Group

Più utili netti (30,6 milioni), una donazione alla Santa Sede di poco più di 13 milioni di euro, 3,2 milioni di euro destinati a opere di beneficenza. L’Istituto delle Opere di Religione, la cosiddetta “banca vaticana”, continua la sua opera di assestamento, e presenta un rapporto annuale che vuole mostrare come l’Istituto sia all’avanguardia sul fronte della finanza cattolica e solido finanziariamente.

Nessuna presentazione, nessun annuncio per il rapporto dell’Istituto delle Opere di Religione 2023. Sono passati dieci anni da quando la cosiddetta “banca vaticana” lanciava il suo primo rapporto, con grande enfasi e pubblicità, mentre oggi, dopo una fluttuazione degli utili al ribasso (non si è più raggiunta la cifra record degli 86,6 milioni di utili del 2012) e dopo tre processi che hanno coinvolto l’Istituto – con una condanna per mala gestio di ex dirigenti apicali che è ora in appello e che ha sollevato alcuni dubbi negli osservatori indipendenti, un sequestro a due altri dirigenti apicali condannati per peculato e autoriciclaggio e anche la costituzione come parte civile al processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato – la parola d’ordine sembra essere quella di essere meno visibili possibili, continuare attività regolare, e cercare di dimostrare, come dice il titolo del comunicato stampa pubblicato ma non inviato alle redazioni, che “lo IOR è tra le istituzioni finanziarie più solide al mondo in termini di patrimonializzazione e liquidità ed è un punto di riferimento per gli investimenti coerenti con l’etica cattolica”.

Sulla questione degli investimenti coerenti con l’etica cattolica ci sarebbe da fare un discorso a parte. Da una parte, sappiamo che il presidente de Franssu ha detto che lo IOR non rispetta i parametri ESG proprio per evitare di andare contro l’etica cattolica, dall’altra non si può dire che gli investimenti dell’Istituto fossero contrari all’etica prima. Al di là dei nuovi protocolli, dettati anche da varie esigenze internazionali e dagli investimenti di responsabilità sociale, il periodo in cui lo IOR ha adottato investimenti di tipo più aggressivo va fatto risalire al periodo 2013 – 2016, mentre la regolamentazione per gli investimenti di tipo cattolico sono stati definiti dal documento Mensuram Bonam pubblicato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Ma ci sono diversi enti che si dicono cattolici e dimostrano una sensibilità per investimenti consistenti con la dottrina (basti pensare, ad esempio, all’Aquinas Project negli Stati Uniti).

Le cifre, tuttavia, possono aiutare. Il rapporto IOR 2023 parla di 107 dipendenti e 12.361 clienti, ma anche un aumento della raccolta dai clienti: +4% a 5,4 miliardi di Euro. I clienti continuano a scendere (erano 12.759 nel 2022, addirittura 14.519 nel 2021), ma questa volta diminuiscono anche i dipendenti: erano 117 nel 2022, sono 107 nel 2023. Continua dunque il trend negativo della clientela, che deve far riflettere, se si considera che da tempo è terminato lo screening dei conti considerati non compatibili con la missione dello IOR.

Quest’anno gli utili netti si contano in 30,6 milioni di euro, e di questi 13,6 milioni sono stati distribuiti per opere di religione e di carità. 3,2 milioni di euro sono stati invece devoluti per diverse opere benefiche.

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I profitti rappresentano un sensibile miglioramento rispetto ai 29,6 milioni di euro di utili del 2022. Tuttavia, una comparazione di cifre è necessaria: si va, infatti, dall’utile di 86,6 milioni dichiarato per il 2012 – che quadruplicava gli utili dell’anno precedente – ai 66,9 milioni del rapporto 2013, ai 69,3 milioni del rapporto 2014, ai 16,1 milioni del rapporto 2015, ai 33 milioni del rapporto 2016 e ai 31,9 milioni del rapporto 2017, per arrivare ai 17,5 milioni di euro del 2018.

Il rapporto 2019 invece quantificava gli utili in 38 milioni, attribuiti anche al mercato favorevole. Nel 2020, anno della crisi del COVID, l’utile era stato leggermente inferiore, di 36,4 milioni di euro. Ma nel primo anno post-pandemia, un 2021 ancora non colpito dalla guerra in Ucraina, si torna a un trend negativo, con un profitto di soli 18,1 milioni di euro, e solo nel 2022 si tornava alla soglia dei 30 milioni, sebbene probabilmente con un impatto dato dai 17,2 milioni sequestrati all’ex presidente Angelo Caloia e Gabriele Liuzzo, che dovevano rispondere per peculato ed autoriciclaggio commessi in relazione al processo di smobilizzazione dell’ingente patrimonio immobiliare posseduto dall’Istituto e dalle sue società controllate, SGIR e LE PALME. le cui condanne per erano diventate definitive nel luglio 2022.

Gli utili effettivi potrebbero essere molto inferiori, come lo erano all’inizio del decennio, quando in alcune circostanze lo IOR pescò 50 milioni da un suo fondo da donare al Papa.

Tra i risultati di quest’anno si contano anche un +23 per cento di margine di interesse, un + 49 per cento di margine di intermediazione, + 31 per cento di margine commissionale.

Infine, un dato tecnico, ovvero il TIER 1, che è la componente primaria del patrimonio di una banca: nel 2023 è stato pari al 60 per cento, un sostanziale aumento rispetto al 46,14 per cento del 2022, che già marcava una crescita dal 38 per cento del 2021. Tuttavia, va notato che nel 2019 il TIER 1 era dell’82,40 per cento, e che dunque solo ora si rivede la luce dopo che il patrimonio dello IOR si era praticamente dimezzato.
Va notato che per la prima volta il Cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, firma la presentazione del rapporto come presidente della Commissione Cardinalizia. Questa è composta anche dai Cardinali Krajewski, Petrocchi, Tagle e Tscherrig. È uscito il Cardinale Santos y Avril, che è stato presidente dalla prima nuova composizione della commissione voluta da Papa Francesco e che aveva abbondantemente superato gli 80 anni.

Schoenborn, entrato nella commissione nel 2014, ne loda i passi avanti dell’ultimo decennio e sottolinea che “il merito di questo andamento di successo dello IOR si deve alla riforma iniziata già da papa Benedetto XVI e portata poi avanti coerentemente da papa Francesco. la nostra Commissione è grata in modo particolare al Consiglio di Sovrintendenza per la sua competente attività, non solo per la rettifica sostenibile degli errori del passato ma anche per la fermezza nell’applicazione pratica dei principi etici”.

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Monsignor Giovanbattista Ricca, prelato dello IOR (la figura di raccordo tra Consiglio di Sovrintendenza e Commissione Cardinalizia), addirittura parla di “disastri trascorsi” dello IOR, citando la lettera a Timoteo in cui si scrive che “l’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali”. “Alcune volte – scrive Ricca - si sente dire che l’Istituto non sarebbe del tutto a pareggio con il compito che ha e che molti riducono al far soldi. Certo che si potrebbero far più soldi. ma questo sarebbe giusto?”

Jean-Baptiste de Franssu, presidente del Consiglio di Sovrintendenza, nella sua lettera sulla gestione mette in luce i molti riconoscimenti avuti dallo IOR per il suo lavoro di trasparenza nell’ultimo decennio, e annuncia: “L’Istituto, sotto la supervisione dell’autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria (ASIF), è quindi pronto a svolgere il proprio ruolo nel processo di centralizzazione di tutti gli assets Vaticani, secondo le istruzioni del Santo padre e considerando gli ultimi sviluppi normativi. Il team IOR è desideroso di collaborare con tutti i dicasteri Vaticani, con l’amministrazione del patrimonio della Sede apostolica (APSA) e di lavorare con il Comitato per gli Investimenti per sviluppare ulteriormente i principi etici FCI (Faith Consistent Investment) in accordo con la dottrina sociale della Chiesa. È fondamentale che il Vaticano sia considerato un punto di riferimento”.

Il direttore generale Gianfranco Mammì mette in luce che la cosiddetta Gestione Caratteristica (cioè il margine di Intermediazione) è in crescita rispetto al 2022 (+49%) grazie alle migliori performance delle attività Finanziarie di proprietà (+75%) e dal maggiore contributo delle Commissioni nette (+30%).

Mammì nota che le spese sono state di 22,9 milioni di euro, con una sensibile crescita rispetto al 2022, mentre il patrimonio netto ammonta a 667,6 milioni di euro, con un aumento del 15,4 per cento rispetto all’anno precedente.