Macerata , martedì, 11. giugno, 2024 14:00 (ACI Stampa).
60.000 al Santuario di Loreto, nel cuore della notte sono stati i fedeli partecipanti al 46^ pellegrinaggio da Macerata a Loreto, aperto la sera precedente dalla celebrazione eucaristica officiata al Centro Fiere di Villa Potenza, che nel 1993 aveva accolto san Giovanni Paolo II, da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e delegato di papa Francesco per il Giubileo del prossimo anno, anche se quest’anno il papa non ha telefonato, ma ha inviato, attraverso il segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, un messaggio in cui ha espresso ‘apprezzamento per l’impegno nella promozione dei valori universali della pace e della solidarietà’, auspicando che il pellegrinaggio “susciti sempre più il desiderio di conoscere Cristo, specialmente attraverso l’incontro cuore a cuore nella preghiera, per testimoniarlo all’uomo contemporaneo”, come domanda la Madonna dopo l’annuncio dell’angelo: ‘Come è possibile tutto questo?’
Ma a Dio tutto è possibile è stata l’esortazione del video messaggio del patriarca di Gerusalemme dei Latini, card. Pierbattista Pizzaballa con il rammarico di non essere presente in quanto non vuole abbandonare il suo popolo in questo momento di grave crisi nel Medio Oriente: “Odio, dolore, sfiducia, chiusure, vengono dalla nostra incapacità di riconoscere l’altro come fratello, come persona che ha la nostra stessa dignità, gli stessi diritti, vengono dalle ideologie dove la propria idea di terra, nazione, Paese, prevale sulle persone che hai di fronte”. Però davanti a questa guerra il patriarca ha rimarcato la forza dei credenti, che credono nella pace:
“C’è un odore di morte che ci sta quasi soffocando, anche nelle relazioni personali, con divisioni e arroccamenti su di sé, quando invece la vita cristiana è un restituire a un ‘Tu’ che è Gesù, che si è fatto nostro fratello. In questi mesi di guerra continuo a incontrare però persone, credenti, non credenti, ebrei, cristiani, musulmani, che hanno voglia di spendere la loro vita per dire che non vogliono rassegnarsi a queste ideologie che fomentano l’odio e la sofferenza. Sono giovani che hanno voglia di mettersi in gioco e che dicono ‘io non voglio vivere in un Paese così’, c’è anche un altro modo, una narrativa inclusiva, siamo qui perché il Signore ci ha messo qui e dobbiamo trovare il modo per una riconciliazione. Ci vorrà molto tempo ma c’è bisogno di qualcuno che la costruisca”.
E c’è stato anche Luca, collaboratore dell’associazione ‘Frontiere di pace’ di Como, che ha raccontato le loro missioni in Ucraina: “Dopo il primo viaggio l’Ucraina, per me, ha cessato di essere un’astratta espressione geografica, ma è diventato il volto di Raissa, 67 anni, a cui hanno ucciso il genero quarantenne davanti agli occhi o quello di Mascia, 7 anni, ucciso da un bombardamento in un centro commerciale. Persone concrete, aiutando le quali si capisce meglio il senso della vita e delle quali si diventa amici.
Così, quando te ne ritorni a casa e li lasci lì, sotto le bombe, hai una stretta al cuore. Ascoltiamo ciò che la gente racconta e ne raccogliamo le storie; portando la nostra testimonianza e sensibilizzando le nostre comunità, le scuole, i gruppi. Costruiamo rapporti di amicizia, solidarietà e vicinanza con le comunità destinatarie delle nostre missioni umanitarie”.