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Diplomazia pontificia, l’arcivescovo Gallagher in Croazia

Il ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati è stato a Zagabria per due giorni, rafforzando i già buoni rapporti diplomatici.

Arcivescovo Paul Richard Gallagher | L'arcivescovo Paul Richard Gallagher durante la lectio magistralis all'Università Cattolica di Zagabria, 31 maggio 2024 | Vatican News Arcivescovo Paul Richard Gallagher | L'arcivescovo Paul Richard Gallagher durante la lectio magistralis all'Università Cattolica di Zagabria, 31 maggio 2024 | Vatican News

Due giorni a Zagabria, tra una Messa al Santuario della Madonna di Pietra, una conferenza all’Università Cattolica e un paio di incontri bilaterali. L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, è stato in Croazia dal 30 maggio all’1 giugno, terminando così una settimana “croata”, se così si può dire, cominciata a Roma con la celebrazione della Messa in occasione della Giornata Nazionale lo scorso 28 maggio.

Tra gli altri eventi della settimana: l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede presenta le lettere credenziali, l’ambasciatore USA presso la Santa Sede terminerà il suo incarico a luglio, e il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, mette in guardia da una possibile escalation militare in Ucraina.

                                                           FOCUS CROAZIA

L’arcivescovo Gallagher alla festa nazionale in Croazia

Il 28 maggio, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, ha tenuto l’omelia in occasione della Messa per la festa nazionale croata, in una occasione che ha avuto luogo alla vigilia del suo viaggio in Croazia del 30 maggio – 1 giugno.

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Il “ministro degli Esteri” vaticano ha ricordato che i contatti tra Croazia e Santa Sede “non si sono mai affievoliti”, nonostante le varie vicissitudini storiche.

La festa nazionale croata si celebra il 30 maggio, in occasione del primo Parlamento democratico la cui elezione avvenne appunto il 30 maggio 1990.

Nella sua omelia, Gallagher – che ha avuto tra i concelebranti l’arcivescovo Petar Rajic, canadese di origine croata che da poco ha preso l’incarico di nunzio in Italia – ha chiesto di pregare per “il dono della pace”, sottolineando che “la fatica della pace” è un “dovere sacro e non è soltanto frutto della iniziativa generosa degli uomini di buona volontà”.

L’arcivescovo Gallagher ha sottolineato che la sequela di Gesù porta “ad affrontare difficoltà, persecuzioni, problemi” e che la salvezza “presuppone il nostro impegno personale”, ma “è sempre alla fine dono di Dio”.

L’arcivescovo Gallagher ha infine affidato la Croazia all’intercessione della Madonna della Porta di Pietra, a San Giuseppe, protettore del Paese, e al Beato cardinale Alojzije Stepinac.

Gallagher in Croazia, una lectio magistralis all’Università Cattolica

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Nell’ambito della sua visita a Zagabria, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha fatto visita all’Università Cattolica, dove ha tenuto una lectio magistralis sul tema: “La persona umana, una comunione di relazioni”.

Il “ministro degli Esteri” vaticano ha sottolineato che, nonostante la nostra inerente interrelazione, gli esseri umani “sono tuttavia tentati dall’isolamento, dall’escludere l’altro e tutto ciò che è diverso da sé stessi. Questo ha un effetto anche sul suo ruolo politico, perché “c’è sfortunatamente una tendenza nel mondo di oggi di trasformare un sano patriottismo in un pericoloso nazionalismo, e questo è dovuto, in larga parte, a come comprendiamo la persona umana.

Gallagher ha sottolineato che nella società odierna c’è “una forte tendenza a riferirsi all’individuo come punto di riferimento”, cosa relativamente nuova perché in generale nella società ci si è focalizzati più sul “noi” che sull’ “io”, con la comune comprensione che l’interesse principale della persona umana fosse di vivere con gli altri, mentre oggi l’interesse è diventato più autocentrato.

Il cambio di approccio, sottolinea il ministro vaticano con gli Stati, nasce con la filosofia di Cartesio e poi con la sua evoluzione, ovvero l’iper-individualismo, che dà l’impressione di “assistere ad una guerra di tutti contro tutti”, con l’altro non più considerato una persona con cui creare una relazione, ma piuttosto come un “competitor”, perché “l’individuo è sempre in competizione con gli altri ed è forzato ad avere successo in isolamento”, mentre ogni relazione con gli altri sono, “nel migliore dei casi, una rete di connessioni con individui basati sull’interesse personale”.

Paradossalmente, sottolinea Gallagher, il valore dell’individuo in una società così competitiva è comunque “determinato in riferimento all’altro”, e questo porta al sempre più grande rischio che l’opinione opposta o l’attitudine sarà semplicemente censurata, proibita ed eliminata, non con un atto legale, ma attraverso l’esclusione sociale dell’altro e di chi è differente”.

È un fenomeno, nota Gallagher, che ha creato anche le basi per “la cosiddetta cancel culture, la cultura dell’annichilimento, della rimozione dell’altro e di ciò che è differente”, che reca in sé “tentativi di censurare anche i classici letterari e i lavori filosofici che disturbano il modo accettato di guardare alla realtà”.

Ci si trova così di fronte ad una ideologia che “si impone come la sola verità e non consente altre obiezioni”, in una tendenza che si nota anche nella diffusione delle fake news.

Secondo Gallagher, le tendenze di cancellare “tutte le opinioni estranee al mio modo di pensare spiegano anche la crescente polarizzazione delle nostre società”, e “recuperare la più tradizionale comprensione della persona umana potrebbe aiutare a combattere queste tendenze egoiste nella società moderna”.

L’iperindividualismo è all’estremo opposto della concezione di essere umano contenuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nota l’arcivescovo Gallagher, secondo il quale “non è sufficiente riconoscere semplicemente le basi antropologiche perché si possa vivere in una relazione giusta, creando una società giusta”, anche perché “la libertà non è una situazione data che può essere acquisita una volta per tutte, ma piuttosto un processo dinamico che richiede un impegno costante”.

Sono tre i momenti di libertà delineati da Gallagher: libertà da, libertà per e libertà con.

Il primo passo è dunque quello di essere liberi dalla costrizione, ma questo porta alla domanda successivo, ovvero a cosa serve la libertà. Gallagher sottolinea che ci sono almeno due risposte: quella dell’iper-individualismo contemporaneo, che risponderebbe che la libertà è per se stessi, per il proprio benessere, per il proprio successo; oppure la risposta che la libertà per è per gli altri e dunque ci “permette di discernere un bene per il quale vale la pena impegnarsi”, e da questa prospettiva “è possibile costruire una società che non sarà un amorfa massa di forestieri estranei in competizione”.

Gallagher nota che “nonostante i tentativi della società odierna di suggerire qualcosa di diverso, ci troviamo tutti in una rete di relazioni interdipendenti”, e per questo il concetto di “libertà con” ci permette di vedere un livello più profondo di libertà, perché “un bambino ha bisogno dei genitori, un teen ager ha bisogno dei suoi parenti, quelli che amano hanno bisogno l’uno dell’altro”.

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L’arcivescovo Gallagher, poi, guarda al tema della persona umana nel contesto delle relazioni interpersonali, che porta anche alcune sfide, a partire dalla questione del nazionalismo. Perché, se “è naturale sentire un senso di lealtà e patriottismo nei confronti di una nazione”, quello stesso sentimento può “essere portato agli estremi e cadere preda degli stessi rischi dell’individualismo che abbiamo esaminato”, tanto che alcune situazioni “possono anche essere descritte come individualismo collettivo”.

Gallagher divide il nazionalismo in due tipologie: il nazionalismo esclusivo, spesso basato sull’etnia ed elitista”, e quello inclusivo che “non vede l’altro come una minaccia, ma cerca di assicurare accesso a diritti politici ampi ed eguali per tutti”.

Il “ministro degli Esteri” vaticano poi guarda al patriottismo, “molto più antico del nazionalismo”, perché “non è legato ad una data struttura sociale”, e può essere considerato una virtù “solo quando serve i nobili obiettivi e quando si limita ai mezzi moralmente legittimi per raggiungerli”.

In conclusione, l’arcivescovo Gallagher ha sottolineato che “il politico cristiano dovrebbe, perciò, sempre fare riferimento ai principi di valore obiettivo, che sono al servizio della dignità della persona umana, la promozione del bene comune e il rinnovo del nostro sistema politico”.

Gallagher in Croazia, l’incontro con il primo ministro Plenković

Il 31 maggio, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato a Zagabria il primo ministro croato Andrej Plenković.

Questi ha ringraziato l'arcivescovo Gallagher per la sua presenza e la celebrazione della messa nella chiesa di San Girolamo a Roma il 28 maggio, in occasione della celebrazione della Giornata dello Stato della Repubblica di Croazia.

È stata evidenziata la reciproca soddisfazione per gli stretti rapporti tra la Repubblica di Croazia e la Santa Sede.

Il primo ministro Plenković ha ricordato l'imminente trentesimo anniversario della visita di Papa Giovanni Paolo II, che visitò la Croazia nel settembre 1004.  Plenković e mons. Gallagher ha avuto uno scambio di opinioni anche sulla situazione nella regione dell'Europa sud-orientale, dove la Croazia e la Santa Sede sostengono continuamente la stabilità e l'ulteriore cammino europeo dei paesi della regione.

                                   FOCUS SEGRETERIA DI STATO

La conferenza di Gallagher sulla diplomazia della Santa Sede a Lourdes

Si intitola “Il Volo della colomba”, ed è la conferenza che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha tenuto a Lourdes, dove è stato dal 24 al 27 maggio per partecipare al 64esimo Pellegrinaggio Militare Internazionali.

Il testo è stato pronunciato alla Conferenza internazionale delle autorità, ed ha rappresentato l’occasione, per il “ministro degli Esteri” vaticano, di ribadire che il ruolo cruciale che ha la diplomazia della Santa Sede nel difendere e promuovere la pace, in “un momento che è più che mai segnato da tragiche guerre e terribili violazioni della persona umana”.

L’arcivescovo Gallagher usa l’immagine suggestiva della colomba per descrivere da dove viene l’impegno della Santa Sede per la pace, guardando indietro fino alla Genesi, quando Noè la invia tre volte dopo il diluvio a valutare il livello delle acque dopo il diluvio. Dio, dopo il diluvio, offrirà all’uomo “i colori dell’arcobaleno”, e così “l’ira di Dio, la sua delusione di fronte all’ingratitudine umana, non si ripeterà più. Lo ha promesso e noi siamo quelli felici eredi di questa grazia”.

I sette colori dell’arcobaleno come sette impegni dell’uomo per ristabilire l’alleanza con Dio, perché – dice Gallagher – “con Noè, Dio ha stretto un patto di misericordia e perdono” ma “in Gesù questa alleanza assume un volto”.

Oggi è “necessario riattivare instancabilmente questa alleanza. Questo è ciò che facciamo in ogni Eucaristia, questo è ciò che voi realizzate nelle vostre missioni di pace e di fraternità”.

La colomba, dunque, simbolo della diplomazia pontificia, che scompare e torna con un ramoscello di ulivo, perché “inviata da Dio, si impegna, al di là delle situazioni critiche, delle guerre, dei conflitti in tutto il mondo, per suscitare nel cuore degli uomini il desiderio di pace, eco del desiderio di Dio, per rispondere all'aspirazione primaria più profonda di ogni persona: la pace e la pace

Fratellanza”.

L’arcivescovo Gallagher ricorda che il mondo oggi si confronta con  “diversi tipi di conflitti: guerre dirette – come in Ucraina o Gaza – guerre per procura, guerre civili, guerre ibride, guerre che si trasformano in conflitti transnazionali, ecc.” Ci si trova di fronte a “un vero conflitto globale” a causa della presenza di attori con interessi diversi, in quella che Papa Francesco ha definito “la terza guerra mondiale a pezzi”.

Tra le zone di conflitto, il “ministro degli Esteri” vaticano ricorda il Medio Oriente, ma anche l’Ucraina, il Myanmar. La Santa Sede, da parte sua, chiede un rinnovato impegno multilaterale, consapevole che “esiste il rischio di frammentazione della comunità internazionale in un club che accoglierebbe solo Stati considerati ideologicamente simili”, e per questo c’è bisogno di una riforma delle Nazioni Unite “in modo più rappresentativo”.

La Santa Sede parla spesso di “coraggio di pace” – nota Gallagher – cioè quel coraggio di scegliere dialogo piuttosto che violenza e negoziazione piuttosto che ostilità,  un coraggio che si scontra a volte con una “situazione geopolitica tesa e polarizzato”.

Ma, aggiunge il “ministro degli Esteri” della Santa Sede, “dietro tutti questi conflitti, tutte queste tensioni, tutte queste drammatiche situazioni umanitarie ci sono esseri umani, con nomi e cognomi”, vale a dire “uomini e donne che sopportano la fame, la sete e il freddo, a volte mutilate dal potere delle armi moderne”, e “migliaia di persone che lasciano la loro terra natale, alla ricerca di un futuro di pace e sicurezza, sia al confine con il Nord America che in

attraversando il Mar Mediterraneo per raggiungere l’Europa”, nonché “bambini che si ritrovano soli, orfani, privati ​​di un futuro”.

In tutto questo, “la Santa Sede coglie ogni occasione per affermare il proprio impegno al servizio della causa dell’essere umano e della sua dignità intrinseca, da cui derivano i suoi diritti”. Una nobiltà che “riguarda ogni essere umano, a cominciare dal più piccolo e debole, cioè l’embrione”, e che porta a prendere consapevolezza di ogni vita umana.

Così “ponendo la persona umana al centro delle proprie attività, la diplomazia pontificia

vuole perseguire la propria vocazione e superare ogni particolarismo, rivolgendosi a chiunque cerchi la pace, lo sviluppo e il rispetto dei diritti umani”, facendo così della diplomazia della Santa Sede “un messaggio universale rivolto al mondo intero”, con una voce morale “particolarmente apprezzata da diversi attori politici nazionali, regionali e internazionali”, perché la Santa Sede può agire “in modo imparziale, priva di ogni interesse personale”, essendo libera “da ogni ambizione politica, economica o militare”.

Ci si trova di fronte, insomma, ad “una diplomazia atipica”, che si impegna a rispettare “non solo i diritti politici e civili dell’uomo”, ma anche “i diritti economici, sociali e culturali”, andando a proteggere “la dignità intrinseca della dignità umana”, ricordando che “non si dovrebbe ricercare la fonte ultima dei diritti umani la semplice volontà dell'uomo, né nella realtà dello Stato e dei pubblici poteri, ma nella nell'uomo stesso e in Dio, suo Creatore”.

L’arcivescovo Gallagher si sofferma poi sulle “violazioni gravi e persistenti registrate in tutto il mondo” che “mettono in discussione il prezioso patrimonio dell’universalità dei diritti umani e in dubbio l’efficacia di un sistema basato sui diritti umani”.

Gallagher fa riferimento ai pronunciamenti papali, e in particolare all’ultima dichiarazione Dignitas Infinita, e sottolinea che “la nozione di dignità della persona è concepibile solo se è universale, infinita e indipendente dalle circostanze”.

Secondo la Santa Sede, “i problemi relativi ai diritti umani sono direttamente e immediatamente condizionati dalla percezione dell'uomo e della vita e dalle concezioni antropologiche che ne derivano”, poiché “la non consapevolezza della dimensione trascendente dell'essere umano porta inevitabilmente alla perdita del senso della vita e, con essa, di una indebolimento della forza e della capacità di sperimentare pienamente e ragionevolmente il gioie e sofferenze che il cammino della vita presenta”.

I diritti umani non possono comunque prescindere dalla tutela della libertà religiosa, che è “un diritto intrinsecamente connaturato alla natura umana, alla sua dignità di essere libero e quale

è anche il criterio di una democrazia sana e una delle principali fonti di legittimità

dello Stato”.

Infine, l’arcivescovo Gallagher parla di diplomazia della misericordia. Il presule ricorda che “nella storia della Chiesa, ieri come oggi, ce ne sono innumerevoli e coloro – credenti, persone consacrate o politici – che hanno esercitato l'azione politica o diplomatica in nome della misericordia”.

Per la Chiesa, “la misericordia è diventata anche una categoria politica e diplomatica", una svolta favorita da Papa Francesco, che in questo modo “riafferma il principio di neutralità e

il rifiuto di legittimare l’uno o l’altro dei belligeranti”.

L’arcivescovo Gallagher rinvia a questa dottrina della neutralità per spiegare il gesto del Papa di fare visita all’ambasciata russa presso la Santa Sede all’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, in un “precedente senza precedente per le pratiche cerimoniali”, rifiutando sempre di “offrire qualsiasi tipo di legittimità spirituale o morale a nessuna delle due parti”, con un “no” netto che deve essere “accompagnato da azioni concrete e coraggiose”.

Il Cardinale Parolin sull’Africa

Lo scorso 27 maggio, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha celebrato la 61esima Giornata dell’Africa con una Messa a Santa Maria Maggiore, alla presenza degli ambasciatori del Gruppo africano presso la Santa Sede, delle Missioni diplomatiche residenti africane accreditate presso la Repubblica Italiana e le Rappresentanze permanenti africane accreditate presso le Nazioni Unite FAO/PAM/IFAD.

La Messa ha anche ricordato il primo ambasciatore africano presso la Santa Sede, il marchese Antonio Manuel N’Vunda, sepolto nella cripta della Basilica liberiana nel gennaio 1608.

Il Cardinale Parolin ha detto di credere “che l’Africa debba farcela da sola, ha le forze, ha le risorse, ha le ricchezze di tutti i tipi, ma ha anche bisogno di amici sinceri della comunità internazionale che lavorino per i popoli, la gente, la pace, la riconciliazione e lo sviluppo del Paese”.

Il Segretario di Stato vaticano ha affermato che il sostegno della comunità internazionale è necessario, considerando che “il continente si trova in situazioni molto difficili”, nel mezzo di tanti conflitti “molto cruenti” e ha ricordato che la Santa Sede “aiuta a livello della Chiesa africana perché siamo una sola famiglia e anche attraverso le Nunziature e attraverso l’interesse diretto che il Papa manifesta nei confronti dell’Africa. Lì dove possiamo cerchiamo di dare una mano”.

La Giornata Mondiale dell’Africa si celebra il 25 maggio perché è in quella data del 1963 che furono firmati gli accordi dell’Organizzazione dell’Unione Africana.

il Cardinale Parolin al World Changers Sumit

Parlando davanti ad una platea di imprenditori ed esperti in Vaticano al terzo “World Changers Summit”, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, ha chiesto che la scienza “offre grandi possibilità di crescita”, ma anche “rischi e notevoli risvolti antropologici che richiedono sempre più un discernimento oculato”.

L’incontro è stato ideato da Gabriele Andreoli, presidente dell’Institute of Advance studies and cooperation”, e il tema di quest’anno era “Forum to help shape a better future”.

Secondo il Cardinale Parolin, i progressi delle scienze sono chiamati a tenere a mente “l’irrudcibile realtà della persona umana”.

Il Segretario di Stato vaticano ha osservato che i credenti “devono avere uno sguardo attento e propositivo per percorrere strade condivise e compiere azioni verso un futuro degno per le nuove generazioni”.

Durante l’incontro, che ha visto la partecipazione di una sessantina di esperti, sono stati presentati progetti che integrano gli sviluppi di bioarchitettura con la tutela dell’ecosistema, o anche strumenti medici per contrastare malattie come la malaria.

Gallagher ribadisce l’importanza della soluzione dei due Stati per Palestina e Israele.

in una intervista con Rome Reports, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher ha parlato delle relazioni con il Vietnam, della crisi a Gaza e di altri temi internazionali.

Parlando del Vietnam, dove l’arcivescovo è stato recentemente in viaggio, Gallagher ha detto che le autorità vietnamite hanno grandemente apprezzato il lavoro sociale della Chiesa durante la pandemia, e che dopo l’interruzione delle relazioni diplomatiche nel 1975 ora c’è un gruppo di lavoro che ha fatto significativi passi avanti.

Per quanto riguarda la situazione a Gaza, secondo l’arcivescovo Gallagher c’è bisogno di tempo per arrivare alla soluzione dei due Stati, l’unica considerata possibile, e che “non si tratta di imporre un piano predefinito”, ma si deve partire da un certo grado di comprensione e poi cominciare a costruire.

Per quanto riguarda l’Ucraina, la Santa Sede “lavorerà attivamente per evitare ogni escalation della guerra”.

Guerra in Ucraina, il Cardinale Parolin mette in guardia sull’uso di armi NATO in Russia

Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha definito come una “prospettiva inquietante” quella di autorizzare l’Ucraina all’uso di armi NATO sul territorio russo, come è stato in discussione nel vertice informale dei Ministri degli Affari Esteri in programma il 30 e 31 maggio a Praga.

Il cardinale ha parlato da Milano, dove il 30 maggio ha presentato il libro Al Servizio dell’Italia e del Papa sulla figura di Bernardino Nogara, mettendo in guardia dal pericolo di “una escalation che nessuno potrà controllare”.

Parlando dell’impegno della Santa Sede in Ucraina, il Cardinale Parolin ha parlato di “un impegno umanitario” soprattutto concentrato sul ritorno in patria dei bambini ucraini che si trovano in territorio russo (deportati secondo gli ucraini), con un meccanismo che è stato avviato con la missione del Cardinale Matteo Maria Zuppi in Ucraina e in Russia che “continua non in maniera molto rapida, ma che sta portando frutti”, anche perché “non ci sono altri spazi”.

Parlando delle prossime elezioni europee, il Cardinale ha sottolineato di non potersi esprimere a favore di uno o dell’altro candidato, ma ha invitato comunque ad esprimere il proprio voto “tenendo conto dei candidati che sono vicini, affini alla sensibilità cattolica”.                                   

                                                           FOCUS ASIA

Gallagher con il ministro degli Esteri di Kyrgyzstan

Il 29 maggio, Zheenbek Kulubaev, ministro degli Affari Esteri del Kyrgyzstan, ha incontrato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, suo omologo, in segretari di Stato.

Un comunicato del ministero degli Esteri di Bishkek sottolinea che “durante l’incontro, il ministro Zheenbek Kulubaev ha informato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher dell’attuale situazione politica ed economica a in Kyrgyzstan, notando che la nazione sta prendendo iniziative concrete per migliorare l’ambiente economico, attrarre gli investimenti stranieri e supportare l’imprenditoria”.

Durante l’incontro, si è parlato anche dei prossimi sviluppi delle relazioni tra Kyrgyzstan e Santa Sede, che includeranno l’organizzazione di incontri e visite ai più alti livelli.

                                                           FOCUS MEDIO ORIENTE

Il Cardinale Zenari denuncia la solitudine della Siria

Il Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, ha parlato con Asia News a seguito dell’incontro dei Paesi donatori che si sono riuniti a Bruxelles lo scorso 28 maggio, chiedendosi “di quante conferenze abbiamo ancora bisogno” perché la Siria possa uscire dalla crisi.

Secondo Zenari, “il processo politico è stagnante”, mentre la povertà progredisce, tanto che in Siria si contano oggi, secondo le statistiche ONU, 16,7 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria, il 9 per cento in più dello scorso anno, che equivalgono a circa tre quarti della popolazione, mentre il 90 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà.

La guerra, ormai in corso da 11 anni, ha provocato quasi 500 mila vittime, mentre è in stallo lo sfollamento interno.

Con la conferenza, le Nazioni Unite sperano di raccogliere oltre quattro miliardi di dollari in aiuti salva vita, ma è da notare che una conferenza analoga lo scorso anno in cui si raccoglievano donazioni per aiutare Turchia e Siria a superare la situazione causata dal devastante sisma che le aveva interessate aveva promesso 10,3 miliardi di dollari, e solo una parte di questi sono stati stanziati.

Il Cardinale Zenari lamenta che quella siriana è ormai “una crisi dimenticata”, mentre oggi i rifugiati, in maggioranza dislocati tra Libano e Turchia, hanno sempre meno opportunità di tornare a casa.

La conferenza ha perso mordente anche a causa delle altre crisi, a partire dalla crisi ucraina: dall’invasione, la Russia, alleata chiave di Bashar al-Assad, non partecipa all’incontro, mentre gli Stati arabi del Golfo stanno investendo sempre meno tempo e risorse.

Il Cardinale Zenari chiede di aiutare la Siria a “stare in piedi e camminare con le proprie gambe”, e nota che per farlo serve parlare di ricostruzione, di ripresa dell’economia, dell’industria.  

Il nunzio ha ricordato che la Siria è entrata nello scorso marzo nel suo 14mo anniversario di guerra, e la situazione è “più dura” perché “manca l’elettricità in gran parte della Siria, molta gente ha in media due ore al giorno di corrente elettrica; la sanità e la scuola sono un disastro; servono infrastrutture necessarie; l’economia è al collasso e la gente trova una soluzione alternative”.

L’esodo causato dalla fuga dalla guerra ha determinato nuove emergenze, a partire dal Libano dove questi rifugiati vengono accolti. Intanto, circa 500 persone al giorno cercano di lasciare la Siria.

I cristiani soffrono le conseguenze del conflitto, fra le oltre 100mila persone scomparse nel nulla vi sono il gesuita italiano p. Paolo Dall’Oglio e i due vescovi, siro-ortodosso e greco-ortodosso, di Aleppo solo per fare alcuni nomi , molti fuggono oltre frontiera appena possono.

Ma, nota Zenari, “la Siria è “molto importante anche dal punto di vista del cristianesimo”, perché oltre ad aver dato il nome dei cristiani ad Antiochia, oggi territorio turco, è la terra cui è legato san Paolo e delle apparizioni di Cristo risorto. E ancora, nei primi sette secoli ha dato sei papi alla Chiesa e quattro imperatori, a conferma della sua importanza “sia dal punto di vista cristiano che sotto il profilo culturale e politico”.

Molte perdite sono causate dallo scemare del turismo, che invece “era in aumento prima del conflitto”, anche grazie a “reperti archeologici che risalgono a 4 o 5 mila anni fa”.

                                                           FOCUS AFRICA

Il nunzio in Kenya, “il secolarismo ferisce la Chiesa in Europa

L’arcivescovo Hubertus Van Megen, nunzio apostolico in Kenya, ha sottolineato lo scorso 25 maggio come “gli insegnamenti della società occidentale su aborto, eutanasia, teoria del gender sono chiari sintomi di una società che ha perso la sua bussola interiore e sta cercando di galleggiare nel mare tempesto dei desideri umani, scossa e indebolita in ogni aspetto.

Il nunzio ha espresso le sue preoccupazioni nell’omelia durante l’ordinazione episcopale del vescovo John Kiplimo Lelei, nuovo ausiliare della diocesi di Eldoret.

Secondo van Megen, è evidente a tutti che l’Occidente, una società secolare, ha perso il suo vigore ed è sempre più assorbita da sé stessa”, mentre la Chiesa in Africa “cresce con forza”.

Secondo le ultime statistiche diramate dal Vaticano, nel 2021 l’Africa ha visto una crescita della popolazione cattolica di 8,3 milioni di unità, mentre il numero dei cattolici è in declino in Europa.

L’arcivescovo Van Megen ha affermato che la continua crescita della Chiesa e rafforzamento della fede deriva dal mettersi dalla parte degli insegnamenti di Gesù, che sono “indispensabili” e sono “l’unica misura accettabile per tutti gli esseri umani, come la bussola che è il solo strumento affidabile e indispensabile per un capito nel trovare la strada nell’oscurità e in mari tumultuosi”.

Van Megen ha anche ricordato al suo vescovo che sarà attaccato per il solo fatto di essere cristiano e di sostenere gli insegnamenti di Cristo.

                                                           FOCUS AMBASCIATE

L’ambasciatore USA Donnelly terminerà il mandato

L’ambasciatore USA presso la Santa Sede Joseph Donnelly terminerà il suo mandato come rappresentante degli Stati Uniti in Vaticano il prossimo 8 luglio: lo annuncia l’ambasciata USA presso la Santa Sede in un tweet. Donnelly ha commentato: “È stato un onore e un privilegio servire la mia nazione in questo modo unico”.

Dall’8 luglio, l’ambasciata sarà retta da Laura Hochla come incaricato di affari, in attesa delle elezioni presidenziali USA e della conseguente scelta di un nuovo ambasciatore.

Donnelly aveva preso l’incarico di ambasciatore USA presso la Santa Sede nell’ottobre 2021.

Studioso dell’università cattolica di Notre Dame, Donnelly è stato co-presidente del gruppo “Cattolici per Biden” durante le elezioni del 2020, difendendo la fede del presidente messa spesso in questione dal suo appoggio al diritto di scelta della donna in caso di aborto.

Donnelly ha 66 anni, ed è stato membro del Gruppo di Studi in Afghanistan, e ha dunque qualche esperienza di politica estera. Da senatore, Donnelly è stato nel Comitato dei Servizi Armati ene Comitato Banche, Cause Affari Urban. Prima di essere senatore, Donnelly era stato deputato dal 2007 al 2013.

Polonia, l’ambasciata polacca non ha più il consulente ecclesiastico

È durata poco più di un anno l’esperienza di padre Jozef Lasak come consulente ecclesiastico dell’ambasciata di Polonia presso la Santa Sede. Lasak, che in questi mesi è stato una presenza fissa in ambasciata e ha anche organizzato un intenso viaggio di giornalisti in Polonia in occasione della beatificazione della famiglia Ulma, ha visto la sua posizione cancellata dal nuovo governo di Donald Tusk, che evidentemente non ritiene necessario un ruolo che in realtà, in una ambasciata di un Paese come la Polonia, ha una importanza cruciale.

Classe 1962, sacerdote pallottino, laureato in psicologia presso la Pontificia Università Salesiana, Lasak è stato dal 2002 al 2005 direttore del noviziato della Provincia di Cristo Re dei Paollottini a Wadowice, e dal 2005 al 2008 ne è stato consigliere provinciale.

Dal 2008 al 2016, per tre mandati, ha seervito come superiore provinciale dei Pallottini, mentre dall’ottobre 2016 all’ottobre 2022 è stato il primo consigliere nel governo generale dei Pallottini.

Presenta le credenziali l’ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede

Il 31 maggio, Luis Pablo Maria Beltramino ha presentato a Papa Francesco le sue lettere credenziali come ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede. Diplomatico di carriera, Beltramino succede a Maria Fernanda Silva come rappresentante di Buenos Aires presso la Santa Sede.

Parlando con La Naciòn, Beltramino ha detto che l’incontro con Papa Francesco è stato “molto buono, caloroso gioviale, sia per quanto riguarda la cerimonia che per quanto riguarda il contenuto”.

Il diplomatico ha trasmesso al Papa “l’interesse a continuare a sviluppare l’agenda bilaterale, nel solco delle storiche eccellenti relazioni tra Argentina e Santa Sede”. Inoltre, ha parlato con il Papa dell’Argentina e di alcune questioni rilevanti dell’agenda internazionale.

Beltramino ha anche partecipato alla Messa che si è celebrata nella Chiesa Nazionale Argentina a Roma per celebrare il 25 maggio, indirizzando alcune parole ai presenti al termine della cerimonia.

                                                       FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a New York, i piccoli Stati-isola in via di sviluppo

Il 28 maggio, si è tenuta ad Antigua e Barbuda la Conferenza Internazionale sui Piccoli Stati Isola in via di Sviluppo. La delegazione della Santa Sede era guidata da monsignor Robert Murphy, il quale nel suo intervento ha riconosciuto le “crescenti minacce, incluse quelle del cambiamento climatico, che derivano dalla crescita dei livelli del mare, dagli estremi eventi atmosferici, dalla erosione della costa e dalla perdita della biodiversità”. Questo pone “rischi esistenziali” ai piccoli Stati isole, e per questo la Santa Sede accoglie lo stabilimento di un Indice di Vulnerabilità Muldimensionale per “meglio comprendere ed affrontare queste sfide”.

Monsignor Murphy ha anche sottolineato “il bisogno critico di un alleviamento o cancellazione del debito” di questi Stati, per dare loro “lo spazio fiscale per investire in programmi trasformativi per lo sviluppo sostenibile”.

Secondo la Santa Sede, la cancellazione del debito “non è solo una necessità economica, ma un imperativo morale radicato nella giustizia e nella solidarietà”.

La direttrice dell’UNICEF da Papa Francesco

Lo scorso 26 maggio, Catherine Russell, direttrice generale dell’UNICEF – l’agenzia ONU per l’infanzia – ha incontrato Papa Francesco a Santa Marta, al termine di una tre giorni romana che la ha vista partecipare alla Giornata mondiale dei Bambini.

Al Papa, Russell ha portato due quadri della Repubblica Democratica del Congo. Parlando con Vatican News, Russell ha detto che “non è facile essere un bambino nel mondo di oggi. Centinaia di milioni di bambini continuano a vedersi strappare la vita da guerre e violenze, da povertà e disuguaglianze e dall’impatto dei cambiamenti climatici, come siccità, incendi, tempeste più forti e inquinamento”.

Russell ha aggiunto: “Papa Francesco ha messo in guardia da una globalizzazione dell’indifferenza. Dobbiamo trasformare l’indifferenza e il disprezzo per i diritti e il benessere dei bambini in una globalizzazione di pace, gentilezza e cura per ogni bambino, ovunque”.

Una nota dell’UNICEF informa che Russell ha incontrato il Papa “accompagnata da dieci bambini”, alla presenza anche di padre Enzo Fortunato e Aldo Cagnoli, organizzatori della GMB.

I dati UNICEF mettono in luce che ci sono circa 400 milioni di bambini che vivono o fuggono da zone di conflitto, luoghi come Gaza, Haiti, Repubblica Democratica del Congo, Sudan, Ucraina e Yemen, mentre più di 1 miliardo di bambini vive in Paesi a “rischio altamente elevato”.

La Santa Sede a Ginevra, il diritto alla salute per tutti

Si tiene a Ginevra, dal 27 maggio all’1 giugno, l’Assemblea Mondiale della Salute. Il 29 maggio, l’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra, è intervenuto al dibattito che ha fatto seguito al rapporto del direttore generale dell’organizzazione.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Balestrero ha notato che “il tema di quest’anno, con il suo focus sulla solidarietà collettiva nel contesto della salute, è necessario e attuale”. Questo perché la solidarietà, quando si parla di salute, “non è meramente questione di aiutare gli altri, ma è una questione di giustizia”, e necessita la realizzazione di “una cultura della cura, basata sul riconoscimento della sacralità della vita e della inalienabile dignità di ciascuna persona umana, laddove la priorità è sempre quella di salvare vite”.

La Santa Sede dunque loda gli sforzi degli Stati di “portare avanti due processi storici con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione e rendere l’eguaglianza e la solidarietà una realtà”. Uno di questi processi è l’aggiornamento dei Regolamenti Sanitari Internazionali, il secondo è lo sviluppo di un nuovo “accordo pandemico”.

La Santa Sede sottolinea che già sono stati profusi molti sforzi per raggiungere un accordo nelle negoziazioni dei mesi passati, ma che non debbono allo stesso modo essere risparmiati sforzi per “costruire ulteriormente accordi per raggiungere gli obiettivi”, con la necessità chiara di “mantenere gli sforzi fatti, riconoscendo che il fallimento in questo tema colpirebbe soprattutto i poveri quelli in situazioni vulnerabili”.

La Chiesa Cattolica – ha aggiunto Balestrero – fornisce “quasi il 25 per cento delle strutture sanitarie del mondo, a volte raggiungendo percentuali tra il 40 e il 70 per cento nelle zone più povere per tutti”, e questo dimostra che la Chiesa “mantiene l’impegno di rendere la salute per tutti una realtà”, considerando che la salute non è un bene di consumo, ma un bene universale, e dunque “l’accesso ai servizi sanitari non può essere un privilegio”.