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San Paolo VI tra la Luna e le stelle

Il viaggio lunare del Santo Papa

Paolo VI alla Specola Vaticana |  | Vatican Media
Paolo VI alla Specola Vaticana | Vatican Media
Paolo VI segue l'allunaggio |  | Vatican Media
Paolo VI segue l'allunaggio | Vatican Media

Papa Montini: il Pontefice che portò a termine il Concilio Vaticano II; l’uomo di lettere e giornalista, nonché fine scrittore; promotore dell’arte in Vaticano; fedele amico di molti illustri filosofi e teologi della portata di Guitton e Maritain; guida spirituale della Fuci, la federazione universitaria cattolica italiana. I risvolti che ha avuto la biografia di san Paolo VI sono davvero numerosi, quasi innumerevoli. Un uomo profondamente segnato dalla sete di conoscenza: così si potrebbe riassumere il profilo biografico del santo di cui oggi ricorre la memoria liturgica. Ma, fra i tanti “petali” che costituiscono “la rosa” delle esperienze vissute da Papa Paolo VI, ce n’è uno un po’ meno conosciuto ma altrettanto importante: il Papa che - almeno in maniera simbolica - volle andare sulla Luna.

Lunedì, 21 luglio 1969: una data ormai iscritta nei libri di Storia. Papa Montini quel giorno che rimarrà nell’immaginario collettivo come il giorno in cui l’umanità potè passeggiare sul cratere lunare, volle salutare gli astronauti americani. Alle 4 e 57 minuti (ora italiana) anche Papa Paolo VI volle “scendere” assieme ad Armstrong dalla scaletta del Lem, il modulo aereospaziale utilizzato nelle missioni Apollo per gli allunaggi. La Rai-Radiotelevisione italiana volle partecipare a questo evento mondiale con una diretta rimasta negli annali della televisione italiana. Molti ricordano la voce del giornalista Tito Stagno che con emozione dichiarava: “Ha toccato! Ha toccato il suolo lunare”.                

E davanti ai teleschermi di quella incredibile diretta vi era anche lui, san Paolo VI, che si era recato verso le 22 di domenica 20 luglio alla Specola di Castel Gandolfo per contemplare la Luna e seguire la diretta televisiva. Accanto al Pontefice, ad “istruirlo scientificamente”, vi era l’allora Direttore dell’osservatorio astronomico vaticano, padre O’ Connell e monsignor Benelli, Sostituto della Segreteria di Stato. Fu in quell’occasione che san Paolo VI si rivolse agli astronauti con queste parole: “Qui parla a voi astronauti, dalla sua specola di Castel Gandolfo, vicino a Roma, il Papa Paolo VI. Onore, saluto e benedizione a voi, conquistatori della Luna, pallida luce delle nostre notti e dei nostri sogni! Portate ad essa, con la vostra viva presenza, la voce dello spirito, l'inno a Dio, nostro Creatore e nostro Padre. Noi siamo a voi vicini con i nostri voti e le nostre preghiere. Vi saluta con tutta la Chiesa cattolica il Papa Paolo VI”.

Tre giorni dopo lo sbarco sulla Luna, san Paolo VI, durante l’udienza generale di mercoledì 23 luglio, parlò del significato di quella missione. Citò il famoso detto delle Confessioni di Sant’Agostino: “Tu, (o Signore), ci hai fatti per Te ed è inquieto il nostro cuore, finché non si riposi in Te”. Per Papa Montini era stato il desiderio di cercare Dio a spingere l’umanità sul cratere lunare. In quell’occasione citerà anche il salmo 138, ricordando all’uomo che dovunque l’umanità si spinga, anche ai confini della Terra e al di là di essi, potrà trovare il volto di Dio. Più grande è il campo d’azione dell’attività umana, più si rivela il campo di azione di Dio. Più impariamo sulla creazione, sui suoi risvolti scientifici, più apprezziamo la grandezza del suo Creatore. “Il Dio ignoto è sempre lì; ogni studio delle cose è come un contatto con un velo dietro il quale si avverte un’infinita palpitante Presenza”, queste le poetiche parole riservate dal Pontefice per commentare l’impresa lunare.

Ma non era questa l’unica volta in cui il Pontefice rivolgeva il suo pensiero al viaggio lunare.  Qualche giorno prima, il 16 luglio del 1969, durante l’udienza generale, dichiarava in merito al tanto atteso allunaggio: “Questa scoperta nuova del mondo creato è assai importante per la nostra vita spirituale. Vedere Dio nel mondo, e il mondo in Dio: che cosa v’è di più estasiante? Non è questo il lume amico e stimolante che deve sorreggere la veglia scientifica dello studioso? Non è così che fugge il terrore del vuoto, che il tempo smisurato e lo spazio sconfinato producono intorno al microcosmo, che noi siamo? La nostra insondabile solitudine, cioè il mistero dei nostri destini, non è così colmata da un’ondata di Bontà viva e d’amore? Non vengono alle nostre labbra le familiari, ma sempre superlative parole, insegnate a noi da Cristo: «Padre nostro, che sei nei cieli»”.

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Necessario sottolineare che il rapporto tra san Paolo VI e le nuove pionieristiche imprese dello spazio era cominciato già l’anno prima della missione Apollo 11. 12 aprile 1961: il cosmonauta sovietico Yuri Gagarin viene lanciato nello spazio a bordo della capsula spaziale Vostok Est per un giro orbitale di 89 minuti intorno alla Terra. Allora, Motini era Arcivescovo metropolita di Milano e aveva seguito con attenzione l’impresa spaziale. In quella occasione scriverà queste righe: “Cresce la contemplazione dell’universo. Cresce la speranza del mondo. E tutto questo sembra acquistare senso d’un risveglio nel mistero, sempre più grande, più profondo e più attraente, dell’essere. Del cosmo, così immenso, così vicino, così penetrato di unità e di causalità. La vastità astrale del nuovo panorama invita ancor più al dovere radicale della esistenza, quello religioso, che ci spinge nel segreto del mondo e della vita, e ci allena a celebrare a maggior voce l’ineffabile e incombente grandezza di Dio”.

San Paolo VI, ricercatore di Dio, del Suo volto, nei tanti linguaggi possibili: dall’arte all’astronomia; dalla Parola alle parole fissate in un articolo giornalistico; dalla filosofia alla scienza. Un uomo che ha guardato alla volta celeste, ai pianeti, alla Luna e alle stelle, pensando sempre al loro unico e immenso Creatore: “al Padre Nostro” che è “nei Cieli”.