Roma , sabato, 25. maggio, 2024 10:00 (ACI Stampa).
Saranno migliaia i bambini e le bambine che oggi arriveranno a Roma per la loro Giornata Mondiale con papa Francesco. Per prepararsi a questo incontro il Pontefice li ha raccomandati di pregare “usando le stesse parole che Gesù ci ha insegnato: il Padre nostro”: “recitatelo ogni mattina e ogni sera, e poi anche in famiglia, con i vostri genitori, fratelli, sorelle e nonni.
Ma non come una formula, no! Pensando alle parole che Gesù ci ha insegnato. Gesù ci chiama e ci vuole protagonisti con Lui di questa Giornata Mondiale, costruttori di un mondo nuovo, più umano, giusto e pacifico”. La Giornata, dopo l’incontro di oggi pomeriggio allo Stadio Olimpico, si concluderà domani in piazza San Pietro. E ai bambini e bambine di tutto il mondo si rivolge la Conferenza Episcopale Italiana con progetti in 80 Paesi del mondo. 1218 i progetti finanziati a favore dei bambini e dei minori per un totale di oltre 100 milioni di euro, dal 1991 attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei Popoli, grazie ai fondi dell’8xmille.
Nel mondo – secondo i dati Oil, Save the Children e Unicef – 1,4 miliardi di bambini con meno di 15 anni non godono di alcuna forma di protezione sociale e sono esposti a malattie, malnutrizione e povertà. Di questi 333 milioni vivono in povertà estrema e lottano per sopravvivere con meno di 2,15 dollari al giorno. Quasi un miliardo di bambini convive con la povertà multidimensionale, spiega la Cei. Progetti che rappresentano semi di speranza e quelle generate sono storie di vita ritrovata nonostante le sofferenze. Come quella di Jean-Claude, ex bambino-soldato nella Repubblica Democratica del Congo.
“Il mio nome è Démocratie, anzi, questo è il nome che mi sono scelto poiché, anche se la democrazia non l’ho mai conosciuta, credo sia la cosa più importante. Sono stato rapito all’età di 12 anni dalla milizia ribelle Lord’s Resistance Army di Joseph Kony. Mi hanno torturato e usato come uno schiavo. Ho passato 10 anni nella foresta, dove sono stato addestrato come soldato. Ho ucciso e ho visto uccidere. Era il nostro primo dovere, quello che ognuno di noi doveva fare se non voleva morire. Ho scalato la gerarchia militare fino a diventare capo della guardia personale di Kony. Quella posizione mi ha permesso dopo 10 lunghi anni di scappare. Oggi vivo a Dungu in una capanna con mia sorella e i suoi 8 figli. Cammino chilometri per andare a scuola, chilometri per andare a lavorare, ma sono sicuro che riuscirò a diventare un medico”.