In questa direzione il cardinale ribadiva che per mettersi in cammino è necessaria la povertà, non si possono portare troppe cose con sè, è necessario, superare la stanchezza, abbandonare l’ora e subito per guardare all’eternità e superare la tentazione dell’evasione dai problemi. Pensiamo a quanto sia attuale questo messaggio in tempi di profonda trasformazione, di cambiamento d’epoca, come ci ricorda sempre papa Francesco, quando sembra impossibile vedere l’orizzonte, quando le armi sembrano vincere sulla pace, quando i più poveri sono calpestati e i ricchi diventano sempre più ricchi, quando le ingiustizie sembrano prevalere. Ecco, è proprio questa, per il cardinale, l’ora difficile ma nostra, l’ora del cammino e della speranza”.
Da dove nasceva la sua spiritualità?
“Tre sono i cardini della sua spiritualità ripresi anche nel testamento spirituale: il Padre, la Croce, la scuola di Maria. Il Padre: ‘Parlare del Padre, diceva il cardinale, non è semplicemente fare uno studio sopra la paternità divina; è soprattutto, introdurci in una ricca esperienza di ricerca e intimità dell’amore inesauribile del Padre (Gv 16,27) che ci ha amati per primo e che ci ha amato tanto da inviare il suo figlio unigenito ‘, si può leggere nel volume ‘Il Padre ci attende’.
La croce: ‘Ringrazio il Signore per il privilegio della croce. Mi sento felicissimo di avere molto sofferto. Solo mi dispiace di non avere sofferto bene e di non avere assaporato sempre in silenzio la mia croce. Desidero che, almeno ora, la mia croce inizi ad essere luminosa e feconda. Che nessuno si senta colpevole di avermi fatto soffrire, perché è stato strumento provvidenziale di un Padre che mi ha amato molto. Sì, chiedo perdono, con tutta la mia anima, perché ho fatto soffrire tante persone’, scriveva ne Testamento spirituale.
Maria: chi lo ha conosciuto, ricorda il continuo riferimento alla madre di Dio, ‘segno di sicura speranza e di consolazione’ come ci sottolinea il Concilio Vaticano II nel documento ‘Lumen Gentium’: ‘A Lei devo tutto, scrive il Cardinale nel suo testamento, confesso che la fecondità della mia parola la devo a Lei. Le mie grandi date, di croce e di gioia, sono sempre state date mariane... Maria, la Vergine povera, contemplativa e fedele”. Questa profondità ed essenzialità di fede era visibilmente riconoscibile nella sua profonda umanità, incontrarlo significava aprire il cuore a un amico e a un padre che non disprezzava o giudicava ma ti faceva cogliere i segni del passaggio del Signore nella tua vita”.
Come ha attuato lo spirito di Medellin?
“Con coraggio e apertura, con la volontà di tradurre lo spirito del Concilio Vaticano II nella chiesa latinoamericana, la chiesa di un continente povero ma ricco di vitalità , e con il confronto con tutti. Paolo VI, che era stato informato da Pironio sul percorso travagliato dei documenti finali di Medellin, li lesse con attenzione e poi ne parlò con lui: ‘I vescovi latinoamericani hanno eretto un monumento perenne alla Chiesa ... Questi documenti sono il risultato di una Chiesa adulta e responsabile, possono essere pubblicati come sono’. In quegli anni, Pironio girò moltissimo, come ricordo in questo libro, nascevano movimenti di presa di coscienza, rinnovamento biblico, centri di studi sociali, gruppi di Azione Cattolica. Anche nelle campagne più sperdute si leggeva la Bibbia. Proprio a partire da 1968 si intensificarono le repressioni politiche contro gli ambienti cristiani più impegnati. Ogni paese latinoamericano ebbe i suoi martiri.
A migliaia,catechisti, laici, sacerdoti, religiosi, semplici contadini e intellettuali, nel decennio successivo a Medellin, furono trascinati in carcere, accusati di sommossa e militanza rivoluzionaria, spesso assassinati. E non fu raro, durante l’attestato (non attestato), il sequestro della Bibbia, indicata come libro sovversivo. Di queste persecuzioni, nel periodo della dittatura militare, fu vittima, qualche anno dopo anche Pironio”.
Quale era il rapporto con il cardinale Bergoglio?
“Si conoscevano molto bene. Proprio il card. Bergoglio ne parla in una intervista alla rivista ‘Pastores’, nel 2002: ‘Ho conosciuto molto da vicino Pironio, quando era vescovo di Mar del Plata, dal 1964 al 1972, Io a quell’epoca ero provinciale dei gesuiti. Ricordo che ha sofferto abbastanza la sfiducia e la calunnia. Quando papa san Paolo VI gli chiese di predicare gli esercizi spirituali nella Quaresima del 1974, chiedevano al papa perché lo aveva scelto, dal momento che era una persona di idee progressiste. Però, dopo averlo ascoltato, dovettero stare zitti. E anche quando era a Roma, allo stesso modo non fu compreso, parlavano male di lui. Ha sofferto la persecuzione della calunnia ...
Quando parlavi con lui, ti dava sempre la sensazione che si sentisse il peggior uomo del mondo, il peggior peccatore. Ti apriva un panorama di santità dalla sua profonda umiltà. Dimostrava anche una grande pazienza facendomi ricordare il testo dell’apostolo Paolo a Timoteo: ‘perché Gesù Cristo ha dimostrato in me tutta la sua pazienza’. In questo rifletteva l’amore di Dio per noi. E quando doveva porre un limite, lo poneva però con carità squisita’. Sempre papa Francesco lo ha ricordato come un amico, l'amicizia come tratto della sua fede e della sua umanità”.
Per quale motivo ideò le Giornate mondiali della Gioventù?
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“Come sappiamo le Giornate mondiali della Gioventù furono fortemente volute da san Giovanni Paolo II ed il card. Pironio, che aveva assunto la guida del Pontificio Consiglio per i Laici, si trovò subito in sintonia lasciando una impronta indelebile. Ne seguì ben 11. Diede agli incontri un tono fortemente pastorale, volle che fossero ben preparati ai vari livelli coinvolgendo gruppi, movimenti e associazioni nelle Chiese locali. Voleva effettivamente sapere cosa si muoveva nel mondo giovanile. Ascoltava ansie e domande e passava lungo tempo a prepararsi in uno stile autenticamente conciliare.
I giovani parteciparono a milioni nel mondo, da Buenos Aires a Santiago di Compostela, da Denver a Manila, il cardinale passava tra di loro, si fermava a parlare, aveva una comunicazione che entrava dritta nel profondo di ciascuno, veniva percepito come amico e padre. E lui si faceva interprete delle ansie e delle speranza dei giovani, indicando il cammino della povertà, dell'amore, della gioia, della speranza. A Loreto, nel settembre del 1995, erano arrivati giovani dei paesi balcanici ancora in guerra tra loro.
Sarajevo era ancora assediata, c’erano bandiere di ogni paese e rischiavano di sventolare contrapponendosi l’una all’altra; per questo il cardinale chiamò i sacerdoti che, negli spogliatoi dello stadio di Ancona si stavano preparando alla messa, e dettò lo ‘schema di gioco’. Da quello stadio doveva uscire un messaggio di pace pubblico per tutto il mondo, era necessario che fosse evidente che i cristiani erano capaci di perdonare e sapevano vivere in pace insieme: giù le bandiere e in alto le braccia per invocare la pace di Dio, e così fu. Una settimana dopo fu firmato il primo accordo di pace”.