Roma , lunedì, 25. gennaio, 2016 17:46 (ACI Stampa).
La “famiglia – tesoro inesauribile e patrimonio universale – sia tutelata, promossa e sostenuta da politiche veramente incisive e consistenti: sono la condizione per aiutare – come già avviene in altri Paesi – la nascita dei figli che – come ha detto Papa Francesco – non sono un problema di biologia riproduttiva; tra l’altro, una società avara di generazione, che non ama circondarsi di figli, che li considera soprattutto una preoccupazione, un peso, un rischio, è una società depressa. Per questa ragione, come abbiamo rilevato altre volte, l’indice di natalità è un segnale decisivo per valutare lo stato di un Paese, e pertanto dovrebbe essere da tutti meglio considerato”. Sono le parole chiare e nette pronunciate dal Presidente della Cei, il Cardinale Angelo Bagnasco, nella prolusione che ha aperto i lavori del Consiglio Episcopale Permanente.
Gli italiani - ha aggiunto il porporato - dimostrano “l’amore e la convinzione per cui la famiglia, come prevede la nostra Costituzione, è il fondamento e il centro del tessuto sociale, il punto di riferimento, il luogo dove ricevere e dare calore, dove uscire da sé per incontrare l’altro nella bellezza della complementarietà e della responsabilità di nuove vite da generare, amare e crescere. Per questo ogni Stato assume doveri e oneri verso la famiglia fondata sul matrimonio, perché riconosce in lei non solo il proprio futuro, ma anche la propria stabilità e prosperità. Auspichiamo che nella coscienza collettiva mai venga meno l’identità propria e unica di questo istituto che, in quanto “soggetto titolare di diritti inviolabili, trova la sua legittimazione nella natura umana e non nel riconoscimento dello Stato. Essa non è, quindi, per la società e per lo Stato, bensì la società e lo Stato sono per la famiglia”.
Il porporato - senza mai fare riferimento esplicito al prossimo Family Day né al disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili - ha ribadito come non possa “esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione. In questo scrigno di relazioni, di generazioni e di generi, di umanesimo e di grazia, vi è una punta di diamante: i figli. Il loro vero bene deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti: non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre; hanno diritto ad ogni precedenza e rispetto, sicurezza e stabilità. Hanno bisogno di un microcosmo completo nei suoi elementi essenziali, dove respirare un preciso respiro: i bambini hanno diritto di crescere con un papà e una mamma. La famiglia è un fatto antropologico, non ideologico”.
Sulla famiglia non vi è nessuna divisione all’interno della Cei: “insinuare contrapposizioni e divisioni significa non amare né la Chiesa né la famiglia. Costituiti messaggeri e araldi del Vangelo della famiglia e del matrimonio, non solo crediamo che la famiglia è la Carta costituzionale della Chiesa, ma anche sogniamo un Paese a dimensione familiare, dove il rispetto per tutti sia stile di vita, e i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia. La giustizia, infatti, è vivere nella verità, riconoscendo le differenti situazioni per quello che sono, e sapendo che – come ha ribadito il Santo Padre - quanti vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa. I credenti hanno il dovere e il diritto di partecipare al bene comune con serenità di cuore e spirito costruttivo, come ha ribadito solennemente il Concilio Vaticano II: spetta ai laici di iscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Assumano la propria responsabilità alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero”.
Nella prolusione il Cardinale Bagnasco non ha mancato di fare riferimento all’emergenza migranti. “Davanti alle tragedie umane - ha detto - che si consumano quotidianamente nella vita di questi fratelli, nessuno può rassegnarsi a una cultura dell’indifferenza. L’Europa e l’Onu devono farsi carico della responsabilità di individuare e consolidare soluzioni che vadano alla radice di situazioni, che gettano un’ombra pesante sulla stessa civiltà. È necessario altresì sollecitare una nuova politica migratoria in Europa, affinché i Paesi dell’Unione non si chiudano, limitando la libera circolazione e riducendo l’impegno condiviso dell’accoglienza. Invitiamo le comunità ecclesiali, il mondo dell’associazionismo e della cooperazione, a fare in modo che i molteplici segni di accoglienza in atto sollecitino la politica locale e nazionale. Ad oggi sono oltre 27mila coloro che sono ospitati nelle nostre strutture, anche in risposta all’appello del Santo Padre dello scorso 6 settembre”.