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Bagnasco: "I figli non sono un diritto, hanno bisogno di un padre e di una madre"

Il Cardinale Angelo Bagnasco |  | Marco Mancini Acistampa
Il Cardinale Angelo Bagnasco | Marco Mancini Acistampa
Il Cardinale Angelo Bagnasco con Mons. Nunzio Galantino |  | Marco Mancini Acistampa
Il Cardinale Angelo Bagnasco con Mons. Nunzio Galantino | Marco Mancini Acistampa
I Cardinali Betori e Scola |  | Marco Mancini Acistampa
I Cardinali Betori e Scola | Marco Mancini Acistampa
Mons. Nunzio Galantino |  | Marco Mancini Acistampa
Mons. Nunzio Galantino | Marco Mancini Acistampa
Il Consiglio Permanente Cei |  | Marco Mancini Acistampa
Il Consiglio Permanente Cei | Marco Mancini Acistampa

La “famiglia – tesoro inesauribile e patrimonio universale – sia tutelata, promossa e sostenuta da politiche veramente incisive e consistenti: sono la condizione per aiutare – come già avviene in altri Paesi – la nascita dei figli che – come ha detto Papa Francesco – non sono un problema di biologia riproduttiva; tra l’altro, una società avara di generazione, che non ama circondarsi di figli, che li considera soprattutto una preoccupazione, un peso, un rischio, è una società depressa. Per questa ragione, come abbiamo rilevato altre volte, l’indice di natalità è un segnale decisivo per valutare lo stato di un Paese, e pertanto dovrebbe essere da tutti meglio considerato”. Sono le parole chiare e nette pronunciate dal Presidente della Cei, il Cardinale Angelo Bagnasco, nella prolusione che ha aperto i lavori del Consiglio Episcopale Permanente. 

Gli italiani - ha aggiunto il porporato - dimostrano “l’amore e la convinzione per cui la famiglia, come prevede la nostra Costituzione, è il fondamento e il centro del tessuto sociale, il  punto di riferimento, il luogo dove ricevere e dare calore, dove uscire da sé per incontrare l’altro nella bellezza della complementarietà e della responsabilità di nuove vite da generare, amare e crescere. Per questo ogni Stato assume doveri e oneri verso la famiglia fondata sul matrimonio, perché riconosce in lei non solo il proprio futuro, ma anche la propria stabilità e prosperità. Auspichiamo che nella coscienza collettiva mai venga meno l’identità propria e unica di questo istituto che, in quanto “soggetto titolare di diritti inviolabili, trova la sua legittimazione nella natura umana e non nel riconoscimento dello Stato. Essa non è, quindi, per la società e per lo Stato, bensì la società e lo Stato sono per la famiglia”. 

Il porporato - senza mai fare riferimento esplicito al prossimo Family Day né al disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili - ha ribadito come non possa “esserci  confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione. In questo scrigno di relazioni, di generazioni e di generi, di umanesimo e di grazia, vi è una punta di diamante: i figli. Il loro vero bene deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti: non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre; hanno diritto ad ogni precedenza e rispetto, sicurezza e stabilità. Hanno bisogno di un microcosmo completo nei suoi elementi essenziali, dove respirare un preciso respiro: i bambini hanno diritto di crescere con un papà e una mamma. La famiglia è un fatto antropologico, non ideologico”.

Sulla famiglia non vi è nessuna divisione all’interno della Cei: “insinuare contrapposizioni e divisioni significa non amare né la Chiesa né la famiglia. Costituiti messaggeri e araldi del Vangelo della famiglia e del matrimonio, non solo crediamo che la famiglia è la Carta costituzionale della Chiesa, ma anche sogniamo un Paese a dimensione familiare, dove il rispetto per tutti sia stile di vita, e i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia. La giustizia, infatti, è vivere nella verità, riconoscendo le differenti situazioni per quello che sono, e sapendo che – come ha ribadito il Santo Padre - quanti vivono in uno stato oggettivo di errore, continuano ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa. I credenti hanno il dovere e il diritto di partecipare al bene comune con serenità di cuore e spirito costruttivo, come ha ribadito solennemente il Concilio Vaticano II: spetta ai laici di iscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Assumano la propria responsabilità alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero”.

Nella prolusione il Cardinale Bagnasco non ha mancato di fare riferimento all’emergenza migranti. “Davanti alle tragedie umane - ha detto - che si consumano quotidianamente nella vita di questi fratelli, nessuno può rassegnarsi a una cultura dell’indifferenza. L’Europa e l’Onu devono farsi carico della responsabilità di individuare e consolidare soluzioni che vadano alla radice di situazioni, che gettano un’ombra pesante sulla stessa civiltà. È necessario altresì sollecitare una nuova politica migratoria in Europa, affinché i Paesi dell’Unione non si chiudano, limitando la libera circolazione e riducendo l’impegno condiviso dell’accoglienza. Invitiamo le comunità ecclesiali, il mondo dell’associazionismo e della cooperazione, a fare in modo che i molteplici segni di accoglienza in atto sollecitino la politica locale e nazionale. Ad oggi sono oltre 27mila coloro che sono ospitati nelle nostre strutture, anche in risposta all’appello del Santo Padre dello scorso 6 settembre”.

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Dopo aver ricordato il lavoro svolto al Consiglio Ecclesiale Nazionale di Firenze, nel novembre scorso, e la celebrazione dell’Anno Santo della Misericordia, Bagnasco non ha mancato di rilevare come gli annunci politici sulla ripresa dell’economia non corrispondano tuttavia alla realtà che si vive quotidianamente: “le ricadute sul piano concreto non si notano ancora. Condividiamo l’umiliazione di giovani che bussano invano alla porta del lavoro e, quindi, non riescono a farsi una famiglia; sentiamo la sofferenza – non di rado sul filo dello scoraggiamento e della resa – di adulti che, dopo aver perso l’occupazione, da anni resistono grazie a lavori occasionali o alla provvidenza dei nonni. Veramente chi non ha lavoro sente di perdere anche la propria dignità! A costoro – che sono folla – diciamo sommessamente di non arrendersi, che la Chiesa è vicina; che insieme cerchiamo strade non solo di immediato sostegno, ma anche di nuove opportunità lavorative”.

Non si tratta di polemica - ha sgomberato il campo Bagnasco - ma “rileviamo queste cose soltanto per riconoscere la forza della gente, la sua persistente capacità di tenuta nonostante tutto, la possibilità di fare reti virtuose, la voglia di lottare e di tenere accesa la fiammella della fiducia. C’è un bene sommerso che non fa notizia, ma crea rapporti e segna la vicenda umana: va incoraggiato per far crescere il fronte della generosità e del servizio ai poveri e agli indigenti, perché la vita di tante persone richiede risposte concrete e tempestive”.