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Diplomazia pontificia, verso il nuovo ambasciatore UE presso la Santa Sede

È già stato indicato dall’Unione Europea il prossimo ambasciatore presso la Santa Sede. Selmayr prenderà il posto di Alexandra Valkenburg

Martin Selmayr | Martin Selmayr, prossimo ambasciatore dell'Unione Europea presso la Santa Sede | Wikimedia Commons Martin Selmayr | Martin Selmayr, prossimo ambasciatore dell'Unione Europea presso la Santa Sede | Wikimedia Commons

Martin Selmayr è il nuovo ambasciatore dell’Unione Europea presso la Santa Sede. Prenderà il posto di Alexandra Valkenburg, che in quattro anni come ambasciatore dell’UE ha affrontato due situazioni difficili come la pandemia del COVID 19 e la guerra in Ucraina, ed è stata apprezzata pur non partendo da una visione religiosa, o forse proprio per quello. La nomina è stata resa nota dell’Alto Commissario UE per la politica estera Josep Borrell, ma ancora non ha ricevuto il formale agreament della Santa Sede.

Durante la settimana, Papa Francesco ha nominato un nuovo nunzio in Repubblica Democratica del Congo e un nuovo nunzio in Sudafrica e Lesotho. Restano ancora senza un “ambasciatore del Papa” la nunziatura in Venezuela, perché l’arcivescovo Giordano non è stato sostituito dal 2021, ma anche l’importante nunziatura di Iraq. In Europa, è attualmente senza ambasciatore la nunziatura dei Paesi Baltici.

In vista delle elezioni europee, i vescovi dell’Euroregione si sono incontrati a Metz, luogo natale di Robert Schumann, e hanno da lì delineato e pubblicato una lunga lettera pastorale in vista delle elezioni europee. La lettera si aggiunge alla dichiarazione della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea dello scorso marzo, e punta a definire un nuovo umanesimo cristiano in Europa.

                                                           FOCUS EUROPA

Chi sarà il nuovo ambasciatore UE presso la Santa Sede

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Martin Selmayr è stato nominato nuovo ambasciatore dell’Unione Europea presso la Santa Sede: lo ha comunicato l’Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea Josep Borrell, annunciando una serie di rotazioni di personale diplomatico del’Unione lo scorso 16 aprile.

Selmayr, classe 1970, protestante, viene dalla posizione di ambasciatore dell’Unione Europea presso l’Austria.

È conosciuto per un approccio di leadership molto rude, che lo ha portato, ai tempi del suo lavoro come segretario generale della Commissione Europea – incarico che ha ricoperto dal 2018 al 2019 – ad essere soprannominato “il mostro di Berlaymont”.

La sua nomina da parte dell’allora presidente della Commissione Juncker era stata considerata controversa, perché non avrebbe seguito le regole UE, e per questo il Parlamento Europeo avrebbe chiesto le sue dimissioni.

Nel 2019, Selmayr si dimise da segretario generale della Commissione nel momento in cui Ursula von der Leyen fu sicura della nomina, con una decisione che rispondeva alla critica che c’era un alto numero di officiali tedeschi in posizioni di potere.

Fu così nominato ambasciatore dell’Unione Europea in Austria. Lì fece parlare di sé definendo la dipendenza dell’Austria dal gas russo come “monete di sangue”.

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Al momento, Selmayr è un consulente di alto livello alla commissione. Da febbraio, lavora anche come visiting professor di Legge Europea all’Istituto per l’Innovazione e la Digitalizzazione in legge all’Università di Vienna.

Europa, i vescovi dell’Euroregione in vista delle elezioni europee

I vescovi dell’Euro-Regione – 8 vescovi da Belgio, Francia, Germania e Lussemburgo - si sono invece incontrati l’8 aprile a Metz, città di Robert Schumann, firmando nell’occasione la lettera pastorale intitolata “Un nuovo respiro per il progetto europeo”.

Nel testo, i vescovi hanno formulato un progetto europeo da sviluppare per dare nuova vita all’Europa. Guardando indietro alla storia, hanno notato come il sogno della Dichiarazione Schuman del 1950 ha creato “una realtà politica senza precedenti, che coniuga l'appartenenza di ogni popolo d'Europa a una comunità nazionale e la libera adesione di ciascuna nazione a un patto  di solidarietà tra tutti”.

Un patto “accompagnato da obblighi imposti ai partner volontari e si basa su una base di valori condivisi volti a costruire l’unità al di là delle diversità di ciascuna di queste nazioni”. Oggi però l’Europa vive varie crisi, scrivono i vescovi dell’Euroregione: la crisi nazionalista, economica, migratoria, geopolitica. Queste crisi insieme portano ad una crisi generale della coscienza europea.

Inoltre, la guerra in Ucraina ha riportato lo spettro della guerra nel cuore dell’Europa, alcune regioni si sono impoverite e il divario economico – sociale tra le nazioni europee è cresciuto, mentre “il modello liberale e di libero scambio, che ha prevalso tra i decisori dell’Unione Europea, ha causato molti danni sociali e territoriali”.

Inoltre, scrivono i vescovi, “il Mediterraneo è diventato un cimitero dove sono morte più di ventimila persone di tutte le età che sognavano l’Europa”.

Di fronte al rischio di scomparire, l’Europa è chiamata a riscoprire i valori europei: il valore della persona umana, la necessità di promuovere sviluppo economico e fraternità tra i popoli, la lotta al nazionalismo, il cui rafforzamento minaccia il progresso verso la pace.

I problemi sono molteplici, anche riguardo l’integrazione dell’Islam, ma – si legge nella lettera – “crediamo che sia possibile convivere, è addirittura fondamentale evitare e respingere l’estremismo. Per fare questo dobbiamo resistere alla tentazione di chiuderci in noi stessi. Siamo i custodi delle grandi conquiste dell'Europa: libertà di coscienza , libertà di parola, libertà di religione , rispetto dei diritti umani , fraternità universale . L'Europa deve continuare a far vivere questi valori profondi”.

La dichiarazione sottolinea che "come Chiesa, dobbiamo contribuire a un rinascimento dell'Europa che, ne siamo convinti, resta dotata di notevoli potenzialità per aprire nuovi cammini di umanizzazione. La nostra Europa deve essere un'Europa del bambino, dei poveri, dove essere rifugiato non è un crimine, un'Europa che offre ai giovani la bellezza della cultura, la ricchezza degli scambi (come l'Erasmus) e non solo il consumismo”.

I vescovi dell’Euroregione sottolineano di “credere al progetto europeo”, e chiedono anche all’Unione Europea di prendere un'iniziativa forte per garantire la pace in Medio Oriente, promuovere l'organizzazione di una conferenza di pace, finalizzata alla creazione di due Stati in Israele e Palestina , con status e rispetto per le minoranze, e promuovere la sicurezza reciproca del popolo israeliano e del popolo palestinese, gli uni con gli altri e non contro, escludendo ogni sfiducia.

Insomma, c’è la volontà di non rimanere fermi di fronte alle crisi del nostro tempo, andando oltre il problema dell’appartenenza, e invece dando nerbo alle sfide etiche di oggi, che sono sfide di giustizia, solidarietà, rispetto dei diritti e libertà.

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I vescovi sottolineano che “ciò che può dare senso al nostro voto è la riscoperta della nostra ricchezza comune, della nostra vicinanza storica e culturale, dall’Atlantico agli Urali, che rendono un progetto del genere non un’astrazione, ma una visione ben incarnata, un sogno che ha delle fondamenta."

Infine, tratteggiano un “umanesimo europeo” con alla base “giustizia, ecologia integrale e legislazione sociale”. In fondo, “creatività, spiritualità, fraternità e, per noi cristiani, lo spirito evangelico danno alla nostra Europa il nuovo respiro di cui ha bisogno. sappiate che votiamo per un progetto di speranza”.

                                                           FOCUS NUNZIATURE

Un nuovo nunzio in Sudafrica e Lesotho

Il nuovo nunzio in Sudafrica e Lesotho è l’arcivescovo Henryk Mieczysław Jagodziński, finora nunzio apostolico in Ghana. Prende il posto dell’arcivescovo Peter Wells, dal febbraio 2023 nunzio apostolico in Thailandia.

Polacco, classe 1969, l’arcivescovo Jagodziński è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 2001, ed ha lavorato nelle rappresentanze pontificie di Belarus, Croazia, India e Bosnia ed Erzegovina, con una parentesi nella seconda sezione della Segreteria di Stato.

Dal 3 maggio 2020 al 16 aprile 2024 è stato nunzio in Ghana, e Papa Francesco lo ha poi destinato alla nunziatura in Sudafrica, che termina così una lunga vacanza.

Un nuovo nunzio in Repubblica Democratica del Congo

Sembra che l’arcivescovo Mitja Leskovar sia sempre chiamato a missioni difficili: il suo primo incarico da ambasciatore del Papa è stato in Iraq dal 2020 ad oggi, e Leskovar fu anche chiamato ad organizzare il viaggio del pontefice del Paese in piena era pre-Covid, tra l’altro non potendo lui stesso partecipare agli eventi perché affetto dal contagio poco prima dell’arrivo del Papa. Dal 16 aprile 2024, Papa Francesco ha destinato alla nunziatura della Repubblica Democratica del Congo, fino allo scorso anno guidata dall’arcivescovo Ettore Balestrero.

È, dunque, un altro scenario difficile, quello che si trova ad affrontare l’arcivescovo Leskovar, uno dei tre sloveni nel servizio diplomatico della Santa Sede.

Vi è entrato nel 2001, ha servito nella rappresentanza pontificia del Bangladesh del 2001 al 2003 e poi nella sezione affari generali della Segreteria di Stato dal 2003 al 2014. Quindi, è stato in Germania dal 2015 al 2018 e in India dal 2018 al 2020.

È stato lui a riformare le procedure di sicurezza a seguito dell’arresto di Paolo Gabriele nell’ambito del famoso primo scandalo Vatileaks.

                                                           FOCUS PAPA FRANCESCO

Papa Francesco riceve il governatore di Corrientes

Il 17 aprile, Papa Francesco ha ricevuto Gustavo Valdés, governatore della provincia di Corrientes. Secodo una comunicazione dello stesso governatore, il Papa ha espresso la sua intenzione di visitare il suo Paese natale questo anno.

Il governatore ha detto che i colloqui con il Papa affrontarono “due temi di grandissimo interesse per lui: l’educazione e l’ecologia. In questo contesto abbiamo definito il lavoro di preservazione degli Esteros del Iberà, la reintroduzione di specie native nella zona e la generazione del turismo sostenibile”.

Infine, Valdés ha sottolineato che Papa Francesco ha espresso la sua intenzione di “visitare l’Argentina in quest’anno, che sarebbe un gesto in favore della concordia e l’unità tra gli argentini in un momento difficile per il Paese”.

In undici anni di pontificato, Papa Francesco non è mai tornato nel suo Paese natale. Sarebbe, dunque, la prima volta. Il viaggio non è ancora stato ufficializzato, ma potrebbe aver luogo a novembre.  

                                                           FOCUS MEDIO ORIENTE

Il Cardinale Dolan in Israele

È stata una visita dai forti toni diplomatici, quella che ha visto il Cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York in Israele, e presidente dell’Associazione per il Benessere dei Cattolici del Vicino Oriente (CNEWA, dall’acrononimo inglese) che supporta la Chiesa Cattolica in Medio Oriente, Africa Nord Orientale, India ed Europa Orientale.

Il viaggio si è tenuto dal 12 al 18 aprile, nell’ambito della celebrazione del 75esimo anniversario dello stabilimento della missione di Palestina, e il Cardinale Dolan ha potuto incontrare sia il presidente israeliano Isaac Herzog e con il presidente palestinese Mahmoud Abbas, più conosciuto con il nome di battaglia Abu Mazen.

Il cardinale Dolan ha incontrato Herzog il 15 aprile. In un post su X, il presidente israeliano ha sottolineato che l’incontro è stato “caloroso”, che ha avuto luogo con leader del cattolicesimo americano e della comunità ebraiche e che si è discusso del ruolo vitale della buone relazioni tra tutte le fedi e in particolare tra ebrei e cristiani in Israele.

Il colloquio si è anche focalizzato sull’attacco dell’Iran in Israele e su quello che Herzog chiama “l’orrendo massacro portato avanti dal loro braccio Hamas”, cosa che – per il presidente di Israele – rende chiaro “il bisogno cruciale per tutti quelli che amano la vita e la creazione di Dio di rimanere uniti di fronte all’odio”.

La visita di Dolan, ha aggiunto Herzog, pone “un chiaro esempio di questa chiarezza morale, e degli stretti legami tra le nostre comunità” e loda il lavoro del cardinale “per supportare quanti sono stati più acutamente colpiti del conflitto, e di chiedere un immediato rilascio degli ostacci”, definito “una vera mitzvah”, ovvero una buona azione.

Il 14 aprile, il Cardinale Dolan era stato a Ramallah, nel quartiere generale della presidenza dello Stato Palestinese, per incontrare Mahmoud Abbas.

In un comunicato della presidenza di Palestina, si sottolinea che Abbas ha inviato i suoi saluti a Papa Francesco “apprezzando la sua posizione che ha chiesto di fermare l’aggressione israeliana e raggiungere la pace e la stabilità nella Terrasanta e nel mondo”, lodando la posizione della Chiesa Cattolica verso il popolo palestinese e la sua giusta causa, nonché il suo ruolo permanente nel supportare il raggiungimento di pace e libertà per il popolo palestinese.

Il presidente palestinese ha anche sottolineato l’importanza della cooperazione tra l’arcidiocesi di New York e il Concilio Palestinese Americano.

Il Cardinale Dolan ha portato i saluti del Papa, ne ha lodato il ruolo e leadership che permette al popolo palestinese di ottenere i loro diritti supportati dalla Chiesa cattolica.

La delegazione del Cardinale Dolan si è trovato in Israele, e in particolare a Betlemme, nel Notre Dame Center, nel momento in cui l’Iran lanciava il suo attacco nella notte del 13 aprile. Tuttavia, la visita pastorale è proseguita dopo gli attacchi.

Il Cardinale ha trascorso al sera del 13 aprile a cena con due rabbini e il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme.

Il viaggio è stato comunque pianificato prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre.

Libano, il presidente del Parlamento al patriarcato cattolico armeno

Il patriarca cattolico armeno Raphael Bedros Minassian è stato con una delegazione in visita al persidente del Parlamento del Libano Nabih Berri. Ne dà notizia la pagina Facebook ufficiale del Patriarcato.

Secondo il comunicato, il Patriarca Minasian ha sottolineato la necessità di sollevare il Libano dalla crisi attuale, mostrando apprezzamento per gli approcci del presidente Berri e sottolineando la necessità di ripristinare l’unità nazionale

Entrambe le parti hanno sottolineato l'ordine di rafforzare il dialogo tra le istituzioni statali e tutte le comunità per superare la crisi attuale, ed enfatizzato l'importanza di sforzi congiunti tra tutti i gruppi politici, religiosi e amici per mantenere la stabilità in Libano.

Il Patriarca Minasian ha visitato anche la casa del Patriarcato Armeno Cattolico di Cilicia.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a New York, i diritti delle popolazioni indigene

Il 16 aprile, si è tenuto alla sede delle Nazioni Unite di New York il Forum Permanente delle Nazioni Unite sulle questioni indigene.

L’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali di New York, è intervenuto nella discussione si “Migliorare il diritto all’autodeterminazione dei popoli indigeni nel contesto della Dichiarazione ONU sui diritti dei popoli indigeni: enfatizzare le voci della gioventù indigena”.

Nel suo intervento, l’arcivescovo ha sottolineato che le popolazioni indigene hanno diritto alla autodeterminazione, esercitata in conformità la legge internazionale, che permette loro di perseguire il loro sviluppo economico, sociale e culturale.

Il nunzio ha in particolare riconosciuto il ruolo dei giovani indigeni come custodi presenti e futuri della loro cultura, considerando il fatto che possono giocare un ruolo unico nel salvaguardare e rivitalizzare la loro eredità culturale, di sviluppare il dialogo intergenerazionale e la cooperazione nelle loro comunità, e per supportare la protezione delle terre ancestrali, le risorse naturali e gli ecosistemi.

La Santa Sede a Ginevra, la situazione in Etiopia

La situazione umanitaria in Etiopia è stata affrontata lo scorso 16 aprile in un evento di alto livello alle Nazioni Unite con sede a Ginevra.

L’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali di Ginevra, ha sottolineato che la difficile situazione di oltre 4,4 milioni di sfollati interni e oltre un milione di rifugiati “sottolinea l’urgenza e la portata della nostra missione e ci costringe ad agire con solidarietà e supporto”.

Balestrero ha sottolineato che l’Etiopia sta lottando con “le conseguenze del conflitto, lo scoppio di alcune epidemie e la quinta stagione delle piogge fallita consecutiva”. Sono eventi che “hanno accresciuto i tassi di malnutrizione, colpendo in particolare un milione di bambini e numerose donne”, mentre altre difficile situazioni “come l’inflazione e la rovina del commercio” hanno esacerbato quelle sfide.

La Santa Sede riconosce l’impegno e la tenacia delle autorità etiopi nell’affrontare il problema, e tuttavia nota che c’è “ancora una significativa mancanza di fondi”, ed è perciò essenziale che “tutti gli attori, interni ed esterni, facciano uno sforzo concertato e unificato per superare questa mancanza”.

Il rappresentante della Santa Sede mette in luce anche che la Chiesa Cattolica in Etiopia, sebbene minoranza, gioca “un ruolo chiave nel distribuire aiuto alla popolazione colpita dall’insicurezza alimentare e le vittime di altre emergenza”, e ricorda che “nel 2023, le attività della Chiesa Cattolica locale” hanno aiutato circa 6 milioni di persone di ogni confessione religiosa in nove delle 12 regioni di Etiopia.

I progetti hanno impiegato più di 80 milioni di dollari USA e si sono focalizzati soprattutto sull’aiuto umanitario e la sicurezza alimentare, e sono numeri che non includono il significativo ammontare di supporto finanziario fornito da altre agenzie cattoliche internazionali.

La Santa Sede rinnova il suo impegno, “non per obbligo”, ma “per un profondo senso di umanità condivisa, dovere religioso e obbligo morale”.