Bruxelles , martedì, 16. aprile, 2024 9:00 (ACI Stampa).
Sembra che l’Europa stia vivendo sempre più il piano inclinato della cultura della morte. Dopo la Francia, che ha incluso nella sua Costituzione la libertà di abortire (il diritto all’aborto tout court non aveva trovato consenso), il Parlamento Europeo lo scorso 11 aprile ha votato una risoluzione che chiede di inserire il diritto all’aborto nella Carta Europea dei Diritti dell’Uomo.
La risoluzione non è vincolante, ma è stato comunque un importante test per saggiare da quale parte vadano gli europarlamentari quando si tratta di difendere la vita. Sono stati 336 i voti a favore, 163 contrari e 39 astensioni, una maggioranza trasversale, che dimostra anche che, al momento di votare testi intermedi, gli europarlamentari mettono da parte tutte le questioni di principio. Non ci saranno conseguenze, perché questa mozione, per diventare esecutiva, ha bisogno dell’unanimità di tutti i 27 Paesi al momento della ratifica, e alcuni Paesi hanno già fatto sapere la loro contrarietà. Ma di certo è un segno da non sottovalutare.
Si tratta di una decisione che ha creato sconcerto in Europa. I vescovi francesi avevano già detto tutto quello che avevano da dire quando il presidente Emmanuel Macron, con fare deciso, aveva portato avanti il progetto di rendere, nelle sue parole, “il diritto all’aborto irreversibile”. I vescovi della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea avevano già detto la loro in un comunicato prima del voto, e dopo non hanno mancato di rendere nota la loro tristezza per la votazione all’Europarlamento. Ma c’è stata anche la dura presa di posizione della Pontificia Accademia per la Vita, rappresentata dal suo presidente, l’arcivescovo Vincenzo Paglia. E anche l’episcopato polacco, in prima linea a Varsavia per ottenere il divieto totale di aborto eutanasico, non ha mancato di esprimere il proprio sconcerto con una nota della presidenza.
Prima di tutto, serve comprendere in cosa consiste la risoluzione. Come detto, non è vincolante. Si tratta di una sorta di parere, una modalità di fare pressione e rendere noto che un certo tema è considerato importante e prioritario dagli europarlamentari.
Il testo licenziato a Bruxelles lamenta “il regresso sui diritti delle donne”, i tentativi di “limitare o rimuovere gli ostacoli esistenti per la salute e i diritti sessuali e riproduttivi e la parità di genere a livello globale, anche negli Stati membri dell’UE”.