Pastori dunque come i santi anche se “appare sul cammino una tentazione da respingere: quella della normalità, di un Pastore a cui basta una vita “normale”. Allora questo sacerdote comincia ad accontentarsi di qualche attenzione da ricevere, giudica il ministero in base ai suoi successi e si adagia nella ricerca di ciò che gli piace, diventando tiepido e senza vero interesse per gli altri. La “normalità” per noi è invece la santità pastorale, il dono della vita. Se un sacerdote sceglie di essere solo una persona normale, sarà un sacerdote mediocre, o peggio”.
Pastori invece come intendeva san Carlo “servi di Dio e padri per la gente, soprattutto per i poveri”.
Ma solo “chi fa della propria vita un dialogo costante con la Parola di Dio, o, meglio, con Dio che parla” può essere un pastore. Ai ragazzi il Papa ricorda che la vita in seminario serve ad allenarsi a questo e che “non giova formarsi “a compartimenti stagni”; preghiera, cultura e pastorale sono pietre portanti di un unico edificio”. E poi serve la “semplicità di vita, che eviti ogni forma di doppiezza e mondanità, a cui basti la comunione genuina con il Signore e con i fratelli; semplicità di linguaggio: non predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi”.
Al buon sacerdote serve poi il contatto e la vicinanza con il Vescovo: “ La caratteristica del sacerdote diocesano è precisamente la diocesanità, e la diocesanità ha la sua pietra angolare nella relazione frequente con il Vescovo, nel dialogo e nel discernimento con lui. Un sacerdote che non ha un rapporto assiduo con il suo Vescovo lentamente si isola dal corpo diocesano e la sua fecondità diminuisce, proprio perché non esercita il dialogo con il Padre della Diocesi”.
Il Papa ha concluso con un pensiero alla dimensione mondiale della comunità: “provenite da varie regioni d’Italia, dall’Africa, dall’America Latina, dall’Asia e da altri Paesi europei. Vi auguro di coltivare la bellezza dell’amicizia e l’arte di stabilire relazioni, per creare una fraternità sacerdotale più forte delle diversità particolari”. Infine una promessa:”D’ora in poi, quando verrò alla Basilica di Santa Maria Maggiore, penserò a questo incontro e mi ricorderò di voi davanti alla Vergine Madre”.
Fondato dai vescovi Lombardi nel 1854, il Pontificio seminario lombardo ha ricevuto l'approvazione di papa Leone XIII nel 1890.
Nel 1943 il rettore Francesco Bertoglio nascose nel seminario 65 ebrei, salvandoli così dalla deportazione ad Auschwitz. Per questo, Bertoglio fu onorato nel 2011, postumo, del titolo di Giusto tra le nazioni.
La sede attuale si affaccia sulla piazza antistante la basilica di Santa Maria Maggiore, nel rione Esquilino, fu inaugurata da papa Paolo VI giovedì 11 novembre 1965. La prima pietra di questa sede totalmente rinnovata era stata posta pochi anni prima - il 10 febbraio 1963 - dall'allora card. Montini. Dal 2003 la comunità del Seminario Lombardo è arricchita dalla presenza delle Povere Suore di Nostra Signora (Poor Sisters of Our Lady), religiose provenienti dall'India.
Sottoposto all'autorità della Conferenza episcopale lombarda, in quanto istituto ecclesiastico romano, Il Pontificio seminario lombardo ha un rapporto di particolare dipendenza dalla Santa Sede. Se molti dei suoi alunni sono originari delle diocesi di Lombardia, il Seminario accoglie presbiteri originari di altre diocesi italiane e non.
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